E mentre la Resistenza irachena, continua a mietere vittime, il buon Pino Arlecchi ci sollazza lo spirito con una bella intervista a cura dell'unità:
http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=40528
Il voto sancirà una dittatura della maggioranza sciita»
ROMA «Altro che stabilizzazione democratica: le elezioni di domenica consegneranno l’Iraq nelle mani degli sciiti aprendo il campo ad una “dittatura della maggioranza” che innescherà altra violenza con forti connotati etnico-religiosi. Tutto ciò è il portato della strategia delirante dei neocons dell’amministrazione Bush». A sostenerlo è Pino Arlacchi, già vice segretario generale delle Nazioni Unite.
Per l’amministrazione Bush le elezioni irachene rappresentano un passaggio cruciale per la stabilizzazione del Paese. Ma è proprio così?
«No, non è così. E per una serie di motivi: innanzitutto il fatto fondamentale è che queste elezioni consegneranno l’Iraq nelle mani degli sciiti, vale a dire di una componenti etniche fondamentali del Paese, la più numerosa. Il rischio di una dittatura della maggioranza, che segua al risultato elettorale, è molto serio. Gli sciiti sono una comunità religiosa, oltre che un gruppo sociale, molto bene organizzata; a differenza dei sunniti, gli sciiti hanno un embrione di organizzazione religiosa, di gerarchia, simile a quella esistente in Iran. Lo scenario post-elettorale più realistico è che gli sciiti prenderanno in mano le redini dell’Iraq. Con quali garanzie per le minoranze sunnita, tradizionale detentrice del potere, e curda, con quali accordi, con quali politiche, questo è tutto da vedere. Certamente gli sciiti che si insedieranno al potere dopo il voto non sono dei moderati, non si tratta di filo-occidentali e neanche di filo-americani. La domanda da porsi è quale sia la razionalità ultima di ciò che sta accadendo...».
Se questa è la domanda di fondo, quale è la sua risposta?
«La risposta non va ricercata a Baghdad ma a Washington. Sta nello scontro di potere all’interno dell’amministrazione Bush; uno scontro consumatosi negli ultimi e conclusosi con la vittoria su quasi ogni piano dei “neocons” capeggiati da Cheney e Rumsfeld. Questa è l’amara realtà della quale bisognerà prendere atto e della quale mi sono reso conto personalmente in un recente soggiorno di lavoro a Washington. Negli incontri avuti ho riscontrato una forte e diffusa preoccupazione non solo tra i democratici ma anche in ambienti moderati repubblicani. L’aver voluto tenere a tutti i costi le elezioni è il portato del delirio neoconservatore di voler imporre la democrazia con le armi contro la cosiddetta tirannia. Le conseguenze destabilizzanti nel medio e lungo periodo di questa strategia non devono essere sottovalutate. Altro che stabilizzare l’Iraq e pacificare il Medio Oriente: l’effetto di questa strategia sarà l’esatto opposto, vale a dire la creazione di condizioni molto serie di destabilizzazione in Iraq, perché fare delle elezioni che valgono molto poco, con una componente fondamentale del Paese, i sunniti, che si auto-esclude e non aver prestato il minimo ascolto alle richieste ragionevoli di rinvio del voto, non avere trattato su questo punto, significherà porre le basi di una destabilizzazione dell’Iraq nel lungo periodo. Questa politica americana, lungi dal rafforzare le democrazie, finirà invece per rafforzare le tendenze più estreme all’interno del fondamentalismo e all’interno del mondo islamica; in pratica potremmo avere la realizzazione di un incubo temuto da tutti noi: la istaurazione di regimi formalmente democratici, prodotto di elezioni, ma che sviluppano rapidamente una deriva estrema. Regimi fondamentalisti che potremmo avere non solo in Iraq ma anche in Pakistan e se poi le ambizioni dei “democratizzatori” cresceranno questo processo si estenderà anche in altri Paesi della regione. Questo significa, ad esempio nel caso del Pakistan avere una democrazia fondamentalista, anti-occidentale, dotata di armi atomiche».
Diversi osservatori sostengono che le elezioni del 30 gennaio, con la vittoria annunciata degli sciiti, rafforzeranno sul piano geopolitico il regime di Teheran. Ma il regime degli ayatollah iraniani non era tra gli obiettivi prioritari della Casa Bianca e della sua componente più oltranzista?
«L’Iran è più che mai al primo posto tra le priorità della politica estera americana. Il delirio neoconservatore porterà presto a conseguenze drammatiche. Uso a proposito il termine delirio privo di ogni razionalità, perché da un lato si mettono al potere gli sciiti in Iraq, dall’altro lato si combatte l’Iran, si combatte un governo conservatore sciita spingendolo su posizioni ancora più estreme. Alla fine, il discorso consisterà in buoni rapporti fra gli estremisti e religiosi sciiti delle due parti, iraniana e irachena, con quali vantaggi per la democrazia e per la stabilizzazione questo bisognerebbe chiederlo a Cheney, Rumsfeld, Wolfowiz...L’offensiva politica contro l’Iran degli ultimi anni, ha distrutto il tentativo riformista del presidente Khatami e dei suoi, ha fatto prevalere nettamente gli ayatollah più conservatori, ha incoraggiato l’Iran, che si sente minacciato ormai nei suoi confini (ormai l’Iran confina con gli Stati Uniti, avendo una lunga frontiera con l’Afghanistan e con l’Iraq), a sviluppare programmi nucleari civili ma che possono avere anche un uso duale, compromettendo il tentativo di apertura e di dialogo che l’Iran di Khatami aveva iniziato, pienamente corrisposto, con l’Europa, e ponendo le promesse per una nuova catastrofe. Il punto più negativo e inquietante è che i “neocons” ormai spadroneggiano a Washington, hanno in mano il Presidente, hanno in mano la politica estera, con Condoleezza Rice. e hanno deciso di concentrare nel Pentagono il lavoro di intelligence che prima era svolto dalla Cia e da altre agenzie, facendo in modo che non ci sia più controllo parlamentare (a cui la Cia era sottoposta e il Pentagono no) e dando al Pentagono una centralità che non ha riscontro in nessuna democrazia occidentale».
Pino Arlecchi non propone un'alternativa alle elezioni, per fortuna non benedice i cecchini di al zarqawi. Forse era meglio Saddam che gli americani...sembra sottintendere. Perche una democrazia la decide sempre il popolo e se la costituzione garantisce anche le minoranze (come il primo abbozzo di costituzione include) con l'istituzione di 3 premier e varie garanzie per le altre etnie (vedere l'articolo del foglio pubblicato ieri) non capisco questa ottusità ideologica della sinistra, la stessa sinistra che a parole si è sempre battuta per la libertà, contro l'egoismo della destra.