Vi invito a leggere questo articolo (bello lunghetto): In Iraq strategia perdente (scritto con il Corriere della Sera).
Per chi non ha voglia faccio un breve riassunto: secondo fonti del pentagono in Iraq il numero di guerriglieri, visto il numero è impossibile che siano tutti terroristi, è salito negli ultimi mesi fino a cento mila e gran parte del territorio è sotto il loro controllo (Falluja, Baquba, Samarra, Ramadi, Mahmudya, Iskandariya, Al Latifiya e la parte chiamata "Sadr City" a Bagdad).
Washington per bocca di Rumsfeld, il generale dei marines James Conway ed il generale Metz ha annunciato una possibile (e, a questo punto, certa) battaglie per "espugnare le città dove si annidano i ribelli e ripulirli", quindi casa per casa con rischi in vite umane, sia civili che soldati americani, che ciò comporta.
La "Doctrine for Joint Urban Operations" prevede di trasformare le città in "un campo di battaglia che favorisca le potenzialità delle forze attaccanti esercitando pressione sulle forze avversarie e influenzando quelle amiche, sfruttando l'ambiente informativo e soprattutto gli elementi della triade del combattimento negli abitati: terreno, popolazione e infrastrutture", distruggendo ostacoli come edifici, le infrastrutture (acqua, luce, comunicazioni) e forzando l'esodo della popolazione.
Intanto Rumsfeld, al termine di un incontro al Pentagono con il premier iracheno Iyad Allawi, non ha escluso un ritiro delle truppe americane dall'Iraq anche prima della pacificazione del Paese: «Qualsiasi ipotesi che quel Paese debba essere pacificato e perfetto prima che si possa procedere a una riduzione delle forze della coalizione e statunitensi sarebbe ovviamente, io credo, poco saggia perché quel Paese non è mai stato pacificato e perfetto ed è improbabile che lo sia».
Le elezioni democratiche del 2005 diventano sempre più improbabili in quello che è diventato un vero e propio campo di battaglia.
Fonte: Corriere della Sera