Gendo Ikari
"Sono trascorsi sei anni da quando Eidos lanciò sul mercato Thief: The Dark Project"
Questo è l'inizio della recensione che Videogiochi fa di quest'ultimo capitolo, una recensione che, per motivi ovvi, è tutta basata sul nuovo capitolo, appunto; ma credo che confrontare il vecchio col nuovo, il primo con il seguito sarebbe molto interessante.
Io credo di poter dire con una certa sicurezza che Thief I e Thief III sono l'esempio perfetto di cosa sta cambiando nel mondo dei videogiochi.
Cos'era il primo Thief? Era un gioco con la spina dorsale, le cui parole d'ordine erano atmosfera e professionalità. Tu eri Garrett, e tutto il gioco era permeato dall'idea della missione da risolvere, del lavoro. Ecco i livelli separati e il fatto che l'inventario non era cumulabile. Ogni livello era una missione a parte, un capitolo separato in cui tu dovevi dare il meglio di te. Non potevi permetterti giocate alla Quake III, dovevi essere un ladro, dovevi essere silenzioso e scaltro.
L'atmosfera e la concezione del gioco era tale che io stesso mi sono ritrovato a fare livelli interi senza uccidere nessuno nè farmi vedere da nessuno, anche quando non era richiesto, anche quando stordire una guardia sarebbe stato molto semplice e permesso, ma sembrava uno scadere in basso.
Fare le Crafgslet's Prison lasciando anche la minima traccia della mia presenza era un onta alla professionalità di Garrett. Era troppo appagante entrare senza toccare nessuno, aprire la cella di Cutty, andare a parlarci, poi richiuderla e compiere tutta la missione senza uccidere o stordire nessuno.
Il gioco era a volte difficile, duro, come era dura l'atmosfera e il mondo dell'ambientazione, come era duro il personaggio di Garrett e la vicenda in cui si trova coinvolto. Un gioco in cui la grafica contava poco, e infatti è l'elemento meno curato.
Un gioco a cui io avrei dato 9, per la coerenza, per la cura dei dettagli significativi, per l'atmosfera, per la longevità.
Ovviamente tutto questo vale per un mercato hardcore. Sono convintissimo che il giocatore medio non avrebbe avvertito l'atmosfera, si sarebbe sentito frustrato in certi momenti, avrebbe tentato di uccidere tutti, non avrebbe colto lo spirito e il modo di giocare a Thief.
Un'altra era, un'altra concezione di fare il videogioco.
Oggi, Thief III. Completamente diverso.
Sebbene la ION Storm tenti di tenere i piedi in due staffe, cercando di tenersi ancora una volta il pubblico hardcore pur cercando di conquistare il mass market, il gioco risulta essere completamente diverso.
Tutto questo credo sia incarnato dalla duplice prospettiva adottata. Simbolicamente possiamo quasi definire le due concezioni di fare videogiochi in quelle due diverse prospettive. Quella in prima persona, professionale, d'atmosfera, del primo capitolo, vedi solo quello che dovresti vedere, QUINDI devi essere scaltro e attento con gli occhi aperti. Quella in terza persona, irrealistica, giocosa, tramite la quale apprezzi la graficona, ti trovi meglio, vedi più cose che in realtà non potresti vedere ed è tutto più facile.
Thief III è il punto d'incrocio tra i videogiochi fatti con criterio di qualità, e i videogiochi fatti con criterio di vendita. E in questo punto d'incrocio si esaltano e si vedono meglio le caratteristiche di enrambi i generi.
Quello che conta oggi è la grafica (e difatto la prima cosa che la ION si è garantita con Thief III è una grandissima grafica), l'accessibilità estrema (è il gioco che si adatta al giocatore in tutto e per tutto, e non è il giocatore che entra nel gioco, nella sua atmosfera immedesimandosi nel mondo proposto dal creatore), la moda (visuale in terza persona ora di moda, caratteristiche RPG oggi messe in quasi ogni titolo, etc...).
Thief I era l'esperienza alternativa che i Looking Glass Studios volevano donarci, Thief III è il tentativo della ION Storm di sfruttare un personaggio di grande carisma per farci un sacco di soldi.
La prima è fallita, la seconda no, ovviamente.
Voi cosa ne pensate?