Ore 21:32, dopo l’esibizione dei Low, validissimo gruppo di supporto, e un interminabile sequenza di canzoni reggae programmate per i preparativi, introdotti dalle prime note di Where Bluebirds Fly(b-side di There There), eccoli finalmente, dopo un’attesa spasmodica, i Radiohead, timidi timidi come se salissero su un palco per la prima volta; salutano e ringraziano,ma non c’è tempo da perdere, Ed e Jonny volano ai tamburi e si parte, l’intro non lascia dubbi,è There There, “in pitch dark/I go walking in your landscape…” e tutto il pubblico a battere le mani a ritmo dei tamburi; persino il sole aspetta la fine della canzone per tramontare del tutto.
E’ la volta di 2+2=5, al rassegnato incipit “6 così un sognatore che credi di cambiare il mondo?” replica l’esplosione finale, con un Jonny esaltatissimo alla chitarra, ”Tutti applaudono al ladro, ma io no”, mentre noi applaudiamo all’esecuzione.
Tocca ai grandi successi del passato, e con un’intensa interpretazione, Thom ci regala Lucky, direttamente da OK Computer, e già si accendono i primi accendini. Molte ragazze sussultano quando, direttamente dalla colonna sonora di Romeo+Giulietta, il gruppo inizia Talk Show Host.
E’ un Thom Yorke in piena forma, pare felice di tornare nel nostro paese, merito anche forse del suggestivo chiostro del Lazzaretto; finita l’esecuzione inizia a scherzare “Oh, flies!” e inizia a saltellare sul palco cercando di acchiappare le numerose zanzare, accorse anche loro per questo memorabile evento. Jonny abbozza un piccolo assolo e parte Scatterbrain, cantata magistralmente, a cui segue la tiratissima National Anthem, con un Thom scatenato nelle sue personali coreografie, è il delirio, tutti a ballare pure noi sotto il martellante riff di basso di Colin, poi sono solo applausi. “Grazie,pronto, pronto” risponde Yorke raggiante. Il tempo di un sorso d’acqua e tocca a Backdrifts, che inaugura il momento “oscuro” del concerto, l’atmosfera si fa molto intensa, anche perché subito dopo, accompagnato da un piccolo campionatore, Thom intona Kid A, questa volta senza distorsione vocale. Ancora numerosi applausi, quando arriva il primo inatteso colpo di scena: sono le note di Bones, direttamente da The Bends(1995), a far scatenare i fan di vecchia data, accompagnate da magnifici effetti luce; è il primo regalo che il quintetto di Oxford fa a coloro che magari apprezzavano i Radiohead più “elettrici” di qualche anno fa. Incalza la potente Where I End and You Begin, “I’m up in the clouds and I can’t come down” urla disperato Yorke. L’atmosfera è bellissima, è un paradiso di gente che è unita alla grinta della voce di Thom. Il momento scatenato non finisce e Jonny parte con una versione ultra-veloce di I Might Be Wrong, regalandoci effetti incredibili, con sole 6 corde a disposizione; è l’esplosione che ci porta al secondo, indimenticabile momento del concerto: Thom imbraccia una chitarre acustica e inizia Fake Plastic Tree, l’inno dei Radiohead di qualche anno fa; il pubblico freme, partono gli applausi e pian piano il gruppo si associa a Thom; gli aerei che decollavano da Linate, passando sopra al Lazzaretto si saranno goduti uno spettacolo indimenticabile, migliaia di fiammelle si levano dal pubblico, che canta all’unisono con Yorke, 4 minuti di emozione, cui segue un minuto di interminabili applausi, Thom risponde con “Pronto pronto,Grazie”.
Si torna al nuovo album, un pianoforte è portato sul palco e parte A Punchup at a Wedding, sembra quasi di essere davanti a una consumata blues-band, invece sono i Radiohead, che condensano in loro qualsiasi genere, con unico comun denominatore: emozioni che si insinuano dritte nel cuore. Applausi, applausi e ancora applausi.
Thom si disseta, si passa le mani sul viso e si ributta a caccia di zanzare.
“This song is called Paranoid Android”, secondo momento di delirio, dopo l’apertura iniziale tutti entrano nel intenso pathos della parte centrale “Rain down on me from the great heights”, cantata da Ed e Thom, cui ci uniamo presto tutti quanti. E’ divertente vedere Colin che salta allegro, sbracciandosi a salutare tutti mentre canta anch’egli.Si passa quindi allo scatenato finale chitarristico di Jonny, che pare posseduto dal diavolo tanto è preso a suonare. Non c’è tempo per rifiatare, partono i bassi ossessivi di Idioteque; Thom inizia balbettando, forse non si ricorda le parole, ma poi è tutto ok e presto si lancia in un ritmo scatenato, perfettamente accompagnato dai giochi di luce e dal nostro ballo.
Rientra il piano ed è tempo di Everything in its Right Place, che anche stavolta chiude la prima parte, con effetti in dissolvenza che accompagnano l’uscita dei membri del gruppo:esce prima Thom, quasi scomparendo completamente senza che nessuno se ne accorga,poi si alza Phil, che saluta, seguito a ruota da Colin, rimangono ancora un po’ Jonny e Ed, che armeggiano con stranissimi aggeggi digitali, per poi salutare anche loro e uscire. Rumoreggiamo tutti 5 minuti buoni, il quintetto si fa aspettare, ma ritorna un Thom a braccia spalancate che ringrazia e dice “This is for your italian government, is for you mr. Berlusconi”(personalmente credo che l’abbian capito in pochi visto che quasi nessuno ha fiatato ,mentre io applaudivo e mi sbracciavo urlandogli tuto il mio appoggio), e quale altra canzone poteva intonare se non The Gloaming(il crepuscolo), con le sue pungenti liriche “We are not the same as you”.
Altro momento di grande impatto,il piano singhiozzante di Thom dà il la a Pyramid Song, una gemma che il gruppo esegue rare volte nei live, e sono di nuovo maree di applausi, alimentati dall’intro di My Iron Lung, altro pezzo pre-OK Computer e amatissimo dai fan di vecchia data. E poi una delle interpretazioni più belle di tutta l’esibizione a mio parere: “This song is Like Spinning Plates”, che è lontana anni luce dai timbri lunari e dai loop registrati al contrario della traccia originale di Amnesiac: qua c’è solo un dolcissimo suono di piano con il pacato accompagnamento di tutti il gruppo, è un ‘emozione magnifica. Di nuovo il gruppo esce osannato da tutti quanti, ma dove credono di andare?sono solo le 11, si può ancora suonare un po’, forza, uscite fuori e regalateci altri orgasmi musicali.
Presto fatto, Thom torna sul palco armato di acustica e intona Exit Music, il mio personale trionfo, visto che è la mia canzone preferita. Non vola una mosca, anche le zanzare sono tutte abbracciate con le lacrime agli occhi, solo un uomo straordinario con la sua chitarra e il suo genio infinito, è un crescendo intenso e rabbioso, che ha come naturale fine la nostra estasi.
E’ tempo per Thom di concedersi un intermezzo per il figlio Noah, così ci regala Sail to the Moon, e piovono di nuovo emozioni forti, seguite dall’ipnotico mantra di Sit Down, Stand Up. Il tempo sgocciola, e molti sono lì, ad aspettare le parole che Thom, reimbracciando la chitarra acustica, ci dice, quasi come una sentenza liberatoria: “This song is called Karma Police”, il Lazzaretto esplode, è l’ultimo, perfetto anello di una catena dorata di ben 25 canzoni, una più bella dell’altra. Ed è un Yorke visibilmente felice di avere al suo seguito migliaia di discepoli che lo accompagnano nel cantato “This is what you get when you miss with us”; siamo tutti uniti da un unico grande abbraccio che ci prende direttamente il cuore. Scrosci di applausi ininterrotti, il gruppo questa volta si congeda definitivamente, qualcuno mugola ancora, me compreso, per un ennesimo bis, ma l’ora è tarda, ed è tempo di andare,rimane solo il tempo per una maglietta dell’Hail to the thief tour 2003 e per una cosa ancora, doverosa: “Grazie Radiohead, grazie davvero.”