Berlusconi ha finalmente tirato fuori gli attributi, su un punto FONDAMENTALE del programma di governo: ridurre le tasse e contenere la spesa pubblica. La rivoluzione liberale passa soprattutto da questi due punti. Si può perdonare molto a berlusconi, ma questo il suo elettorato e i giornali vicini( e non servili) come Libero e il Foglio non glielo perdonerebbero mai...e sarebbe una sconfitta certa nel 2006.
Qui trovate l'articolo di Cronaca.
http://www.corriere.it/Primo_Piano/P...Elezioni.shtml
Qui trovate l'editoriale di Ferrara, che quoto alla grande. Anzi lo pubblico direttamente:
Bene Cav! Sulle tasse si fa così
Dopo le defatiganti mediazioni una scelta chiara è indispensabile
Alla fine, Silvio Berlusconi si è convinto che un governo che punta solo a durare non riesce neppure in quello. La mediazione in una coalizione è necessaria, le posizioni delle forze sociali e dei potentati economici vanno tenute presenti, ma tutto ciò ha un senso se serve a realizzare il programma su cui ci si è impegnati con gli elettori. La dichiarazione del premier a Bratislava è un’espressione, peraltro un po’ tardiva, di serietà. Abbassare le tasse e ridurre la spesa pubblica corrente non è un’invenzione dell’ultima ora, è il nucleo del programma liberale su cui è stata costruita la coalizione. La scelta è stata rinviata, o meglio applicata solo alle fasce di reddito più basse, per effetto della stagnazione seguita all’11 settembre (e dei pasticci nella coalizione). Poi il ministro dell’Economia che alla fine (dopo tentennamenti colbertisti) la perseguiva è stato licenziato perché non era abbastanza “collegiale”. Alla fine alcuni alleati di Forza Italia hanno cominciato a pensare che, impedendo a Silvio Berlusconi di attuare il suo impegno elettorale principale, lo si indeboliva e parallelamente ci si rinforzava come alleati: quest’ultima convinzione alla lunga è risultata falsa. Intanto ognuno cercava collegamenti esterni con i nemici della riforma, il partito delle tasse: tra gli altri, l’agguerrita corporazione dei dipendenti pubblici.
Puntavano sul fatto che Berlusconi, pur di durare, avrebbe digerito tutto, e per qualche giorno è sembrato che andasse a finire proprio così. Alla fine, però, il Cav. si è reso conto che la leadership non è una pura funzione formale. E’ una responsabilità che implica rischi e doveri. Rischi peraltro inferiori a quelli di una resa a discrezione che lo avrebbe costretto a gestire una fase di lunga agonia, in attesa di un verdetto elettorale inevitabilmente severissimo. Che cosa capiterà ora non si sa. All’interno di Alleanza nazionale e dell’Udc si conteranno e si misureranno le posizioni, ma su una scelta chiara, non sulle chiacchiere, sulle astruserie della collegialità, sui sofismi delle pari dignità. Naturalmente non è escluso che la coalizione, messa di fronte a una alternativa radicale, si sfasci. D’altra parte una maggioranza che non intende dar corso al programma su cui si è costituita perde il diritto morale a governare. Quanto a Berlusconi, come tutti i leader politici, può cadere. L’importante è che abbia deciso di non cedere senza combattere: quest’ultima, la via sicura per perdere.
E' una conditio sine qua non il punto che ho grassettato!
Da liberale non posso che essere favorevole.