La sinistra riformista cambia strategia:
se prima erano in 4(gatti) a ballare Zapatero
adesso sono tutti a ballare con Zapatero !!!
Secondo me(e non solo) influenzata dalle scelte della sinistra radicale, da Zapatero(che non è la Bibbia, ma non è nemmeno il Pnac) e alle porte dell'elezioni Europee la sinistra razionale, riformista lascia ogni ambiguità e si butta a capofitta nella scelta del "ritiro preventivo".
Il giornale di Polito domani pubblica il discorso di Brahmini, ecco un anticipazione raccolta nell'editoriale.
Il riformista (di domani)
ELETTORALISMI
La sinistra non ha più tempo per l’Onu
Pubblichiamo oggi (domani 29aprile Ndr) quasi integralmente la relazione che Lakdhar Brahimi, inviato speciale di Kofi Annan, ha svolto l’altra sera al consiglio di sicurezza dell’Onu sul processo di transizione in corso in Iraq. Lo facciamo perché in Italia chi chiede il ritiro delle nostre truppe (e ormai si appresta a chiederlo anche la lista Prodi, con una certa fretta, presentando una mozione entro il 15 maggio, da mettere ai voti entro il 28 maggio, data di chiusura del parlamento per la campagna elettorale europea) spiega l’accelerazione sulla base del fatto che i margini della cosiddetta svolta si starebbero esaurendo. Siccome è Brahimi l’incaricato dall’Onu di verificarne la fattibilità, cioè di nominare un governo provvisorio in Iraq entro la scadenza prevista dalla precedente risoluzione approvata all’unanimità (il 30 giugno), ci sembra che sia più attendibile dei leader del centrosinistra italiano nel giudicarne le prospettive. Leggete pure il testo. Ma la frase chiave è alla fine e recita: «C’è molto da fare e il tempo è breve. Il compito di fronte a noi, per compiere il quale abbiamo il forte sostegno del Consiglio di sicurezza - e cioè assistere la formazione di un governo ad interim per il 30 giugno e preparare le elezioni da tenere nel gennaio 2005 - al punto in cui sono le cose non sarà facile. Al contrario, ci sono trappole potenzialmente pericolose e grandi ostacoli ad ogni passo di questa strada. Ma il lavoro è fattibile (<+cors>doable<+tondo>) se ci fissiamo obiettivi saldi nei principi ma realistici, se ci muoviamo in quella direzione con prudenza e se non restiamo soli nel muovere quei passi. Avremo bisogno, in particolare, che il Consiglio di sicurezza sia unito dietro di noi e con noi».
Dunque il lavoro terribilmente difficile di stabilizzare l’Iraq si può fare per Brahimi, ma è già chiaro che non si può fare per l’opposizione in Italia. Ricordiamo, en passant, che Brahimi è un algerino, musulmano sunnita, è stato presidente della Lega araba e in questa veste ha più volte preso le parti di Saddam. Tutto è tranne che un amerikano. Perché dunque la posizione iniziale della lista Prodi («aspettiamo l’Onu») si è trasformata in un «anticipiamo l’Onu»?
La risposta è nelle date, ed è una risposta molto triste. L’opposizione non condiziona più la richiesta del ritiro al 30 giugno, giorno che ha a che fare con la situazione in Iraq; ma al 28 maggio, giorno che ha a che fare solo con la situazione in Italia, perché è l’ultima occasione utile prima delle elezioni. L’urgenza elettorale ha preso il sopravvento sulla considerazione di ciò che è utile all’Iraq, annullando così la differenza che aveva finora distinto la sinistra riformista dal pacifismo senza se e senza ma, pur essendo entrambi stati contrari alla guerra. Si dà così ragione, e forse voti, a Bertinotti e Cossutta, che all’Onu non hanno mai creduto. Oppure si dà ragione, e forse voti, al governo, che ora si aggrappa all’Onu.
Dopo che questa mozione sarà stata votata succederanno le seguenti cose: Brahimi dirà entro la fine di maggio se è riuscito a fare il governo e con chi; gli americani decideranno se accettarlo o meno; le grandi potenze, probabilmente nel G8 della prima decade di giugno e dopo la visita di Bush da Chirac, decideranno se dare il via libera a una nuova risoluzione Onu che riconosca il governo provvisorio varato da Brahimi. In una parola, dopo che in Italia si sarà votato sulla impossibilità della svolta, ci potrebbe essere la svolta. Prodi, lo si capisce dalle dichiarazioni di ieri, non condivide la scelta del ritiro. Fermi allora questa deriva.