Skyfall - (storia)
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Discussione: Skyfall - (storia)

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  1. #1

    Messaggio Skyfall - (storia)

    Finalmente ho completato questo breve racconto di 20000 parole che da tempo avevo in mente e che per un motivo o per un altro non ero mai riuscito a mettere nero su bianco. La maggior parte dei contenuti sono presi in prestito da altre opere ben più importanti: qualcuno vi troverà riferimenti ad Alien, Guerre Stellari, vari scrittori di fantascienza, la classica avventura da racconto pulp e una spruzzata di azione manga-style nei combattimenti. Beh, gli ingredienti sono più o meno questi ma in fondo è lo chef che li cucina e che li serve a fare la differenza (dite di si che mi fate contento ). Spero che la storia vi piaccia quanto è piaciuta a me scriverla: il finale è aperto ad ulteriori seguiti (è gradita la collaborazione di secondi, terzi e quarti, tanto la materia è vasta e c’è spazio per tutti) che probabilmente scriverò se ne avrò voglia e tempo.

    Ps: Il racconto è lungo una quarantina di capitoli: in via del tutto eccezionale e solo per stavolta posterò i primi tre, giusto per darvi un’idea dell’argomento trattato. In seguito posterò un capitolo al giorno.

    Pps: accetto critiche costruttive, distruttive, minacce, offese e avanches

    Buona lettura!



    1.

    L’allarme risuonò in tutta la nave quando la flotta dei Mordrak venne avvistata. Zeblin, il comandante, diede l’ordine di prepararsi alla inevitabile battaglia, ma sapeva bene che erano condannati. Non sarebbero mai riusciti a sfuggire alle più veloci navi degli invasori che mezzo secolo prima avevano devastato il loro pianeta natale.
    Il padre di Zeblin, il vecchio comandante, era riuscito a lasciare il pianeta ormai perduto con quella sola astronave e un migliaio di coloni nella speranza di sfuggire ai Mordrak e iniziare una nuova vita su di un mondo disabitato. Purtroppo per loro, i Mordrak erano macchine troppo efficienti e li avevano inseguiti per tutti quegli anni. Un centinaio di coloni, per lo più tecnici, indossarono le corazze da guerra e si prepararono a respingere l’attacco degli invasori.
    I Mordrak avrebbero cercato di catturare la nave per assimilare i loro corpi e i loro poteri, ma Zeblin e gli altri coloni non erano intenzionati a permettere una cosa del genere. Sapevano di essere condannati, ma volevano dare un’ultima speranza ai loro figli, così prepararono le capsule di salvataggio e le programmarono perché raggiungessero da sole il pianeta abitabile più vicino. Prima che le navi Mordrak fossero troppo vicine per intercettarli, lanciarono le capsule e le videro sparire nel buio della notte stellata.
    Come previsto, i Mordrak si disinteressarono delle capsule e attaccarono la nave principale, senza distruggerla. Subito i loro nanovirus aggredirono i sistemi elettronici dell’astronave, isolando tutti i sistemi. Zeblin e gli altri erano prigionieri nella loro stessa nave, in balia dei Mordrak che molto presto sarebbero saliti a bordo per assimilare i loro corpi.
    I Mordrak salirono a bordo ed eliminarono ogni resistenza e si diressero verso il luogo dove si era concentrata la maggior parte dei coloni. Molti di loro, appena usciti dal bozzolo, pregustavano la possibilità di assorbire gli incredibili poteri di cui erano dotati i corpi e le menti di quella razza aliena così debole e stolta da aver preferito la resistenza piuttosto che l’assimilazione.
    Si accorsero troppo tardi che non tutte le capsule precedentemente lanciate si erano allontanate dalla nave e che alcune stavano tornando indietro, puntando verso di loro.
    Si accorsero troppo tardi che quelle capsule erano state programmate per comportarsi esattamente in quel modo e che non si trattava di un errore o di un difetto dei computer di bordo.
    Ma solo all’ultimo momento, quando fu davvero TROPPO tardi, proprio nell’istante in cui i Mordrak, guidati dal loro comandante, facevano irruzione nella grande sala dove Zeblin e i suoi si erano riuniti in attesa della fine, che guardando i loro occhi e l’espressione trionfante sui volti di quella razza inferiore, finalmente compresero che erano persi.
    Le capsule, armate con testate distruttive in grado di disintegrare la crosta di un piccolo satellite, arrivarono proprio in quel momento. Nessuno le vide e le sentì esplodere e tutto quello che esisteva in una sfera di mille chilometri di diametro… smise semplicemente di esistere.
    Un piccolo sole brillò in una remota regione dello spazio e la sua luce guidò a destinazione un piccolo gruppo di capsule col loro carico di vita e di speranza.


    2.

    “Lyon!”
    Parole biascicate.
    “Svegliati Lyon”.
    “Hmmm. Lasciami in pace”.
    “Svegliati!”
    Il lamento delle sirene d’allarme aggredì i suoi timpani. Lyon Alexander impiegò tre secondi per passare dal sonno alla veglia e altrettanti per passare da quest’ultima allo stato di piena coscienza.
    Stava suonando l’allarme.
    Un allarme rosso!
    E lui era ancora mezzo addormentato.
    Saltò giù dalla sua branda e con movimenti automatici indossò l’uniforme che era appoggiata allo schienale di una sedia. Il suo alloggio sembrò roteare su se stesso mentre infilava il pezzo unico di tessuto che formava la sua uniforme abituale. Non indossò il berretto: sarebbe stato inutile con i capelli quasi rasati a zero e si precipitò fuori dal suo alloggio.
    La porta si aprì automaticamente scivolando di lato e lui fu nel corridoio che collegava gli alloggi dei sottufficiali. Davanti a se aveva gli ascensori automatici perennemente in funzione. Bastava entrarci e ordinare al computer di portarlo al livello desiderato.
    Nel corridoio, alcuni cadetti sembravano incerti sul da fare. Deve essere la loro prima esercitazione, pensò Lyon distrattamente. Presto si sarebbero abituati, o se ne sarebbero tornati a casa. Non c’era una via di mezzo. Non con Decker, il loro Sergente Istruttore.
    Proprio mentre stava pensando a lui, un ologramma si formò in una piccola nicchia della paratia. Il viso duro di Decker si formò velocemente e dagli altoparlanti nascosti da qualche parte proruppe la sua voce simile ad una cascata.
    “Alexander, vieni subito nell’hangar 9. Di corsa!”
    Lyon si trattenne a stento dall’imprecare e con un balzo entrò nell’ascensore. Un senso di vertigine gli afferrò lo stomaco come spesso accadeva entrandovi, ma ormai vi era abituato e non durò più di un attimo.
    “Hangar 9” disse con voce ancora mezza impastata dal sonno, e iniziò a scendere.
    L’ascensore funzionava con campi magnetici unidirezionali: era in pratica un tubo vuoto che scendeva (o saliva, a seconda dei punti di vista di chi l’usava) perpendicolarmente o con qualsiasi inclinazione avessero deciso i progettisti e trasportava chi vi si trovava tramite dei potenti campi magnetici. Era molto veloce e abbastanza comodo, una volta fattaci l’abitudine. La prima volta che ci era salito, Lyon aveva vomitato la cena e aveva continuato a vomitare per una settimana, prima di farci l’abitudine. Ora era quasi come salire o scendere le scale.
    Fermo.
    Era a destinazione.
    Con un piccolo balzo uscì dall’ascensore che continuò a funzionare ronzando sommessamente. Per fortuna, in quella zona le sirene d’allarme giungevano molto soffuse e i suoi pensieri non erano invasi dal loro martellante lamento.
    Avanzò lungo un corridoio fino all’hangar 9, a cui si accedeva tramite un portello più grande della media e adatto a far passare grossi carichi. Prima ancora che fosse completamente entrato, incrociò Griffin.
    “Decker è incazzato di brutto” disse con un’espressione infelice dipinta sul volto abbronzato. “Tanto per cambiare” aggiunse aggiustandosi l’uniforme grigio-azzurra.
    Lyon sospirò. La giornata era cominciata in modo pessimo.


    3.

    Decker, ritto su una piattaforma di metallo, stata strigliando i cadetti che si radunavano in tre file davanti a lui. Lyon e Griffin scivolarono in mezzo alla confusione sperando che il sergente non li notasse e invece sentirono una voce tuonante dire:
    “Alexander! Kowalsky!”
    Scattarono sull’attenti nel punto esatto dove si trovavano. Si erano aspettati una ramanzina per il ritardo con cui erano arrivati nell’hangar, ma sorprendentemente non arrivò.
    “Per voi due niente simulatore, per oggi. Vi aspetto nel mio ufficio alle nove-zero-zero precise, ovverosia tra mezz’ora circa, Tempo Standard”.
    Lyon e Griffin si scambiarono un’occhiata perplessa ed uscirono dalla fila, incerti su cosa fare. Decker non badava più a loro, impegnato com’era a tartassare un povero cadetto che aveva l’uniforme in disordine.

    “Ci è andata bene” disse Griffin mentre succhiava da un sacchetto di plastica la sua colazione, un omogeneizzato di vitamine, proteine e grassi appositamente studiato per il suo organismo. Lyon stava succhiando la sua da un sacchetto identico, anche se lo faceva controvoglia. Avrebbe voluto assaggiare del cibo vero, piuttosto che quella poltiglia.
    “Tu credi?”
    Griffin gli lanciò un’occhiata piena di stupore. “Ero sicuro che Decker ci avrebbe spellati vivi a causa del nostro ritardo”.
    Lyon annuì distrattamente. Finì di succhiare la sua colazione e la gettò in un inceneritore. Lo stesso fece Griffin quando ebbe finito la sua.
    Gli allarmi non suonavano più, l’esercitazione era finita. Griffin consultò il suo PDA e si lasciò sfuggire una risatina. “Debby Saunders si è beccata due settimane di rigore. Pare che abbia vomitato sugli stivali del suo sergente dopo essere uscita dal simulatore”.
    “Anche TU hai vomitato, la prima volta!”
    “Si, ma Debby è alla settima esercitazione. Secondo me dovrebbe convincersi che non fa per lei”.
    Continuarono a camminare e chiacchierare per far passare il tempo, ma si presentarono fuori dall’ufficio di Decker cinque minuti prima delle nove. Non era saggio sfidare troppo la fortuna.
    Alle nove precise, la porta dell’ufficio di Decker si aprì e lo sentirono dire: “entrate”.

    (continua...)

  2. #2
    AttrattoreStrano
    Ospite
    hai una buona tecnica;il genere ricorda Heinlein (avete presente il film (inguardabile) Starship Troopers? Heinlein è stato l'autore del romanzo e forse il più grande scrittore di fantascienza pre-Asimov). La critica te la faccio per la storia, che a me sembra un pò banale.Se vuoi un consiglio,sfrutta le tue capacità di scrittura ma fallo con qualcosa di originale.

  3. #3
    Citazione AttrattoreStrano
    hai una buona tecnica;il genere ricorda Heinlein (avete presente il film (inguardabile) Starship Troopers? Heinlein è stato l'autore del romanzo e forse il più grande scrittore di fantascienza pre-Asimov). La critica te la faccio per la storia, che a me sembra un pò banale.Se vuoi un consiglio,sfrutta le tue capacità di scrittura ma fallo con qualcosa di originale.
    troppo buono
    sinceramente, rileggendo mi accorgo ora che alcuni periodi o sono troppo lunghi o sono troppo brevi.
    vabbè, chi se ne frega. correggerò dopo.
    per la storia hai ragione, sembra banalotta ma in realtà... lo è.
    ok, diciamo che ci sarà qualche colpo di scena che ho sapientemente distribuito nel corso dei vari capitoli (che sono 40), però non mi sono allontanato troppo da alcuni capisaldi del genere (che è quello avventuroso-fantascientifico-pulp-spaceoperistico etc. etc.).
    ovviamente all'inizio la storia sembra lenta e già vista perchè devo spiegare alcune cose che altrimenti non potrei spiegare dopo: se vi avessi proiettato subito nel cuore dell'azione, non ci avreste capito niente, anche perchè i protagonisti faranno cose completamente fuori dal mondo.
    più tardi posto il capitolo successivo.

  4. #4
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    Citazione medius
    Finalmente ho completato questo breve racconto di 20000 parole che da tempo avevo in mente e che per un motivo o per un altro non ero mai riuscito a mettere nero su bianco. La maggior parte dei contenuti sono presi in prestito da altre opere ben più importanti: qualcuno vi troverà riferimenti ad Alien, Guerre Stellari, vari scrittori di fantascienza, la classica avventura da racconto pulp e una spruzzata di azione manga-style nei combattimenti. Beh, gli ingredienti sono più o meno questi ma in fondo è lo chef che li cucina e che li serve a fare la differenza (dite di si che mi fate contento ). Spero che la storia vi piaccia quanto è piaciuta a me scriverla: il finale è aperto ad ulteriori seguiti (è gradita la collaborazione di secondi, terzi e quarti, tanto la materia è vasta e c’è spazio per tutti) che probabilmente scriverò se ne avrò voglia e tempo.

    Ps: Il racconto è lungo una quarantina di capitoli: in via del tutto eccezionale e solo per stavolta posterò i primi tre, giusto per darvi un’idea dell’argomento trattato. In seguito posterò un capitolo al giorno.

    Pps: accetto critiche costruttive, distruttive, minacce, offese e avanches

    Buona lettura!



    1.

    L’allarme risuonò in tutta la nave quando la flotta dei Mordrak venne avvistata. Zeblin, il comandante, diede l’ordine di prepararsi alla inevitabile battaglia, ma sapeva bene che erano condannati. Non sarebbero mai riusciti a sfuggire alle più veloci navi degli invasori che mezzo secolo prima avevano devastato il loro pianeta natale.
    Il padre di Zeblin, il vecchio comandante, era riuscito a lasciare il pianeta ormai perduto con quella sola astronave e un migliaio di coloni nella speranza di sfuggire ai Mordrak e iniziare una nuova vita su di un mondo disabitato. Purtroppo per loro, i Mordrak erano macchine troppo efficienti e li avevano inseguiti per tutti quegli anni. Un centinaio di coloni, per lo più tecnici, indossarono le corazze da guerra e si prepararono a respingere l’attacco degli invasori.
    I Mordrak avrebbero cercato di catturare la nave per assimilare i loro corpi e i loro poteri, ma Zeblin e gli altri coloni non erano intenzionati a permettere una cosa del genere. Sapevano di essere condannati, ma volevano dare un’ultima speranza ai loro figli, così prepararono le capsule di salvataggio e le programmarono perché raggiungessero da sole il pianeta abitabile più vicino. Prima che le navi Mordrak fossero troppo vicine per intercettarli, lanciarono le capsule e le videro sparire nel buio della notte stellata.
    Come previsto, i Mordrak si disinteressarono delle capsule e attaccarono la nave principale, senza distruggerla. Subito i loro nanovirus aggredirono i sistemi elettronici dell’astronave, isolando tutti i sistemi. Zeblin e gli altri erano prigionieri nella loro stessa nave, in balia dei Mordrak che molto presto sarebbero saliti a bordo per assimilare i loro corpi.
    I Mordrak salirono a bordo ed eliminarono ogni resistenza e si diressero verso il luogo dove si era concentrata la maggior parte dei coloni. Molti di loro, appena usciti dal bozzolo, pregustavano la possibilità di assorbire gli incredibili poteri di cui erano dotati i corpi e le menti di quella razza aliena così debole e stolta da aver preferito la resistenza piuttosto che l’assimilazione.
    Si accorsero troppo tardi che non tutte le capsule precedentemente lanciate si erano allontanate dalla nave e che alcune stavano tornando indietro, puntando verso di loro.
    Si accorsero troppo tardi che quelle capsule erano state programmate per comportarsi esattamente in quel modo e che non si trattava di un errore o di un difetto dei computer di bordo.
    Ma solo all’ultimo momento, quando fu davvero TROPPO tardi, proprio nell’istante in cui i Mordrak, guidati dal loro comandante, facevano irruzione nella grande sala dove Zeblin e i suoi si erano riuniti in attesa della fine, che guardando i loro occhi e l’espressione trionfante sui volti di quella razza inferiore, finalmente compresero che erano persi.
    Le capsule, armate con testate distruttive in grado di disintegrare la crosta di un piccolo satellite, arrivarono proprio in quel momento. Nessuno le vide e le sentì esplodere e tutto quello che esisteva in una sfera di mille chilometri di diametro… smise semplicemente di esistere.
    Un piccolo sole brillò in una remota regione dello spazio e la sua luce guidò a destinazione un piccolo gruppo di capsule col loro carico di vita e di speranza.
    ecc...


    (continua...)
    ottimo tema da dare alla prof di italiano
    ho letto un pò e non mi sembra male esla parte del tipo che vomita sugli stivali dell'altro)
    cmq non mi pare male complimenti ora lo leggerò tutto...

  5. #5
    visto che ieri non ho potuto, ecco i due capitoli successivi: spero che siano un po' più interessanti.
    mi raccomando criticate pure perchè senza critiche non si migliora (e io ne ho un disperato bisogno )

    4.

    Decker era seduto dietro una scrivania di plastica. Un olomonitor mostrava una riproduzione in scala dell’Aurora, la nave da battaglia che ora fungeva da nave scuola della Flotta. Lyon l’aveva vista così tante volte da fuori che la riconobbe quasi subito, benché la nave fosse perfettamente uguale ad altre decine che si trovavano sparpagliate nell’immenso territorio dell’Unione dei Mondi.
    Dall’espressione di Griffin, capì che i suoi pensieri erano i medesimi. D’altronde, si erano addestrati insieme per tutti quei mesi.
    “Vi starete chiedendo perché oggi avete saltato l’esercitazione” disse Decker una volta che si furono piazzati sull’attenti davanti alla scrivania.
    Annuirono.
    “Ho degli ordini per voi due mezze cartucce. Ordini dall’alto Comando di Flotta. Non so se mi spiego.” Il solito vecchio Decker, pensò Lyon. “Ora, sinceramente non ho idea di come possiate essere utili all’Alto Comando voi due lavativi, ma siccome ho ricevuto l’ordine di imbarcarvi sul primo trasporto per Rydan Gamma Sette, mi vedo costretto a farvi partire prima che il vostro addestramento sia completo.”
    “Rydan Gamma Sette?” esclamarono sorpresi e all’unisono Lyon e Griffin.
    L’olomonitor mostrò un pianeta giallognolo circondato da alcune lune. Una di queste era di colore verde-azzurro.
    “Rydan Gamma è un gigante gassoso del sistema omonimo. Ha undici lune, la settima delle quali, in ordine di minor distanza dal pianeta centrale, ospita una base della Flotta dell’Unione” Decker pronunciò le parole tutte d’un fiato.
    Lyon osservava l’olomonitor con gli occhi pieni di stupore. “Perché noi due, Signore?” chiese con un filo di voce.
    Decker scrollò le spalle. “Non lo immaginate da soli?” ma più che una domanda il suo era un ordine che diceva pressappoco: tenete la bocca chiusa su questo argomento.
    Griffin e Lyon si guardarono bene dal continuare il discorso. C’erano cose di cui era saggio non discutere.
    L’olomonitor mostrò il volto di un sottufficiale. “Sergente Decker, il trasporto che avete chiesto è pronto nell’hangar sedici”.
    “E’ il vostro” disse Decker seccamente. “Troverete la rotta registrata nel computer di bordo. I parametri sono già stati impostati: vi basterà schiacciare un bottone e la navetta vi porterà a destinazione da sola. Spero che questo non sia troppo complicato per voi lattanti”.
    Era tutto. Conoscendo Decker, difficilmente avrebbe aggiunto altro o si sarebbe lasciato andare a delle cerimonie per quello che a tutti gli effetti era un addio.
    Per motivi che ancora non potevano immaginare, non sarebbero mai più tornati sull’Aurora.


    5.

    Come promesso da Decker, la navetta era pronta per la partenza e non dovettero far altro che pilotarla fuori dall’hangar, manovra che avrebbero potuto lasciare ai computer ma che Lyon e Griffin insistettero per fare manualmente.
    In fondo erano piloti. Quello era il loro mestiere.
    Appena fuori dall’hangar, osservarono con un misto di nostalgia e sollievo il profilo familiare dell’Aurora, che a dire la verità non era né aggraziata né elegante. Era in effetti un grosso cilindro in polimetallo rinforzato, lungo settantadue metri da una estremità all’altra e largo sedici. Presso il centro vi erano due ruote del diametro di cinquanta metri collegate col cilindro principale da otto condotti pressurizzati.
    Le “ruote” ospitavano gli alloggi e gli altri ambienti vivibili, mentre nel “cilindro” vi erano i motori, gli hangar e le armi di cui disponeva l’Aurora. Non erano un granché a dire la verità, ma per una nave scuola piena di cadetti pasticcioni erano già sufficienti.
    Due caccia dalla forma affusolata sfrecciarono troppo vicini ad una delle ruote, venendo respinti dal campo di forze che le circondava. I due caccia ruotarono come trottole impazzite per alcuni secondi mentre i piloti cercavano di riprenderne il controllo. Finalmente ci riuscirono e si guardarono bene dal ripetere la bravata: con un’angolazione diversa potevano causare seri danni ai loro mezzi.
    Lasciarono che il computer di bordo eseguisse le manovre automatiche di routine e a loro non rimase che attendere e confermare ogni ordine.
    Un minuto dopo erano lanciati a centonovanta volte la velocità della luce verso un ammasso di stelle a sei anni-luce di distanza.
    “A questa velocità impiegheremo 12 giorni per arrivare su Rydan Sette” annunciò Griffin.
    Lyon stava per dire qualcosa, poi guardò l’olomonitor e assunse un’espressione allarmata. “Peccato che la rotta che stiamo seguendo non ci porterà affatto su Rydan Sette”.
    “Cosa?” Griffin non era solo meravigliato. Era atterrito. “Non è possibile” aggiunse incredulo mentre interrogava il cervello elettronico della navetta.
    Un errore del computer, sebbene non fosse raro, era un’eventualità che aveva così poche possibilità di verificarsi da essere ritenuta quasi una leggenda. E se il computer sbagliava, chissà dove sarebbero potuti finire.
    “Ho paura che non sia la notizia peggiore” disse con tono grave Lyon mentre osservava le cifre su di un altro olomonitor. “Non abbiamo abbastanza carburante e vettovaglie per raggiungere una delle stelle più vicine”.
    Ora Griffin aveva davvero paura. Perdersi nello spazio era già brutto di per se, ma perdersi e rimanere senza carburante né cibo era anche peggio. “Invertiamo la rotta. Subito. Qualcuno sull’Aurora deve aver commesso un errore gravissimo”.
    “Aspetta”. Lyon cercava di mantenere la calma e di ragionare. “Supponiamo che sia una specie di test. Ci stanno mettendo alla prova per vedere come reagiamo in una situazione di emergenza”.
    “Si… sarebbe tipico di Decker”. Griffin si sentì rassicurato da quel pensiero. “Che cosa dobbiamo fare secondo te?”
    “Atteniamoci agli ordini che abbiamo ricevuto. Qualcuno voleva che salissimo su questa navetta credendo di andare su Rydan Sette mentre ci ha mandati da tutt’altra parte. Vediamo che succede ora”.
    “E se rimaniamo bloccati nel mezzo del nulla senza cibo né carburante?”.
    Lyon scrollò le spalle. “Allora cominceremo a preoccuparci”.
    “Lyon… questo piano fa schifo”.
    “Hai un’idea migliore?”
    “No… anzi, si: torniamo indietro”.
    Lyon guardò l’olomonitor. “Non credo sia possibile. Il computer mi ha appena comunicato che ci vieterà l’accesso ai sistemi principali finché non avrà raggiunto il punto stabilito”.
    “Vuoi dire che non abbiamo il controllo della navetta?”
    “Temo di si. Ormai siamo in ballo e dobbiamo ballare”.
    Ultima modifica di medius; 6-02-2005 alle 13:01:38

  6. #6
    cento letture e solo tre commenti?

    6.

    La navetta li portò a due anni luce dall’Aurora, prima di fermarsi nel bel mezzo del vuoto stellare. Tecnicamente non erano fermi: andavano alla deriva ad una velocità di 0,03c lungo una iperbole che li avrebbe riportati indietro in…
    “Settemilacinquecentoottantuno anni” annunciò Lyon dopo che il computer gli ebbe trasmesso i calcoli esatti.
    Griffin emise un gemito. “Bene. Almeno so che i miei resti verranno sepolti. Davvero confortante”.
    “Non essere così melodrammatico, Griffin. Sai meglio di me che possiamo cavarcela anche senza cibo e ossigeno”.
    “Devo ricordarti che anche noi abbiamo bisogno di mangiare, ogni tanto?”
    “Ti sei abituato troppo alla commedia che facevamo sull’Aurora. Stai permettendo alla tua parte umana di prevalere. Questo non è un bene”.
    “Stai violando tutte le norme di sicurezza, Lyon. Questa conversazione potrebbe essere registrata, anzi è quasi certo che il computer la stai registrando e ritrasmettendo a…”
    “Io invece sono sicuro che chi è in ascolto sa benissimo chi siamo e di cosa siamo capaci. E ci sta mettendo alla prova, anzi: ci sta sfidando a mostrarci per quello che veramente siamo”.
    “Credi che Decker…”
    “Al diavolo Decker!” Esclamò Lyon togliendosi l’uniforme e rimanendo del tutto nudo nella navetta. La pelle rosea del ragazzo stata cominciando a scurirsi in diversi punti. Lyon era concentrato nello sforzo, un’espressione grave dipinta sul giovane volto.
    “Non vorrai mica…” Griffin scosse la testa.
    “Si” rispose Lyon con uno sforzo. Ora tutta la pelle era diventata grigia e coriacea. Al tatto, sarebbe risultata dura come il polimetallo che rivestiva l’Aurora. Biometallo, l’avevano chiamata così gli scienziati del Centro Ricerche che avevano studiato quel fenomeno.
    Lyon era capace, con la sola volontà, di trasformare la pelle del suo corpo in una sostanza resistentissima in grado di resistere agli irraggiamenti più intensivi. Una volta, quando si trovava ancora la Centro Ricerche, i ricercatori avevano staccato una scaglia di biometallo col laser più potente che avevano: appena separato dal resto del suo corpo, la pelle era ridiventata…pelle, perdendo tutte le sue incredibili capacità.
    “Avanti, tocca a te” disse Lyon, la voce leggermente trasformata.
    Griffin sospirò e cominciò a spogliarsi. “E poi che cosa facciamo?”
    “Usciamo” rispose Lyon mostrando un sorriso biometallico.


    7.

    Prima di uscire, presero delle armi, anche se difficilmente sarebbero servite a qualcosa lì fuori. Fluttuarono a qualche metro dalla navetta, un cilindro tozzo con una estremità appuntita. Costruire mezzi aerodinamici era uno spreco, nello spazio vuoto. Questo però escludeva a priori che la navetta potesse atterrare o decollare da un pianeta.
    Ovviamente nessuno dei due portava un casco o una tuta, né aveva bisogno di respirare ossigeno.
    “Va bene, abbiamo dato un’occhiata al panorama” disse Griffin in tono lamentoso. La sua voce arrivava a Lyon tramite un comunicatore che entrambi avevano impiantato nel corpo fin da bambini. “Che ne diresti di rientrare?”
    “Ascolta. Se ci rintaniamo nella navetta non verremo a capo di niente. Voglio scoprire chi ci ha mandati qui e per quale motivo”.
    “Secondo te esiste un motivo?”
    “Si. Se il satellite che si trova a mezzo chilometro da noi sta davvero rallentando”.
    Griffin guardò nella direzione indicata da Lyon e seppe. Era comodo avere un radar impiantato nel corpo, soprattutto se ti trovi a galleggiare nel vuoto.
    “Non vorrai..” ma prima ancora che avesse il tempo di finire la frase, Griffin si accorse che l’amico si stava già dirigendo a gran velocità verso il punto in cui si trovava il satellite.
    Con un sospiro silenzioso, seguì Lyon mantenendosi ad una certa distanza.
    I sensori distribuiti nel suo corpo gli dissero che il satellite era fatto di polimetallo come l’Aurora e la navetta, quindi era quasi certamente di natura umana. Non si vedevano entrate o finestre o scarichi del motore. Era un semplice oggetto di metallo che fluttuava nello spazio, alla deriva.
    Nonostante ciò, sia Griffin che Lyon ne furono subito irresistibilmente attratti e vi si avvicinarono. Era l’istinto che li portava ad agire in quel modo, si sarebbero resi conto solo più tardi. Quel oggetto ricordava loro qualcosa. Qualcosa che avevano rimosso ma non del tutto dimenticato.
    Qualcosa che aveva a che fare con la loro natura.
    Era una bara.
    Un sarcofago.
    La stessa con cui i loro simili erano giunti fin nello spazio controllato dagli umani.
    Anni prima…

  7. #7
    Mvesim
    Ospite
    Ho letto i primi due capitoli e lo spirito fanta-scientifico mi piace parecchio.
    Forse è presto per dare un'opionione generale sul racconto, ma la piega iniziale è nettamente positiva... misteriosa e con parecchie domande che possono incuriosire il lettore.

    PS: Leggerò al giorno sempre e solo 2 capitoli, sia per non rendermi pesante il racconto leggendolo tutto in un colpo solo sia per poter dare un giudizio più equo possibile.
    PS2: Non postare troppo (per troppo intendo 2 capitoli in un solo post) in un colpo solo, così facendo rischi solo di spaventare il lettore!


  8. #8
    Citazione Mvesim
    Ho letto i primi due capitoli e lo spirito fanta-scientifico mi piace parecchio.
    Forse è presto per dare un'opionione generale sul racconto, ma la piega iniziale è nettamente positiva... misteriosa e con parecchie domande che possono incuriosire il lettore.

    PS: Leggerò al giorno sempre e solo 2 capitoli, sia per non rendermi pesante il racconto leggendolo tutto in un colpo solo sia per poter dare un giudizio più equo possibile.
    PS2: Non postare troppo (per troppo intendo 2 capitoli in un solo post) in un colpo solo, così facendo rischi solo di spaventare il lettore!

    ok, seguirò il tuo consiglio mveso

    8.

    Trascrizione di un dialogo tra due ricercatori del Centro Ricerche Biologiche, Titano, Sistema di Sol.

    “Che cosa possono fare?”
    “Molte cose. Sono eccezionali”.
    “Possono mutare forma e dimensioni del corpo?”
    “Non solo. Possono anche cambiare la combinazione molecolare dei loro tessuti: pelle, ossa, organi interni. Persino il sangue”.
    “Sembrano umani”.
    “Ibridi. Noi preferiamo chiamarli così. Non siamo riusciti ad isolare un polimorfo puro: non sopravvivono oltre la seconda settimana e non sappiamo cosa li uccida. Se però fondiamo il loro patrimonio genetico con quello umano, otteniamo dei risultati abbastanza stabili”.
    “Quanto stabili?”
    “Oltre le venticinque settimane, ma contiamo di arrivare ad un anno abbastanza in fretta. Sfortunatamente, solo un soggetto su centomila sopravvive così a lungo. Gli altri degenerano progressivamente tra la quindicesima e la ventitreesima settimana di vita”.
    “E gli altri? I soggetti Alfa?”
    “Statisticamente, sono un’eccezione. La loro sopravvivenza è dovuta ad una irripetibile combinazione di eventi fortuiti. Per esempio, il soggetto AB703, nonostante fosse stabile, era affetto da alcune rare malformazioni congenite che hanno finito con l’uccidere la parte umana dell’ibrido”.
    “Ho sentito di degenerazione psichica…”
    “Si” tono nervoso. “Si, è così. Non so come sia trapelata la notizia, ma è vero: abbiamo avuto dei casi in cui il soggetto, fisicamente sano, era afflitto da turbe psichiche di vario genere”.
    “E da cosa erano causate?”
    “Non lo sappiamo. Clinicamente parlando, il loro cervello era perfettamente sano, come i loro corpi. Assolutamente perfetti, ma irrimediabilmente folli. La maggior parte di questi soggetti si è suicidato o è stato soppresso per motivi di sicurezza. Gli altri li teniamo in osservazione. Noi li chiamiamo soggetti OMEGA”.
    “Quando saranno pronti i soggetti BETA?”
    “Quando avremo terminato la sperimentazione sugli ALFA. Quando scopriremo cosa li rende così stabili, avremo la chiave per produrli in serie”.
    “Cosa prevede ora la sperimentazione sui soggetti Alfa?”
    “Integrazione. Dobbiamo studiare come si integrano nella nostra società. È chiaro che devono mantenere segreta la loro natura, ma col giusto condizionamento non sarà difficile. Stiamo anche pensando di impiantare nei loro corpi tutta una serie di upgrade cibernetici”.
    “Dovrò stendere un rapporto sui progressi compiuti dal vostro Centro”.
    “Spero che ci aiuti ad ottenere quei finanziamenti che chiediamo da tempo”.
    “Non credo che ci saranno problemi ad ottenere quei finanziamenti, visto l’interesse che le vostre ricerche stanno riscuotendo tra le gerarchie dell’Alto Comando…”

    Il resto della trascrizione è stata posta sotto segreto militare.

  9. #9
    Utente L'avatar di costanet
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    Citazione AttrattoreStrano
    hai una buona tecnica;il genere ricorda Heinlein (avete presente il film (inguardabile) Starship Troopers? Heinlein è stato l'autore del romanzo e forse il più grande scrittore di fantascienza pre-Asimov).
    Asimov e Heinlein erano pressochè contemporanei.
    Sto giocando: Uncharted waters Gioco su:PS3

  10. #10
    AttrattoreStrano
    Ospite
    Citazione costanet
    Asimov e Heinlein erano pressochè contemporanei.
    pressochè: quando Asimov ha pubblicato il suo primo racconto, Heinlein era già considerato tra i più grandi del genere.

  11. #11
    Utente L'avatar di costanet
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    Citazione AttrattoreStrano
    pressochè: quando Asimov ha pubblicato il suo primo racconto, Heinlein era già considerato tra i più grandi del genere.
    Entrambi esordirono nel 1939. Solo che Heinlein era un reazionario perfettamente integrato nella società americana dell'epoca esprimendone le tendenze e Asimov un povero fuoriuscito bolscevico.
    Sto giocando: Uncharted waters Gioco su:PS3

  12. #12
    Mvesim
    Ospite
    Perfetto, sono arrivato sino al quinto capitolo (recuperandone uno che avevo dimenticato di leggere ieri).

    Il racconto, che mi pareva proseguire lento nel terzo e quarto capitolo, ha avuto una curiosa svolta nel quinto capitolo... mi è piaciuto molto perchè non me l'aspettavo. BRAVO!

    L'ambientazione è perfetta; forse un po' banale l'Unione dei Mondi, ma visto che nella realtà abbiamo gli Stati Uniti, direi ch'è più che perfetta.

    Alcuni errori di lettura che forse impediscono una lettura scorrevole: usi troppi punti fermi; al loro posto usa i punti e virgola e i due punti.
    Inoltre in questo pezzo fai pensare un personaggio:
    “Ho degli ordini per voi due mezze cartucce. Ordini dall’alto Comando di Flotta. Non so se mi spiego.” Il solito vecchio Decker, pensò Lyon. “Ora, sinceramente non ho idea di come possiate essere utili all’Alto Comando voi due lavativi, ma siccome ho ricevuto l’ordine di imbarcarvi sul primo trasporto per Rydan Gamma Sette, mi vedo costretto a farvi partire prima che il vostro addestramento sia completo.”
    Per maggior chiarezza inserirei delle barrette - a inizio e a fine pensiero per una più facile lettura.

    Continua così! Domani proseguo la lettura!


  13. #13
    9.

    Lyon fluttuò a poche decine di metri dall’oggetto.
    Era un parallelepipedo perfetto. Otto metri per tre metri per tre metri. Settantadue metri-cubi. L’interno era cavo. Nessuna entrata. Nessuno scarico dei getti. Superficie uniforme. Levigata, nera e in grado di assorbire qualsiasi radiazione la colpisse. Non del tutto, però. Il radar di Lyon l’aveva individuato quasi subito.
    Griffin si diede una spinta in direzione dell’oggetto ma si arrestò ad una distanza di sicurezza. Navigavano nello spazio usando il terzo principio della dinamica. Sui loro corpi, in direzione del moto, vi erano delle microscopiche “bocche” in grado di catturare gli atomi vaganti e di incanalarli lungo l’asse del loro corpo attraverso dei microcondotti. Ugelli altrettanto microscopici espellevano il getto di gas, provocando il moto nella direzione opposta.
    Semplice ma efficace. Potevano regolare velocità, accelerazione e manovrabilità semplicemente variando la quantità di gas espulsa o riconfigurando la posizione degli ugelli e delle bocche.
    Lyon e Griffin avevano imparato a “navigare” nello spazio profondo allenandosi nell’orbita di Titano. Potevano usare quella tecnica anche in un atmosfera densa, a patto però che i loro corpi assumessero una conformazione aerodinamica.
    “E’ un proiettile” disse Lyon dopo averla osservata per alcuni momenti, in silenzio.
    “Cosa?”
    “Non è una navetta, tecnicamente parlando. Non è in grado di muoversi autonomamente. Niente ugelli per il getto di plasma, niente motori. Niente, insomma. È una scatola vuota”.
    “Meraviglioso” esclamò Griffin in tono sarcastico. “Cosa ci facciamo qui, allora?”
    “Temo che il motivo per cui noi adesso siamo qui risieda proprio in questo oggetto” sentenziò Lyon avvicinandosi a pochi metri dall’oggetto.
    “Non farlo, non sappiamo se quel coso sia attivo o meno”. Anche Griffin però aveva cominciato ad avvicinarsi.
    Lyon lo ignorò. “C’è un solo modo per scoprirlo”. Nei suoi occhi polimetallici brillava una strana luce.
    Griffin scosse la testa rassegnato e lo seguì malvolentieri.
    Lyon si limitò a fare giri sempre più stretti attorno all’oggetto esaminandolo da tutte le angolazioni possibili. Non scoprì niente più di quanto gli avessero già confermato gli strumenti elettronici di cui poteva disporre.
    Lyron si avvicinò lentamente all’oggetto e protese una mano polimetallica. Lo toccò. Freddo. Liscio. Perfettamente levigato. Non avvertì alcuni disturbo, né alcuna sensazione strana.
    All’improvviso urlò qualcosa. “Oh *****!”
    Griffin si sentì raggelare a quell’urlo e gli fu subito accanto. “Te l’avevo detto di non toccarlo…”. Si arrestò di colpo quando vide Lyon ridere di gusto. “Idiota”. Rispose Griffin ma poi rise di rimando e, vinta l’iniziale diffidenza, tocco anch’egli l’oggetto.
    “E’ freddo, ma non gelato”.
    “Già. Eppure siamo lontani anni-luce da una stella. Dovrebbe come minimo essere vicino allo zero assoluto”.
    “Riscaldamento interno?”
    “E cosa se no? Se mantiene il calore interno, significa che non è un guscio vuoto”.
    “Pensi che..” Griffin non ebbe il tempo di terminare la frase che subito ritrasse d’istinto la mano con cui l’aveva toccato.
    L’oggetto stava vibrando.
    Per prudenza si allontanarono di qualche metro e videro quello che stava accadendo.
    Una delle estremità dell’oggetto stava letteralmente perdendo sostanza. Da opaca, il lato di tre metri per tre divenne semi-trasparente e poi del tutto trasparente. Videro che l’interno era buio.
    Lyon guardò Griffin. “Sembra che siamo stati invitati ad una festa”. E fece per dirigersi verso l’apertura.
    Griffin l’afferrò per un braccio. “E se fosse una trappola?”
    Lyon guardò l’interno buio dell’oggetto. “C’è un solo modo per scoprirlo” e continuò ad avvicinarsi lentamente. Griffin lo seguì qualche istante dopo.
    Entrarono attraverso l’apertura. L’interno dell’oggetto era completamente buio. Quando furono entrambi all’interno dell’oggetto, Lyon si accorse con orrore che l’apertura attraverso la quale erano passati stava cominciando a riformarsi. Tentò di tornare sui suoi passi, ma non riuscì a muoversi se non a costo di sforzi immensi.
    “Campi di forza” disse Griffin che stava avendo le stesse difficoltà.
    L’apertura si richiuse su di loro. Erano in trappola.

  14. #14
    Mvesim
    Ospite
    Perfetto, ho letto il settimo e ottavo capitolo e sono rimasto un po' stupefatto per questi superpoteri... purtroppo come dovresti sapere non mi piacciono tanto i superuomini, cmq proseguirò la lettura.

    Continua così!


  15. #15
    Citazione Mvesim
    Perfetto, ho letto il settimo e ottavo capitolo e sono rimasto un po' stupefatto per questi superpoteri... purtroppo come dovresti sapere non mi piacciono tanto i superuomini, cmq proseguirò la lettura.

    Continua così!

    superpoteri=superproblemi
    cmq non sono così "super": qualche limite ce l'hanno

    10.

    “Non è stata una buona idea mandarli da soli” disse il viso che era apparso sull’olomonitor un istante dopo aver accettato la chiamata.
    Decker fece una smorfia. “Non c’era altro modo di procedere. La sicurezza della nave era stata compromessa”.
    “Come può essere sicuro che…”
    “Non sono sicuro di niente” proruppe la voce imperiosa del sergente istruttore. “So solo che dovevo proteggere la sicurezza di tutta questa operazione e che non c’era altro modo, col poco tempo che avevo a disposizione”.
    “Nessuno la sta accusando di niente, Decker”.
    “Certo, come no”, rispose Decker sarcastico. “Su chi crede che ricadrà la colpa, se tutto si rivelerà un fallimento? Su di me, ovviamente”.
    “Potremmo pilotare la commissione d’inchiesta, Decker. Le copriremo le spalle. Noi non dimentichiamo chi ci serve fedelmente”.
    “Balle! Mi scaricherete alla prima occasione. Scommetto che non vivrò abbastanza per testimoniare di fronte ad una commissione d’inchiesta, quindi preferisco farla finita subito”.
    “E’ un peccato dover interrompere un rapporto di lavoro che si è dimostrato così fruttuoso per tutti noi. Sarei felice se ci ripensasse signor Decker”.
    “Se lo scordi. Ho giurato di non mandare i miei uomini alla morte e sono venuto meno a questo giuramento.”
    “Agendo in questo modo non riporterà indietro le lancette dell’orologio, senza contare che i suoi uomini non sono ancora morti”.
    “Avete sempre una risposta a tutto voialtri, vero?”
    “Non sempre, ma facciamo in modo di avere almeno una possibilità di rispondere”.
    “Allora risponda a questo: se lì fuori troverete quello che vi aspettate di trovare, cosa ne farete?”
    “Ci darebbe una risposta definitiva a tutti i quesiti irrisolti che ci siamo posti negli ultimi anni… e probabilmente ce ne porrebbe altri”.
    Decker rimase in silenzio mentre contemplava la volta stellata. Aveva preso la sua decisione.

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