Con 650 casi di contagio da SARS-CoV-2, 17 decessi e 45 persone guarite al 27 febbraio, numeri destinati a salire con il passare dei giorni, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica. Queste misure restrittive variano dall'impossibilità di entrare ed uscire dalla "zona rossa" dei focolai, alla chiusura delle scuole e la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, all’applicazione della quarantena a chi ha avuto contatti stretti con persone affette dal virus, ed hanno un unico obiettivo: contenerlo e rallentarne la circolazione, con lo scopo di proteggere tutta la collettività.
Perché tanta attenzione sul coronavirus? Perché questo virus è completamente nuovo, perciò nessun essere umano è immune, e per combatterlo o prevenirlo non esistono né un farmaco né un vaccino. Inoltre, sebbene la sua letalità non sia elevatissima (circa il 2%), rappresenta comunque un rischio per le fasce di popolazione più anziane o con problemi di salute preesistenti.
Ma perché è così importante frenare il numero di contagi? Pensate cosa potrebbe succedere nel caso in cui venissero contagiate tantissime persone contemporaneamente: si intaserebbero gli ospedali (e la situazione potrebbe aggravarsi se si ammalassero anche medici ed infermieri), si fermerebbero i servizi e in generale si bloccherebbe tutta l’Italia.
Poiché per avere un vaccino serviranno probabilmente non meno di due anni, l’isolamento e l’individuazione dei soggetti contagiati è una delle soluzioni che potrebbero risultare tra le più efficaci per rendere la vita difficile al virus, insieme alle precauzioni da seguire proteggere sé stessi e gli altri, quali lavarsi spesso le mani, non toccarsi naso, bocca e occhi con le mani non lavate, starnutire nell’incavo del gomito.
Per capire meglio come funziona la faccenda del contenimento proverò a spiegare in maniera semplice il meccanismo di trasmissione di una malattia infettiva. Un parametro importante in un’epidemia è il cosiddetto R0, un numero che rappresenta quante persone riesce a contagiare un individuo infetto con un nuovo microrganismo in una popolazione in cui nessuno sia immune. Se ogni persona ne contagia un’altra, R0 equivale a 1. Se il numero è superiore a 1 significa che ogni persona ne può infettare più di un’altra. Nel nostro caso, l’R0 del SARS-CoV-2 è tra 2 e 2,5, cioè ogni persona infetta può contagiarne altre 2 o 2,5. Per semplicità, consideriamo che R0 valga 2: il paziente zero ne contagia due, i quali ne infettano altri quattro, questi quattro ne infettano otto, che ne infettano sedici, e così via in maniera esponenziale. Se R0 è uguale a 1, ogni infetto in media ne contagia un altro, che ne contagia un altro a sua volta e così via: l’epidemia si mantiene su un livello costante, ma non esponenziale. Quando invece R0 è minore di uno, è probabile che un infetto non trasmetta la malattia a nessun altro. Per essere più chiari: se ci sono 10 infetti e R0 è 0,7 potranno contagiare 7 persone che, a loro volta, potranno contagiarne 5, che potranno infettarne circa 3 e così via. La catena di contagio si ferma e l’epidemia si spegne da sola.
L’immediata diagnosi della persona infetta, o dell’identificazione di quella potenzialmente infettata e l’applicazione di misure di contenimento ci offrono la possibilità di ridurre i suoi contatti con altre persone, portando ad una riduzione di R0. Ed è quello che si sta facendo con la quarantena, la chiusura delle scuole e la sospensione delle manifestazioni pubbliche, con lo scopo di portare R0 ad un valore inferiore a 1.
In ogni caso, avremo comunque probabilmente a che fare con questo coronavirus per mesi, perché ha avuto il tempo di circolare prima di essere individuato nel primo caso di Codogno e quindi ha infettato numerose persone, che lo hanno trasmesso ad altri. È probabile perciò che ci voglia del tempo per vedere gli effetti positivi delle misure restrittive, che tuttavia sono l’unica arma attualmente disponibile.
Come i virus dell'influenza stagionale, anche il SARS-CoV-2 potrebbe essere sensibile all’aumento di temperatura, perciò l'arrivo della primavera e poi dell’estate potrebbero avere un impatto positivo nel limitarne la diffusione e nel bloccare l'epidemia. “È solo una sensazione - ha spiegato a Repubblica il professor Guido Silvestri della Emory University di Atlanta, USA - ma è possibile che la diffusione del coronavirus sia legata anche a fattori ambientali. Non ci spieghiamo il fatto che nazioni popolose, con legami intensi con la Cina, siano prive o quasi di contagi. Penso a Indonesia, India, Thailandia, Bangladesh, Africa. Forse la temperatura gioca un ruolo nel limitare l'epidemia. In questo caso, il caldo potrebbe frenare il virus anche in Italia, come avviene con raffreddore e influenza stagionale”
Per ora questa è però solo una speranza perciò, in attesa di poter disporre di farmaci adatti e di un vaccino, dovremo limitarci ad applicare le misure necessarie e restare in attesa dei risultati.
Scritto dalla Dottoressa Graziella Morace
Fonti e approfondimenti:
http://www.salute.gov.it/…/dettaglioContenutiNuovoCoronavir…
http://www.salute.gov.it/…/dettaglioOpuscoliNuovoCoronaviru…
https://www.repubblica.it/…/coronavirus_quanto_durera_l_e…/…