Fullmetal Alchemist: 5 motivi per cui i fan bocciano il live action

Adattare un manga composto da tanti tankōbon a film di due ore non dev’essere una passeggiata. Il lavoro di scrematura, propedeutico alla stesura della sceneggiatura, necessita non soltanto gran cura e dedizione, ma anche la conoscenza approfondita del materiale d’origine. Ero un po’ confuso quando lessi che avrebbero realizzato un live action di Fullmetal Alchemist, non tanto perché temevo non ne fossero all’altezza, quanto per la limitazione obbligata dal format cinematografico a un’opera profonda come quella di Hiromu Arakawa. Il film è uscito nelle sale giapponesi lo scorso dicembre e adesso è giunto su Netflix, per la gioia (credo) degli spettatori italiani, ormai abituati a godersi le produzioni orientali con ritardo. Se da un lato la pellicola può essere considerata una visione piacevole, i fan sono rimasti perlopiù delusi dal lavoro di Fumihiko Sori, alla regia del live action. Ecco cosa è andato storto.

Troppi elementi omessi

Il film di Fullmetal Alchemist segue la storia dei fratelli Elric, Edward (Ryôsuke Yamada) e Alphonse (Atom Mizuishi), alla ricerca della Pietra Filosofale per mettere una toppa al danno fatto. In seguito alla morte della madre avvenuta anni prima, Ed aveva improvvisato la trasmutazione umana – la più proibita delle operazioni alchemiche – per restituirle la vita. Qualcosa però era andato storto e, non rispettando il principio dello scambio equivalente, lui si era ritrovato senza braccio destro e gamba sinistra, suo fratello minore inchiodato nel corpo di un’armatura. Cresciuto e divenuto un alchimista di stato, Ed decide così di recuperare la fantomatica pietra per restituire il corpo ad Al, togliendosi quel peso dal cuore che porta da un sacco di tempo. Sebbene il live action di Fumihiko Sori sia abbastanza fedele al manga nella prima metà, vengono omessi veramente troppi elementi: non sono presenti Scar e Armstrong e alcune trame come la guerra civile di Ishbar, uno dei conflitti più lunghi della storia di Amestris, o la spiegazione sulla natura degli Homunculi (rappresentati in maniera tutt’altro che impeccabile da Lust, Envy e Gluttony). Tutto si riduce alle Pietre Filosofali insomma: come sono fatte, chi le ha e che potere hanno.

Un Edward da rivedere

Nel live action di Fullmetal Alchemist, Edward reagisce infuriato alle prese in giro degli altri personaggi, proprio come nella versione animata. Apprezzata la sua credibilità in questi siparietti, tra i momenti migliori del film. A parte questo, però, Ed non è quel personaggio di spicco che i fan riconoscevano nel manga, ma più un modello scelto per invogliare le ragazzine ad andare al cinema: detto con schiettezza, Ryôsuke Yamada potrebbe fare benissimo altro anziché recitare. Non riesce a creare empatia – colpa anche di dialoghi talvolta non riusciti – stonando un po’ con il contesto. Contrariamente al fratello, Alphonse è realizzato impeccabilmente in CGI, così come gli Homunculi, la cui mancanza di umanità si traduce bene sullo schermo.

Non trasporta emotivamente

Fullmetal Alchemist riesce ad adattare il primo capitolo di una storia tentacolare e seria, sul contrasto religione/scienza, in un film di fantascienza in fin dei conti completo anche per gli spettatori che non hanno visto l’anime. Resta pure intatta la modalità di narrazione della serie originale, i suoi personaggi e valori fondamentali e il fatto che si tratti di una storia giapponese ambientata in un immaginario paese europeo (la maggior parte delle scene sono state girate a Volterra, in Toscana). Peccato che il modo in cui sono trattati alcuni temi non renda giustizia a quel coinvolgimento emotivo totale, quasi tangibile, proprio del manga e della sua versione animata. Chi conosce Fullmetal Alchemist sa benissimo che non si tratta di un semplice shōnen, bensì di un’opera capace di emozionare e scuotere con la durezza e la forza di alcuni eventi l’animo degli spettatori (o dei lettori). Questo non vale del tutto per il film, che si traduce in una trasposizione quasi inefficace dell’aspetto emozionale.

Trama gestita male

Il regista pare abbia cucinato un minestrone, mescolando vari elementi della trama senza arrivare al fine ultimo, quello di confezionare per i fan un prodotto ben riuscito. Maes Hughes non ha una figlia di cui vantarsi, Havoc e la maestra Izumi sono stati del tutto tagliati fuori. Il risultato è un piatto dal sapore terribile, in cui gli ingredienti sono stati inseriti senza seguire il giusto procedimento. Lo svolgimento è dunque caotico, giungendo alla conclusione con una battaglia che non ha né capo né coda.

Gli effetti speciali sono l’aspetto migliore

In una produzione in cui ciò che funziona sopra tutto il resto sono gli effetti speciali, qualcosa è evidentemente andato storto. L’utilizzo della CG, ben gestita in ogni sequenza, fa annuire soddisfatto il fan, che deve accontentarsi di quel poco di buono che c’è per non sentire di aver sprecato due ore di tempo. Ribadisco che, per chi è digiuno di Fullmetal Alchemist, il film di Fumihiko Sori scorre e riesce pure a soddisfare, ma per chi ha consumato le pagine del manga o visto e rivisto l’anime no. Per un fan no.

La mia sedia a rotelle è come il kart di Super Mario. In qualsiasi cosa devo essere il migliore, altrimenti ci sbatto la testa finché non lo divento. Davanti a un monitor e una tastiera, però, non è mai stato necessario un grande sforzo per mettermi in mostra. Detesto troppe cose, sono pignolo e - con molta poca modestia - mi ritengo il leader perfetto. Dormo poco, scrivo tanto, amo i libri e divoro serie tv. Ebbene sì, sono antipatico e ti è bastata qualche riga per capirlo.