Nobunaga’s Ambition: Taishi Recensione, il ritorno dello strategico di Koei Tecmo

Qual è il miglior regalo di compleanno che si possa ricevere? È una domanda un po’ stupida da fare, specialmente con l’E3 alle calcagna, periodo in cui i videogiocatori di tutto il mondo stressano parenti, spaccano salvadanai e strisciano carte di credito (virtuali e non) per potersi accaparrare quei titoloni tripla A annunciati durante le varie conferenze. Ma abbandoniamo per un momento il mondo del triviale e pensiamo che, magari, il miglior regalo che possiamo farci è guardarci allo specchio e notare che sì, gli anni sono passati, ma stiamo a poco a poco cambiando degli aspetti di noi, e tutto quel duro lavoro sopportato ci ha resi delle persone migliori. Certo, non si smette mai di affinare il tiro e perfezionarsi, ma quei cambiamenti in positivo esistono e non passano certo inosservati. Questa è la metafora di ciò che la Koei Tecmo ed il talentuoso producer Kou Shibusawa hanno voluto realizzare per festeggiare il 35° anniversario della loro creazione più longeva ed apprezzata. Nobunaga’s Ambition: Taishi, infatti, è un capitolo che ha saputo fare tesoro dei pregi del suo predecessore e, soprattutto, migliorarne sensibilmente gli aspetti che hanno fatto storcere il naso anche ai fan più accaniti. Mostra ancora qualche crepa qui e là, specialmente sul lato tecnico, ma per chi sa apprezzare il genere dei turn-based strategy games e delle simulazioni storiche rappresenta sicuramente un must. 

Politica per negati

Nobunaga’s Ambition: Taishi ci catapulta nel Giappone del periodo Sengoku, un arco temporale fatto di guerre, di samurai e di famiglie ambiziose pronte a tutto pur di aumentare la propria influenza. In particolare ci focalizziamo sul periodo tra il 1545 ed il 1582, anni in cui saremo alle prese con l’ascesa e la caduta del leggendario daimyo Oda Nobunaga,  il cui scopo ultimo era quello di riunire il Giappone sotto la bandiera del suo clan. Ma non solo lui: l’ambizione bruciava anche nei capi di altri grandi clan, i quali facevano uso della loro influenza politica e militare per tenere sotto scacco i vassalli minori ed ingraziarsi gli altri daimyo loro pari. Un’Unione Europea in cui le diatribe sul pareggio di bilancio si risolvevano con il ferro, insomma.
Saremo noi a prendere il controllo di Nobunaga o di uno degli altri grandi latifondisti alla volta dell’unificazione giapponese, oppure possiamo prendere le parti dei piccoli vassalli impegnati in fitte relazioni commerciali e diplomatiche per garantire la sopravvivenza del clan, il tutto tramite delle meccaniche di gioco completamente asservite alla cura del dettaglio e alla fedeltà al contesto. È proprio quest’ultimo punto che ha fidelizzato alla saga migliaia di giocatori in tutto il mondo: il gioco mostra ogni singolo compito a cui deve adempiere un governatore, e lo fa senza troppi peli sulla lingua. Pensare al benessere del popolo, costruire infrastrutture che facciano crescere l’economia, creare eserciti, addestrare ufficiali, conquistare terre e coltivare relazioni diplomatiche e commerciali: un vero politico pensa a tutto questo e anche di più, e Shibusawa pone ogni singola azione in un’interfaccia di gioco complessa e ricca di opzioni.

Come in Sphere of Influence, il fine ultimo del giocatore è attuare la risoluzione del clan scelto, la quale può essere l’unificazione del Giappone, l’unità dei clan del proprio territorio, la supremazia militare e la longevità del proprio casato, ad ognuno la sua. È proprio nel Resolve System che si rivela uno dei grandi miglioramenti di Taishi rispetto al suo predecessore: ogni risoluzione regalerà al giocatore dei tratti salienti che possono rivelarsi vantaggiosi o meno a seconda dell’esito delle azioni intraprese. Ogni azione commerciale, politica e militare influenzerà la riuscita della propria Resolve, ed ogni trimestre il giocatore farà i conti con i propri ufficiali in fase di Concilio.
Il miglioramento del Council System è un altro dei grandi regali che Shibusawa ha concesso alla sua saga per il 35° anniversario, legando questo ad un Policy System di nuovissima concezione: ogni delegato politico avrà qualcosa da dire in merito a questioni di crescita dell’agricoltura, bilancio del territorio, avanzamento militare e questioni diplomatiche; accogliere le loro istanze conferirà al giocatore dei punti influenza espressi in termini di potere politico, spendibili in provvedimenti da attuare per far fruttare meglio le proprie zone commerciali, rafforzare gli eserciti, ottenere ancora più influenza nel Concilio stesso ed evitare che i disastri naturali rovinino i raccolti. Taishi tratta la politica interna a 360 gradi con un’interfaccia di gioco la cui estrema complessità è mitigata da un tutorial piacevole e non affrettato nelle spiegazioni, dimostrando che la politica, con un po’ di buona volontà, può essere davvero per tutti.

Sì, ma quando si mena?

Ovviamente non sarebbe un buon TBS senza guerra. I fan degli strategy games sanno che ad un certo punto le mani vanno menate per forza, e la battle phase di Taishi mette il giocatore nella condizione di passare con facilità dalla personalità del politico a quella del generale. Fase preliminare è rappresentata dalla scelta della tattica di combattimento principale da usare (libera, imboscata, provocazione del nemico o partire direttamente alla carica, your choice) in relazione all’ufficiale in carica –il quale può addirittura suggerire quale tattica mettere in campo– ed al numero di unità a disposizione. Durante le fasi di posizionamento delle truppe, inoltre, in base alle armi possedute dalle unità e alle capacità sviluppate, i vari ufficiali in carica possono suggerire delle tattiche offensive da intraprendere sul momento. Il giocatore deve quindi essere abile nello scegliere la tattica ed il posizionamento giusti onde evitare che il morale delle truppe crolli, e quindi di perdere la battaglia. Inoltre possiamo dare sfogo alle nostre ambizioni da guerrafondai decidendo di invadere i territori dei clan rivali, ma facciamo bene attenzione nell’intraprendere questa strada: infatti dobbiamo ricordarci che il lavoro di Shibusawa è tutto finalizzato alla massima accuratezza storica, e muovere l’esercito contro il clan sbagliato al momento storico sbagliato porta sicuramente a sprechi inutili in termini di vite umane, soldi e derrate alimentari. La sottoscritta, giocando con il clan Mori nel periodo 1545, ha speso un buon paio d’ore, un’infinità di risorse e tutta la sua pazienza ad invadere i territori del clan Chosokabe, nella completa ignoranza del fatto che quelli verranno conquistati nel 1570. Potreste provarci comunque, ma a vostro rischio e pericolo.

Father And Son: un confronto impari

Insomma, la saga di Nobunaga’s Ambition ci ha sempre ricordato che i fattori in gioco contemporaneamente, quando si tratta di governare una provincia, sono tanti e ricoprono tanti ambiti tutti insieme, ma Taishi fa tesoro degli errori commessi dagli episodi precedenti, e mette ancora di più il giocatore a proprio agio in questa condizione di svantaggio, massimizzando le potenzialità dei sistemi disponibili e riducendo al minimo possibile i tratti negativi che possono derivare dalla difficoltà effettiva del gioco. Il confronto con il predecessore riesce quindi in maniera naturale e spontanea, e non si tratta certo di uno scontro alla pari. Sphere of Influence, pur mantenendo quelle particolarità che hanno distinto il franchise di Shibusawa (complessità a livello gestionale, atmosfera, estrema accuratezza storica), non ha mai brillato in quanto a meccaniche di gioco: il Council System, pur essendo estremamente promettente, si limitava solo a qualche schermata di report sui risultati ottenuti e all’obiettivo trimestrale da raggiungere. L’interfaccia di gioco appariva sacrificata in nome della dettagliata presentazione grafica dei vari paesaggi e castelli, e le fasi di battaglia, limitate al riposizionamento delle unità militari per turno, sembravano non offrire alcuna ricercatezza per quanto riguarda la parte strategica. I tutorial erano lunghi e presentati a mo’ di dialogo tra gli ufficiali (cosa che già di per sé può rendere difficile l’apprendimento delle meccaniche di gioco) in un inglese desueto pieno di tecnicismi e –soprattutto– arcaismi, cosa che può certamente far piacere al giocatore che ricerca la cura nei dettagli in un titolo, ma rende sicuramente la vita difficile a chi non ha mai fatto amicizia con la lingua della “perfida Albione”.
Nonostante Taishi abbia ovviato ai suoi problemi principali implementando arricchimenti generali alle meccaniche di gioco e semplificando l’inglese (pur mantenendo certi tecnicismi) nei dialoghi delle cutscenes e dei Concili, in termini di difetti sembra avere molto in comune con il proprio predecessore. Tale titolo, come tutta la saga del resto, appare palesemente progettato per essere giocato con il mouse del proprio PC, e a parere della sottoscritta la mappa dei controlli di un TBS come questo può soffrire molto del porting su console, e ripagare il giocatore in termini di estrema scomodità. Sia chiaro, è bellissimo giocare a Nobunaga’s Ambition su PS4, ma considererei l’idea di collegare un bel mouse alla console. Inoltre l’estrema limitazione delle lingue di gioco disponibili al duo giapponese/inglese svantaggia molto la saga in termini di ampliamento del pubblico, e può regalare svariate emicranie anche ad un giocatore più esperto il quale, se non teme il confronto con l’inglese, si sentirà disorientato dall’inspiegabile complessità dei controlli. Ma spezziamo un’altra lancia a favore di Taishi, e riconosciamo che se c’è un altro punto in cui ha mostrato di aver imparato dai propri errori, quello riguarda il rapporto tra parte grafica e parte testuale. Scordatevi le cutscenes in cui i dialoghi erano formati da lunghi muri di testo sormontati da una pro-pic dell’ufficiale di turno: la parte testuale viene estremamente sacrificata in nome della presentazione dei personaggi, e l’acquarello usato nelle cutscenes delle battaglie più importanti rende la narrazione del fatto magniloquente, massimizzandone la potenza.

In conclusione, Nobunaga’s AmbitionTaishi rappresenta il degno proseguimento della carriera di Kou Shibusawa ed un buonissimo colpo per la Koei Tecmo. Le articolate meccaniche di gioco e la narrativa accattivante sono di sicura attrattiva per il giocatore, e la brillante combinazione di questi due fattori, unita ai vasti scenari messi a disposizione, possono portare a sessioni di gioco davvero infinite. Senza contare anche la possibilità di crearsi un proprio ufficiale e partire da soli alla volta della conquista del Giappone. Finalmente vedremo realizzato il nostro sogno di poter riunire l’arcipelago nipponico sotto la bandiera del clan Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. La scelta di mantenere la diarchia linguistica giapponese/inglese scontenta quei fan che speravano di vedere il loro gioco preferito tradotto nella propria lingua natia, ma a parere dell’autrice non si tratta di una scelta campata per aria; del resto, Nobunaga’s Ambition è un’opera che per la sua narrativa e per la sua articolata meccanica di gioco attira da sempre delle particolari cerchie di appassionati, ed inoltre la localizzazione può sicuramente causare la perdita di senso di alcuni dialoghi presenti nel gioco. Sicuramente, per il neofita che saprà apprezzare il genere delle simulazioni storiche applicate ai TBS, l’ultimo titolo di Kou Shibusawa merita davvero.