Nella nuova stesura, il Decreto Crescita prevede infatti che “i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni: a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni; b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano”.
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Non solo, per alcune regioni italiane (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), l’imponibile IRPEF scende ulteriormente al 10% del totale dei redditi percepiti. Una norma volta a favorire la creazione di posti di lavoro nel sud Italia ma che avrà l’effetto di permettere a Napoli, Cagliari, Lecce e alle altre società di quelle otto regioni di avere maggiori agevolazioni fiscali sugli stipendi dei giocatori rispetto agli altri club.
Questo regime fiscale potrà essere sfruttato da calciatori e allenatori provenienti dall’estero per cinque anni, che potranno estendersi di ulteriori cinque, nei quali si calcolerà l’imponibile IRPEF sul 50% del reddito totale percepito in presenza di un figlio minorenne o nel caso diventino proprietari di una casa, e addirittura solamente sul 10% del reddito totale percepito in presenza di tre figli minorenni.
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Attualmente uno stipendio di 5 milioni netti costa alla società circa 9,3 milioni lordi. Se questa estate un club decidesse di investire 9,3 milioni lordi sull’ingaggio di un calciatore, questo vorrebbe dire garantire allo stesso uno stipendio di 6,5 milioni netti per la stagione 2019/20 e addirittura di 8 milioni netti per le quattro successive, quando il decreto sarà totalmente in vigore. Per le società appartenenti alle regioni ulteriormente favorite, la stessa cifra permetterebbe di offrire uno stipendio di 7 milioni netti per il 2019/20 e di 8,9 milioni netti per le quattro successive.
È evidente, quindi, che il potere contrattuale delle società di Serie A grazie a queste norme crescerà rispetto al passato in confronto a quello di quelle estere. Se invece i club volessero approfittarne per diminuire i propri costi, mantenendo la somma degli stipendi netti sullo stesso livello di quest’anno, è possibile calcolare i vantaggi economici di questo tipo facendo il calcolo inverso: uno stipendio di 5 milioni netti non costerà più alle società 9,3 milioni lordi, bensì 7,5 milioni lordi per la stagione 2019/20 e dal 2020 in poi solo 5,7 milioni lordi, con l’ulteriore vantaggio per i club delle regioni agevolate di costare 7,2 milioni lordi nel 2019/20 e 5,2 milioni lordi dal 2020 in poi.