Bliss Recensione: un gioco dalle molteplici realtà

Come distinguere ciò che reale da quello che non lo è? Una domanda quanto mai complessa soprattutto se contestualizzata all’ambito cinematografico, dove la finzione – fa eccezione il filone documentaristico – è alla base dello stesso costrutto. Ecco perciò che Bliss, ultima fatica del regista americano Mike Cahill disponibile come original nel catalogo di Amazon Prime Video, prova a giocare ancora una volta su questa ambiguità, seguendo un percorso già tracciato da altri.
La separazione netta e distinta inizialmente, che però finisce per collimare in uno stato sempre più assimilante e dualistico, tra i due mondi cerca di attraversare le numerose sfumature etiche che la tematica comporta, ma finisce per farsi prendere troppo la mano dalle sue contorsioni narrative e deragliare su territori via via più incomprensibili e poco plausibili.

Bliss: essere o non essere

Ma andiamo con ordine e offriamo un accenno della suddetta trama, che vede al centro della storia i personaggi interpretati da Owen Wilson e Salma Hayek. Il primo è un manager ossessionato dal lavoro e dalla complessa situazione familiare: divorziato, ha ancora legami esclusivamente con la figlia adolescente, sempre più preoccupata delle sue condizioni di salute. All’inizio del film l’uomo uccide involontariamente il proprio boss e cerca di nascondere l’accaduto, rifugiandosi in bar poco distante dal luogo dell’accidentale delitto.
Proprio lì si imbatte in una misteriosa avventrice, la Hayek per l’appunto, che lo convince di essere una delle poche persone reali in una realtà virtuale costruita ad hoc: non è un caso che entrambi siano in grado di spostare oggetti e persone solo con la forza del proprio pensiero, nonché di modificare l’andamento degli eventi. Ma quale mondo, e perché, vale veramente la pena di esser vissuto?

Viaggiatori dei mondi

Suggestioni alla Matrix, prive di una vera e propria anima action, e rimandi alla sci-fi umanista più recente e alla scuola Black Mirror: non è un caso che l’intreccio abbia molteplici punti in comune con il celebrato episodio San Junipero. Ma Bliss ha il grosso demerito di fallire in tutti i suoi obiettivi principali, sfaldando la complessità alla base in una sceneggiatura via via più confusa e inconcludente, dove lo stesso finale appare come un metodo per chiudere una storia ormai persasi per strada.
Le emozioni latitano per via di figure monodimensionali, a cominciare dalla caratterizzazione dei due protagonisti: il senso di spaesamento e la sete di scoperta di un inadatto Owen Wilson, qui in una performance di maniera ma mai realmente convincente, fa il paio con la spregiudicatezza dell’illuminata Salma Hayek, portatrice di tutte le risposte ma altresì schiava anch’essa di eventi incontrollabili.
Eppure Cahill – anche autore della sceneggiatura – era riuscito nelle sue opere precedenti, in particolar modo nel suo esordio di finzione Another Earth (2011), a rendere sensazioni e tormenti in maniera solida e calibrata, finendo qui invece a fare i conti con tutti i limiti intrinsechi nell’assunto. Pur con un teatro narrativo aperto a più interpretazioni e suggestioni, il risultato è stanco e asettico, mai capace di imprimere il segno nel cuore e nella mente del pubblico.
Gli stessi effetti speciali, tra ologrammi interagenti con gli individui in carne e ossa del tutto gratuiti e ibridazioni interdimensionali di sorta, lasciano il tempo che trovano e la realizzazione di alcune scene, come quella sulla pista da pattinaggio, appaiono come una velleitaria disanima sul libero arbitrio. Bliss si perde proprio in queste piccolezze, la cui somma impedisce di dar vita ad una forma filmica fatta e compiuta.

Che dire di un film che partiva sotto ben altri auspici? Mike Cahill sbaglia incredibilmente tutto o quasi, rimasticando archetipi della moderna fantascienza a sfondo etico in maniera scialba e confusionaria, privando il film di eventi chiave effettivamente incisivi e lasciando affogare la storia e i personaggi in una generale apatia. Bliss resta un’occasione mancata, incapace di sfruttare appieno l’interessante, seppur non originalissimo, incipit di partenza.

Voto: 5.9