Allora x fare un po di chiarezza sull'ormai prossimo referendum posto 1 articolo preso dal ilnuovo.it che fa chiarezza sulla decisione da prendere....
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ROMA- Tre giorni di campagna elettorale, uno di silenzio poi, di nuovo alle urne. L'estensione della tutela dell'articolo 18 (reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto o, nel caso il lavore volesse, 15 mensilità) nelle aziende che hanno meno di 16 dipendenti è la domanda che gli italiani si troveranno di fronte domenica prossima.
Una domanda che divide il centrosinistra e rompe l'asse che ha portato alla vittoria nel turno elettorale appena concluso. Una domanda che colloca un pezzo d'Ulivo da una parte, quella dell'astensione, e Rifondazione comunista, Italia dei valori, Verdi, Comunisti italiani dall'altra, quella del "sì". Una domanda che divide anche il sindacato: Cgil da una parte, quella del "sì" e Cisl e Uil dall'altra, quella dell'astensione. Una domanda che mette d'accordo la maggioranza sull'astensione, con qualche deragliamento sul "no", sul quale insiste, per esempio il ministro del Welfare, Roberto Maroni.
E, infine, una domanda che mette insieme - ma qui le divisioni sono sempre minori - i datori di lavoro, piccoli e grandi, con un maggior impegno, stavolta, di artigiani e commercianti che allargano l'astensione di Confindustria in un "no" che è diventato anche campagna elettorale.
Si vota, dunque. E le ragioni del "sì", del "no" o dell'"astensione" sono una volta tanto abbastanza semplici.
Chi dice "si" parte dall'assunto che la tutela contro il licenziamento ingiusto, soltanto quello ingiusto, deve essere la più larga possibile e quella che oggi abbiamo in Italia è quella fornita dalle Legge 300 del 1970 meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori. In base all'articolo 18 di quella legge, chi viene ingiustamente licenziato, così deve decidere il giudice, deve essere riammesso al lavoro. Lo stesso lavoratore può scegliere, solo in questo caso, un'indennità pari a 15 mensilità di salario. Ciò, però, avviene nelle aziende che hanno superato i 15 dipendenti, e dunque ne sono escluse circa l'85 delle imprese. In Italia un'azienda media ha 6,6 dipendenti.
Chi dice "no" vuol lasciare le cose come stanno e soprattutto vuol mandare un segnale politico ai promotori della consultazione. Chi dice "no" vuole vincere sul "sì" per dimostrare che gli italiani hanno scelto la strada della flessibilità e che ogni nostalgia di rigidità non ha speranza.
Chi sceglie l'astensione vuol lasciare le cose come stanno, ma qui la partita è fatta di più mosse. Perché, se è vero che Silvio Berlusconi e Pietro Fassino non andranno a votare, le motivazioni che li spingeranno a compiere lo stesso gesto sono assolutamente diverse.
I Ds, per esempio, hanno presentato proposte di legge che mirano ad estendere i diritti a chi non ne ha alcuno come i Co.co.co che nella nuova Legge Biagi si chiamano lavoratori a progetto. Chi si astiene vuol far mancare il quorum, una delle possibilità che offre il referendum e quindi una chiara indicazione di voto.
E se nel centrosinisrta si mira a far mancare il quorum per poi insistere sulle leggi presentate e che estendono i diritti, nel centrodestra, come in Confindustria, si opta per l'astensione per andare avanti con i progetti di riforma del mercato del lavoro.
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Io devo ancora farmi una mia idea,ma sicuramente nn scegliero l'astensionismo che ritengo la via peggiore....