Detroit: Become Human – Anteprima

Nota: questo articolo è stato scritto a quattro mani da Marco Piccirilli e Alessandro Palladino.

Detroit: Become Human è tornato sotto i riflettori in occasione della Paris Games Week 2017, diversi mesi dopo l’E3 2017. Se in quell’occasione, ormai lontana nel tempo, le potenzialità della nuova creatura di David Cage e dei Quantic Dream ci erano soltanto state suggerite, il trailer di gameplay mostrato a Parigi è riuscito a renderle ben più concrete.

Fino ad oggi il team di sviluppo ci aveva suggerito una realtà popolata da robot simili agli umani, al servizio di questi ultimi in diverse mansioni, dal servizio di polizia alle faccende domestiche. Pescando a piene mani dalla filosofia transumanista, il mondo immaginato da Cage e dagli sviluppatori francesi ci immerge nelle sue spire seguendo con coerenza la prospettiva degli androidi, mettendoci di fronte a diversi dilemmi morali ed etici che ci portano continuamente a questionare sull’effettiva umanità della nuova specie. Contravvenendo alle leggi della robotica di Asimov, infatti, i nostri possono scegliere di non rimanere in silenzio di fronte ai comportamenti spesso nocivi e inspiegabilmente autolesionisti dell’uomo, arrivando fino a ribellarsi, se necessario anche in maniera violenta, per far valere i propri diritti e la libertà che spetta loro.

Prima di schierarci con convinzione per prendere parte alla “resistenza” robotica, grazie agli eventi della fiera parigina abbiamo potuto comprendere ancora di più l’essenza stessa di Detroit Become Human e l’importanza della libertà di scelta che il gioco consegna nelle nostre mani, una libertà che supera di gran lunga quella – a tratti forzata – dei precedenti lavori di Quantic Dream, ovvero Heavy Rain e Beyond: Due Anime. Il filmato che abbiamo avuto modo di vedere ci ha svelato le innumerevoli possibilità a disposizione di Kara, una dei protagonisti principali del gioco, anch’essa in qualche modo “vittima” degli abusi di un padre nei confronti della figlia. Oltre a lasciarne intuire le principali tematiche, la breve sequenza mostrata durante la conferenza di Sony rappresenta un esempio perfetto dell’esperienza che il gioco intende proporre, grazie soprattutto al suo trascinante impatto scenico e narrativo. La violenza domestica perpetrata ai danni di Kara e della bambina è soltanto un pretesto per coinvolgere emotivamente il giocatore-spettatore e al contempo stratificare il gameplay, inserendo ogni decisione, anche la più insignificante, all’interno di un’enorme ragnatela.

Facciamo un passo indietro e proviamo a contestualizzare l’azione: come molti suoi simili, esseri privati di umanità e considerati alla stregua di un qualsiasi elettrodomestico, Kara viene acquistata da un uomo, Todd, per occuparsi delle faccende di casa e della figlia Alice. I primi istanti sono dominati dal disagio e dall’inquietudine e vengono ulteriormente enfatizzati dallo strano comportamento della bambina. Qualcosa non va, insomma, nonostante Kara continui a comportarsi come le è stato ordinato, con totale asetticità (in questa fase non si può non spendersi in lodi sperticate per l’ottimo motion capture). Sia l’io giocatore che l’io androide ricevono segnali che portano a preoccuparsi per la bambina, aiutandoci ad identificarci con Kara e al contempo a pensare a come reagire ad una simile situazione.

Alice comincia ad aprirsi con la protagonista, sfogando la sua paura di vederla “rotta di nuovo”. Kara capisce di essere stata resettata dal suo “proprietario” e di non ricordare nulla di quanto successo “prima”, un ciclo di tragici eventi familiari su cui svetta la recente scomparsa della madre della bambina. Visibilmente alterato, una sera a cena Todd sgrida con veemenza Alice, arrivando a rovesciare il tavolo e facendola fuggire al piano superiore. Il padre fa per inseguirla con una cinghia stretta fra le mani, intimando a Kara di non intervenire “come ha fatto l’ultima volta”, in un climax che, mentre decidiamo come comportarci, ci tiene in tensione fino all’ultimo secondo. A livello tecnico questo segmento è curato nei minimi dettagli e con un’attenzione che, pur toccando vette quasi maniacali, è di fondamentale importanza. Lo è soprattutto in un videogioco come quello del team transalpino, un’opera che mira a toccare con decisione le corde emotive dei giocatori, che al giorno d’oggi sono sempre più difficili da stupire. Le strade da percorrere sono diametralmente opposte, e Detroit: Become Human tenta forse la più difficile, quella del realismo assoluto, dovendo continuamente affrontare il rischio di scadere in banalissimi clichè.

Quantic Dream ci pone poi brutalmente davanti alla conseguenza della nostra obbedienza alle tre leggi robotiche, mostrandoci il primo finale: la bambina viene picchiata a morte dal padre mentre Kara, senza battere ciglio, sottostà al comando impartitogli dal suo folle padrone. Agendo da robot abbiamo permesso che un Todd fuori di sé consumasse la sua sete di violenza, per poi osservare impotenti il corpo di Alice. A questo punto il trailer ci permette di scoprire come le cose sarebbero potute andare diversamente: è proprio qui che tutto comincia a farsi dannatamente interessante e il “Become Human” di Detroit assume un senso compiuto. Kara può virtualmente spezzare le catene di un codice che la costringeva a rimanere freddamente immobile di fronte alla crudeltà di un uomo, diventando “umana” a tutti gli effetti. Questa sua trasgressione permette di sbloccare tutte le alternative narrative possibili, dando pian piano forma ad una storia che viene interamente plasmata dalle nostre decisioni.

Qualsiasi percorso scegliamo di seguire in questa piccola parte della storia di Detroit: Become Human sottolinea la crudeltà di cui può macchiarsi un uomo e l’importanza del libero arbitrio, anch’esso un tratto distintamente umano. Questo è proprio il pilastro centrale di un titolo che sembra voler utilizzare i robot come specchio per ciò che il genere umano è in grado di compiere. Il “diventare umani” ha effettivamente valenza per entrambe le parti. Todd può redimersi e rinsavire grazie alle nostre scelte? Kara può effettivamente riuscire a sacrificare la propria stessa natura per proteggere i valori più alti dell’umanità? Le risposte e la trama del videogioco di Quantic Dream partono proprio da questi eventi, modellati attorno alla nostra possibilità di scegliere con raziocinio e intelligenza o lasciarsi guidare dall’emotività. Sta soltanto a noi decretare il percorso più adatto alla storia che vogliamo forgiare e che dobbiamo vivere. Dal canto nostro, siamo più che sicuri che un videogioco del genere possa potenzialmente essere in grado di trasmetterci qualcosa, facendoci riflettere sulla nostra morale e su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.