Soulcalibur VI Recensione: cappa, spada e witcher per Bandai Namco

Soulcalibur VI

Ha rischiato persino di non vedere mai la luce, Soulcalibur VI. E sarebbe stato un vero peccato dato che il gioco, pur non riscrivendo i canoni del genere, rappresenta un importante step evolutivo per una serie storica che, oggi come in passato, contribuisce a rendere piรน scoppiettante il panorama sul fronte competitivo. Non doveva neppure esistere, Soulcalibur VI, quasi che nell’industria moderna non ci fosse piรน spazio per gli scontri 1v1 all’arma bianca. Congetture, ipotesi, pura follia. La produzione รจ la dimostrazione di come la scuola giapponese possa e sappia costruire piccole perle anche con un budget relativamente ridotto. Soulcalibur VI รจ, anche, un ottimo picchiaduro, tutt’altro esente da difetti, eppure capace di mescolare concept classici a innovazioni piรน o meno importanti al gameplay. Insomma, la leggenda della Spada Maledetta รจ tornata. Ed รจ piรน in forma, ed enorme, che mai.

Soulcalibur VI Bandai Namco Entertainment

Anime e Spade

Siamo nel XVI secolo quando la leggenda della Soul Edge riemerge dalle profonditร  della Storia. Una Storia di anime e spade, le due spade nelle mani del pirata Cervantes che, al culmine di un regno di terrore e sterminio, viene sconfitto da Sophita e Toki. Resta una spada, che finisce tra le mani di un confuso Siegfried, per un seme maligno che porta alla catastrofe. Ed รจ attorno alla Storia della Soul Edge che ruotano, invece, le storie, le tante storie, che compongono le Cronache dell’Anima, la principale (?) campagna in singolo di Soulcalibur VI. Ventidue personaggi per ventidue storie, legate alla trama principale che viaggia lungo un arco temporale di 7 anni, dal 1583 al 1590. Come qualcuno avrร  intuito, siamo dalle parti dei primi episodi di Soulcalibur, andando a ripescare, per certi versi, anche la narrazione del capostipite Soul Edge/Soul Blade. A vent’anni dall’episodio, strepitoso, pubblicato su Dreamcast, la sensazione รจ che Bandaiย Namco abbia voluto festeggiare il compleanno di una delle sue creature piรน belle, da troppo tempo, forse, legata ai ricordi del passato e incapace, fino a una generazione fa, di proiettarsi con eguali fortune nel presente, prima ancora che nel futuro. Come รจ intuibile, la missione รจ parzialmente riuscita. Di fronte ad alcuni dubbi legati al gameplay e al bilanciamento, specie negli aspetti competitivi, la rinascita della serie รจ tutta in alcune scelte strutturali, ma anche stilistiche e di design che, con ogni probabilitร , faranno felici i fan di lungo corso rimasti scottati dagli ultimi episodi. Il predecessore, Soulcalibur V, a oggi, rappresenta, infatti, uno dei giochi piรน ambigui della serie, generalmente elogiato dalla critica e altrettanto diffusamente criticato dalla fanbase. Colpa, o merito, di un episodio sbilanciato sul fronte multiplayer a discapito di elementi da “giocatore solitario” che, per certi versi, avevano fatto il futuro della saga. Ed รจ un piacere, quindi, registrare un deciso cambio di rotta da parte del publisher e, pure, del team capitanato da Motohiro Okubo. Soulcalibur VI รจ un piccolo capolavoro di ricostruzione storica applicata all’arte videoludica: sospeso tra i concetti di reboot, remake e opera totalmente originale, la produzione nipponica galleggia, pure, tra una strizzatina d’occhio ai “vecchietti” e velleitร  da e-Sports che accarezzano le guance paffute delle nuove leve. Un frullato realmente esplosivo, il cui perno dell’esperienza resta, proprio come due decenni fa, la modalitร  Storia. La campagna single player รจ lunga, cronologicamente piuttosto complessa. Una sorta di vasto puzzle dove ogni personaggi rappresenta un tassello, piรน tasselli, di una storia maledetta quanto la leggendaria e malefica spada divora anime. La trama principale segue una linea lunga sette anni e 22 protagonisti. Nessuna cinematica, nessun effetto speciale. Sono gli artwork che, come una vecchia avventura testuale, raccontano i personaggi, le loro vite, le loro tragedie. Piccole o grandi che siano. Soulcalibur VI racconta, in maniera semplice, semplicistica eppure efficace, donne in cerca di vendetta, uomini che inseguono la gloria e viceversa. Ma anche lealtร , amicizia, maledizioni e fortune che ruotano attorno a un Masterplan tutt’altro che difficile da decifrare, nella sua quasi commuovente banalitร , eppure affascinante e articolato. In un’epoca dove l’offerta di genere รจ legata, spesso in maniera esclusiva, al solo multiplayer, tutto ciรฒ rappresenta davvero tanta roba.

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Creazione

E tanta roba per davvero, perchรฉ sulla bilancia, letteralmente, c’รจ tanto altro. C’รจ, a esempio, l’ampio spazio dedicato alla creazione di combattenti originali, capaci non solo di donare brio sull’altra sponda del fiume, ma, restando ben ancorati al nostro animo mai sopito da lupo solitario, anche a una parte importante del gioco in singolo. Alla propria e personale “creazione“, infatti, รจ legata un’intera “campagna“, o meglio Missione, in stile RPG, con tanto di dialoghi a scelta multipla, livelli e potenziamenti. La storia della “Bilancia dell’anima”, suddivisa in capitoli, non brilla per scrittura, sia chiaro. E pure i dialoghi, nonostante la possibilitร  di scelta nella risposta, sono lontani dalla qualitร  di un qualsiasi gioco di ruolo. Eppure, la modalitร  ha il suo fascino perchรฉ consente di assorbire in maniera “diversa” la lore dell’universo di Soulcalibur e, pure, di rafforzare il rapporto tra giocatore e personaggio. La storia รจ raccontata, ancora una volta, utilizzando delle schermate fisse. Nessuna cinematica, nessuna concessione alla modernitร . Piuttosto che assomigliare a un film, Soulcalibur VI, anche in questa nuova veste, ambisce allo status di libro classico, per quanto interattivo, dove la narrazione รจ legata al racconto, sempre un filo poetico, e alla crescita del nostro personaggio. Nell’eterna sfida tra bene e male, tra luce e tenebre, si incastra anche la Bilancia dello spirito legata alla nostra creazione. L’andamento della storia e le scelte prese tenderanno a far spostare il “peso” del proprio “spirito” verso una fazione piuttosto che un’altra. Cambiare il proprio “destino” influenza, pure, l’andamento della storia sbloccando determinate missioni, tutte legate al combattimento, piรน o meno nascoste lungo la mappa di gioco. La scelte delle armi, accumulabili nel corso dell’avventura, ma anche l’equipaggiamento e l’utilizzo di risorse serviranno, infine, ad accrescere il livello del personaggio. Fattore, questo, essenziale per avere la meglio sui nemici piรน forti. Nemici che, giova precisarlo, vantano una notevole varietร . Merito, sempre, del “solito” editor che ha permesso agli sviluppatori di sbizzarrirsi nella creazione dei vari “tipacci” che incontreremo lungo il cammino. Un primo segno, questo, che sottolinea la bontร  delle opzioni legate allaย  personalizzazione. Lo strumento, a una prima occhiata, non sembra brillare per varietร . Eppure, armeggiando con le variabili a disposizione, magari legate a dosi massicce di fantasia e cattivo gusto, รจ possibile dare vita a creazione realmente originali. Alla canonica scelta del sesso e della razza, ce ne sono 16 disponibili, si aggiunge l’ovvia necessitร  di adottare uno specifico stile, ripreso da quello dei personaggi del roster, pure loro da utilizzare, alla bisogna, come base di partenza. Ovviamente, l’uso di personaggi originali nei combattimenti online regala ancora piรน “colore” a un gioco chiamato a differenziarsi, quanto piรน possibile, dall’agguerrita concorrenza, in primis “interna”, sul fronte competitivo.

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La spada di Damocle

Insomma, si รจ capito. Ben vengano pure il classico Arcade e l’utile allenamento, ma i meriti di Soulcalibur VI sono davvero da ricercare altrove. Detto dell’offerta dedicata all’avventura, resta quella focalizzata proprio al multiplayer. Utile, in questa sede, precisare come il numero di partite, classificate e non, giocate a ridosso della review ci impediscano di fornire un giudizio finale sulla validitร  del matchmaking o sulla qualitร  del netcode. Su entrambi gli aspetti, la prova ci ha fornito, in una settimana scarsa, risultati altalenanti, legati piรน, sembrerebbe, allo scarno numero di presenza sui server che a magagne di tipo tecnico. Indagheremo piรน avanti, magari ritornando sull’argomento con un articolo ad hoc. Eppure, se l’IA del single player ci ha fornito spunti interessanti a un livello di sfida piรน impegnativo di quello settato di default, i pochi scontri contro umani, anche in locale, hanno cristallizzato il giudizio finale, purtroppo solo vicino a un’eccellenza sfiorata sul campo che, piรน di tutti, conta in un picchia duro. Chiariamo, il gameplay di Soulcalibur VI รจ veloce, frenetico. Richiede precisione e attenzione. Richiede, pure, tecnica. Quasi sempre, almeno. Perchรฉ pur superando la sindrome da button mashing sfrenato, l’idea รจ che gli equilibri vadano sensibilmente rivisti. Se il roster ampio e variegato, una sorta di “best of” dei capitoli precedenti con poche aggiunte, spicca per varietร  e caratterizzazione, รจ pur vero che alcuni personaggi appaiano un po’ “sgravati”. La sensazione si amplia ancora di piรน quando, aggredendo i server di gioco, ci si ritrova di fronte ad alcune combinazioni di armi, stili e aspetti fisici n evidente supremazia rispetto ad altri. Ed รจ in questo contesto che si inserisce la piรน evidentemente delle innovazioni ludiche legate ai combattimenti. Alla solita danza di movimenti frenetici nello spazio alternati ai colpi di arma bianca e parate, con un ritmo di gioco che ricorda piacevolmente quello del secondo capitolo, gli sviluppatori hanno aggiunto una seconda parata, piรน dinamica, in odore di parry. In difesa, nulla da dire, funziona. Eppure, quando prospettata in attacco, la “Reversal Edge” puรฒ davvero lasciare perplessi. Azionabile in qualsiasi momento, la meccanica consente, se attivata nella giusta “finestra”, di chiamare l’avversario a un duello arma contro arma da risolvere attraverso la scelta di uno degli attacchi base. In pratica, il classico “bim bum bam” traslato in un picchiaduro. Da un punto di vista visivo, uno spettacolo. L’azione rallenta, mettendo in mostra le chicche dei modelli poligonali e, pure, un’effettistica di pregio che, Unreal Engine 4 a schermo, mostra i muscoli ben piรน di Tekken 7. รˆ il gameplay, se mai, a scricchiolare. L’utilizzo spasmodico della tecnica, slegata da qualsiasi “barra” o situazione, rischia di sbilanciare ulteriormente i giร  labili equilibri che reggono l’intera infrastruttura. Un round dominato tecnicamente rischia, per farla breve, di essere ribaltato dalla “sfortuna” legata, magari, a due “duelli” di fila persi nel “sasso โ€“ forbici โ€“ carta” furbescamente “chiamato” dall’avversario. รˆ vero, con la pratica รจ possibile sviluppare alcune “accortezze”, magari puntando sulle “schivate” nello spazio. La sensazione, perรฒ, รจ che alle volte sia davvero sfiga. E la sfiga, come รจ noto, ci vede benissimo.

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Anima e Sangue

Pollice in alto, invece, per gli attacchi legati, appunto, alla “barra”. Sono il giusto contraltare, strategicamente fondamentale da assimilare, per un titolo che resta in bilico tra tecnica e spettacolo. Le “special”, per altro, sono varie, belle da vedere. Alle volte bellissime. E, pure, ben contestualizzate nell’elenco mosse del singolo personaggio. A tal proposito, il lavoro di caratterizzazione operato sui protagonisti del roster รจ eccelso. Merito della selezione storica dei lottatori e, pure, dei buoni innesti che compongono la sezione delle “new entry”. Ai soliti Ivy, Kilik e Mitsurugi, tanto per citare qualche nome noto, fanno da contraltare Azwel, Grรธh e Geralt. Giร , proprio quel Geralt di Rivia, doppiatore inglese compreso, che guadagna il titolo di “special guest” di questo episodio. Inutile fingere sorpresa. Il faccione dello strigo, reduce dai successi di The Witcher 3, campeggia giร  sulla cover ed รจ stato annunciato come una vera e propria star giร  in fase di sviluppo. Quello che stupisce, se mai, รจ la sua implementazione nell’universo della saga e, pure, nel combat. Anche Geralt ha una sua storia, per altro “credibile” e legata, in qualche modo, alle attivitร  tipiche di uno strigo con la passione per le maghe e per le spade. Specie per le maghe. Anche Geralt, soprattutto, รจ uno spettacolo da “comandare”, con un set di mosse legato ai “segni” e alle pozioni. Anche Geralt, infine, gode dei progressi del team in ambito Unreal Engine. Pregio, questo, da condividere con gli altri 21 “colleghi”. Il livello di dettaglio di ogni personaggio รจ eccellente, laddove una mole poligonale nella media รจ stata mescolata a un uso sapiente dei colori, del disegno, delle location. Anche stilisticamente, l’universo di Soulcalibur VI ripesca dal passato, con una cifra artistica che ricorda i primi episodi della serie. Piรน colori, piรน tramonti. Piรน bellezza visiva e, anche, piรน ricercatezza. Un esercizio di stile, per altro accompagnato da scenari dinamici e armature che cedono sotto i colpi piรน potenti, rivelando, prima ancora di curve generosamente lascive, un gusto tipicamente nipponico per la cura e la bellezza.

Soulcalibur VI รจ, nel panorama moderno dei picchiaduro a incontri, una sorta di paradosso storico. Non arriva sugli scaffali con le promesse di chi, sapendo di aver fatto il compitino, punta tutto sugli aggiornamenti da season pass, comunque presente. Si tratta, piuttosto, di un’opera rispettosa dell’utente, con una struttura che coccola il giocatore singolo senza dimenticare, perรฒ, gli aspetti, anche in tema di personalizzazione, propri della scena competitiva. Soulcalibur VI รจ, pure, un titolo coraggioso. Pur restando dubbiosi sull’introduzioneย di alcune meccaniche specifiche e sulla loro economia negli scontri, รจ innegabile che uno degli scopi del team sia stato quello di “svecchiare” il sistema di combattimento introducendo delle novitร  reali e concrete. E dire che Soulcalibur VI, a un certo punto, sembrava davvero non volerlo nessuno, per un brand affossato dal peso, enorme, del suo stesso nome. Di una leggenda perduta e poi rinata. Per un seme piantato non per forza malefico. Non questa volta.

Michele Iurlaro รจ iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo