Nell'equazione del calcio gli arbitri sono una variabile al pari del tempo atmosferico. Gli errori arbitrali possono essere paragonati alla pioggia che interferisce con il lineare svolgimento della partita. Davanti a questa constatazione si possono avere due atteggiamenti: uno passivo e uno attivo.
Nel primo caso si accetta la situazione così come arriva, con fatalità. In campo i calciatori cercheranno semplicemente di fare più gol dell'avversario nonostante gli "imprevisti" atmosferici (leggi errori arbitrali).
Nel secondo, ci si deve prodigare al fine di correggere o limitare l'influenza delle variabili, adottando delle adeguate misure preventive. Per il tempo atmosferico le contromisure saranno: il drenaggio dei campi con appositi strumenti, coperture riscaldate delle zolle, copertura dello stadio, ecc.
E nel caso degli errori arbitrali? La risposta si troverà nell'utilizzo di strumenti che aumentino le potenzialità dell'occhio umano, in quanto nel 99% dei casi si tratta di "non aver visto".
L’atteggiamento improntato a cercare di risolvere il problema mi sembra il più ovvio, perciò non capisco il rifiuto di agire se non con il fatto che si intende continuare a gestire questo mondo in modo decisamente "arbitrale".
Per afferrare l'utilità della tecnologia basta osservare l'enorme contributo che ha dato negli altri sport. Pensiamo ad esempio all'atletica: ma c'è lo vedete l'omino-giudice sulla linea d'arrivo dei cento metri con il cronometro in mano che schiaccia il pulsantino per fermare e stabilire il tempo dell'atleta. Riuscirà a prendere il tempo reale? Riuscirebbe a stabilire il vincitore durante un arrivo di gruppo, senza l'aiuto del photofinish? Tutto sarebbe basato sui suoi riflessi, sul suo "riuscire a vedere", sul suo giudizio arbitrario…appunto! (tanto è vero che nel salto in lungo dove si usa ancora il metodo a vista per stabilire se l'atleta ha superato il limite di salto, le porcherie arbitrali abbondano; Fiona contro la spagnola un esempio da non dimenticare).