Mai pensato a quanto vi fa schifo il paese in cui vivete? Beh, provate a pensare come vi sentireste se non aveste un paese da chiamare casa. Questa è più o meno la situazione in cui si trova Viktor Navorski quando sbarca all'aeroporto di New York e apprende che poche ore prima c'è stato un colpo di stato nella piccola repubblica ex-sovietica dalla quale proviene. Il problema è che gli Stati Uniti non riconoscono il nuovo governo, così non lo lasciano entrare. Ma non riconoscendo il nuovo governo, non lo possono neanche rimandare indietro... Così, Viktor Navorski rimane confinato nel terminal internazionale dell'aeroporto Kennedy, in attesa che la situazione politica si sblocchi e lui smetta di essere considerato 'inaccettabile' per gli Stati Uniti. Per nove mesi. E sai quante cose si possono fare in nove mesi, anche se si è bloccati in un aeroporto? La prima è imparare la lingua...
Da un soggetto di Andrew Niccol e Sacha Gervasi sviluppato anche dallo sceneggiatore di "Prova a prendermi", il film che inaugura la Mostra del cinema di Venezia 2004 è forse la regia più critica della carriera di Steven Spielberg. Quella che all'apparenza può sembrare una commediola fin troppo politically correct è in realtà una sottile e non banale critica al Sistema, al verso per cui gira il mondo di oggi, agli stessi Stati Uniti. D'altra parte da uno come Niccol, sceneggiatore di "Truman Show" e "S1m0ne" e regista di "Gattaca", era logico aspettarsi un film di questo genere. Forse era meno logico aspettarselo da uno come Spielberg, ma proprio grazie ad un prodotto come questo si può capire l'intelligenza di questo regista, etichettato ancora spesso come autore di pellicole nient'altro che spettacolari e dotato invece di una sensibilità e di una profondità rara nel cinema moderno.
Tecnicamente ineccepibile - basta quella panoramica circolare all'ingresso di Viktor nel terminal internazionale a mettere i brividi - "The Terminal" ha l'unico grande difetto di girare attorno a personaggi troppo caricaturali. All'inizio Viktor pare uscito da un cartone animato da tanto sembra tonto, e anche in un paio di altre occasioni Spielberg lascia un po' troppo spazio alle gag che fanno parte della sceneggiatura forse solo per caricare l'aspetto comico della pellicola. D'altra parte, però, il cast è straordinario a sostenere l'impianto generale, senza che un attore paia migliore (o peggiore) di un altro. Certo lo spettatore simpatizza con quello strambo apolide, e si diverte e si appassiona per le sue disavventure, ma il meccanismo è talmente perfetto che anche a non prestarci attenzione entrano sotto pelle quei dialoghi cinici e quella situazione ai limiti dell'incredibile ma in fondo non così lontana dalla realtà. Una sensazione che neanche il finale - quello sì - troppo buonista può cancellare.