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Discussione: - Retro Games Museum -

Cambio titolo
  1. #16
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    Titolo: Life & Death

    Produttore: The Software Toolworks

    Anno: 1988 (DOS)

    Piattaforma: DOS, Amiga, Atari ST

    Genere: simulazione

    Giocatori: 1 giocatore

    Screen (Amiga):


    Descrizione:
    Splendido, ma difficile, gioco di simulazione di dottore: lavatevi le mani, mettetevi i guanti e iniziate pure ad aprire qualche pancia.
    In realtà prima di operare dovrete visitare i vostri pazienti, ordinare radiografie o tac, ma soprattutto frequentare le lezioni teoriche nella classe di medicina.
    Quando finalmente troverete un povero malcapitato da operare, potrete divertirvi ad aprirlo nel tentativo di rimuovergli l'appendice o altro. In sala operatoria l'errore è sempre dietro l'angolo: le procedure da effettuare sono molto rigide e il minimo errore può causare la morte del paziente e la successiva tragica schermata "R.I.P.".
    Le lezioni teoriche sono la chiave per acquisire le conoscenze necessarie a portare a buon fine le operazioni. Quindi il gioco si potrà terminare solo con una buona dose di pazienza, ma ne varrà davvero la pena e ve ne accorgerete fin dalla prima operazione riuscita.
    Ultima modifica di Oken; 6-01-2008 alle 23:08:56

  2. #17
    Utente L'avatar di Outlander999
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    Alpha Roid

    Titolo: Alpha Roid

    Produttore: Pony Canyon

    Anno: 1986

    Piattaforma: MSX

    Genere: Sparatutto/Picchiaduro

    Giocatori: 1

    Screen:


    Descrizione:
    Quando gli 8 Bit erano la massima espressione di 'potenza videoludica', gli sparatutto a scorrimento ne rappresentavano la punta di diamante.
    Alpha Roid, sviluppato da Pony Canyon per il sistema MSX, è un gioco che, pur nella sua semplicità e senza raggiungere la fama di altri sparatutto, si è fatto amare da chi all'epoca ha potuto provarlo.
    Si tratta di un gioco d'azione che miscelava sezioni stile 'sparatutto a scorrimento orizzontale', con altre 'picchiaduro uno-contro-uno' (in realtà mere sottosezioni, utili ma non essenziali, per guadagnare armamenti migliori).
    La parte shoot'em'up era molto giocabile, grazie alla possibilità di cambiare armamenti e ad un corretto settaggio del livello di difficoltà. A livello estetico, gli sprite fluidi e colorati e gli effetti di parallasse sul fondale sfruttavano a dovere il chip Z80.
    La sezione picchiaduro a livello concettuale era piuttosto innovativa per l'epoca ma non altrettanto divertente, a causa dei controlli un po' ostici e della occasionale sensazione di casualità nell'esito degli scontri.
    Rimane comunque il 'sogno di una generazione' per via della grafica dettagliata e degli sprite enormi.
    La musica principale è uno di quei motivetti ormai immortali nella memoria degli amanti dell'MSX.
    Una piccola gemma videoludica.
    Ultima modifica di Outlander999; 5-01-2008 alle 11:51:33

  3. #18
    Utente L'avatar di Outlander999
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    Titolo: Sweet Acorn

    Produttore: Taito

    Anno: 1984

    Piattaforma: MSX

    Genere: Azione

    Giocatori: 1

    Screen:


    Descrizione:
    Sweet Acorn è forse uno dei giochi meno noti di Taito, ma non per questo meno meritevole di attenzione.
    Il giocatore deve calarsi nei panni di una innocente ghianda, costretta ad affrontare nemici dall'aspetto ectoplasmico all'interno di arene claustrofobiche.
    All'interno dell'area di gioco sono presenti respingenti che, se colpiti, fanno cambiare colore agli ectoplasmi. Ogni colore corrisponde ad un punteggio in caso di uccisione, ed alcuni colori hanno effetti secondari come regalare vite extra, o duplicare il nemico anzichè ucciderlo.
    La formula è quella di un gioco d'azione, con la particolarità di un sistema di controllo che richiede la rapida alternanza di due tasti. Qualcosa di simile ai contemporanei 'Hyper Olympics' di Konami, ma ben integrato nella struttura di gioco.
    Per caricare il proiettile da sparare, infatti, dovrete alternare la pressione dei cursori di direzione <- -> per poi mirare l'obiettivo.
    Macchinoso da spiegare, ma istintivo nella realt&#224; del gameplay.
    E proprio il gameplay si rivela semplice ma totalmente avvolgente, vi ritroverete a voler 'fare un'altra partita' nonostante si tratti di un gioco uscito due decenni fa!
    La grafica &#232; semplice ma chiarissima e fumettosa, gradevole a vedersi.
    La musichetta molto orecchiabile, anche se tediosa nella sua ripetitivit&#224;.
    Nel suo complesso, un gioco assolutamente consigliato.


    Nota:
    Il sistema di controllo si presterebbe con successo ad un eventuale remake su Wii, chiss&#224; che la Virtual Console non possa dare una seconda giovinezza a questo titolo!
    Ultima modifica di Outlander999; 5-01-2008 alle 11:53:25

  4. #19
    Utente L'avatar di Outlander999
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    Titolo: TwinBee

    Produttore: Konami

    Anno: 1986

    Piattaforma: MSX

    Genere: Sparatutto

    Giocatori: 1/2

    Screen:


    Descrizione:
    Negli anni '80 Konami per i fan dell'MSX era una sorta di divinit&#224; incarnata.
    Ogni nuova uscita era un capolavoro, ogni gioco una perla da avere.... e TwinBee rientra a pieno diritto tra i Capolavori della casa nipponica.
    Le premesse sono quelle di un classico shoot'em'up a scorrimento verticale, ma con alcuni elementi che lo personalizzano.
    L'obiettivo &#232; come al solito distruggere gli avversari malvagi a suon di proiettili.
    Per farlo avrete a disposizione le campanelle, da raccogliere lungo il percorso, nascoste nelle nuvolette. Il loro colore dipende dal numero di colpi che subiscono, a seconda del quale otterremo scudi supplementari, maggiore potenza di fuoco, o semplici punti.
    Potrete bombardare gli occasionali nemici ad altezza-terreno, grazie ad uno sparo secondario.
    Nel caso si stia giocando in due, le navicelle dei videogiocatori possono unirsi insieme, ottenendo uno sparo pi&#249; potente.
    Lo stile grafico punta ad un elevato dettaglio, in chave fumettosa e colorata, garantendo un gran numero di elementi in movimento su schermo senza il minimo rallentamento.
    Se la grafica &#232; particolareggiata, la giocabilit&#224; &#232; totale. I nemici adottano pattern variegati e inizialmente imprevedibili, rendendo le partite nient'affatto monotone;
    la selva di colpi lanciati dai boss, invece, porta alla memoria i successivi Ikaruga, Raiden e Zero Gunner.
    Le partite multigiocatore sono memorabili, cos&#236; come i duelli all'accaparrarsi la singola campanella.
    Sia in singolo che in due, l'unica parola per definire TwinBee &#232; "Capolavoro".


    P.s.
    Il titolo, con gli anni, ha poi dato vita a dei seguiti piuttosto validi.
    Ultima modifica di Outlander999; 5-01-2008 alle 11:55:40

  5. #20
    ヴァレンス L'avatar di >V@len$<
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    Titolo: Super Mario Land

    Produttore: Nintendo

    Anno: 1989

    Piattaforma: Game Boy

    Genere: Platform

    Giocatori: 1

    Screens:



    Video: 1

    Descrizione:
    Forte del successo riscosso sul NES, Mario compare immediatamente sul neonato Game Boy, dando vita ad una saga parallela a quella principale. Il progetto è stato affidato a Gumpei Yokoi, creatore della console stessa e di altre importanti saghe di videogiochi.
    Stavolta vediamo l'idraulico alle prese con Tatanga, un re alieno che ha rapito la principessa Daisy, sovrana del regno di Sarasaland.
    Questo titolo sembra essere una versione ridotta e portatile di Super Mario Bros., semplificandone gran parte delle meccaniche.
    Il gioco è diviso in quattro mondi, costituiti da tre livelli ciascuno.
    Qui ritroviamo i medesimi power up dell'episodio del NES, con le medesime caratteristiche (eccezion fatta per il Fire Flower, che stavolta ci elargirà delle sfere che rimbalzano sui muri e che ci permetteranno di prendere le monete).
    Molti nemici vengono ripresi dall'originale per NES: ritroviamo i Goomba (qui ribattezzati Chibibo), i Nokobon (simili ai Koopa, il cui guscio perde tuttavia la caratteristica di "palla da Bowling", diventando invece una bomba che può danneggiare Mario), le Piranha Plants ed i Bullet Bill, più i Fighter Flies, ripreso da Mario Bros. Dal punto di vista tecnico, siamo a livelli piuttosto bassi: personaggi e oggetti sono estremamente piccoli e stilizzati e le musiche gracchianti. Le collisioni sono alle volte tremendamente imprecise. Lo stile non ha niente dei giochi principali di Mario, a partire dagli scenari: al posto dei funghi giganteschi e di colline e nuvole munite di occhi, troviamo delle ambientazioni che riprendono alcuni continenti del mondo reale -specie orientali-: il primo mondo (Birabuto Kingdom) è ispirato all'antico Egitto, il terzo (Easton Kingdom) all'Isola di Pasqua (con tanto di Moai sullo sfondo). I personaggi sono poco caratterizzati (Tatanga, soprattutto, è totalmente privo di personalità, niente a che vedere con Bowser) e la colonna sonora abbastanza gradevole, ma nulla di che.
    Sebbene si tratti di un'interessante traslazione del mondo di Mario sul Game Boy (nonchè di un buon Platform Game), resta forse uno degli episodi meno ispirati e più blandi della serie.

    Note e curiosità:
    -E' l'unico gioco della serie di Mario a mantenere i nomi dei personaggi originali anche in Occidente.

    -Come in Super Mario Bros., una volta finito il gioco, è possibile ricominciare in modalità "Hard", che presenta una difficoltà maggiore. Terminato il gioco anche in questa modalità, il giocatore potrà selezionare il livello.

    -Trattandosi di uno spin-off, il team ha evitato di inserire Bowser quale boss finale e Peach come principessa da salvare (nonchè il Regno dei Funghi come ambientazione). L'alieno Tatanga non ebbe alcun successo e non comparve più se non sottoforma di cameo. Diversa fu la sorte di Daisy che, a partire da Mario Tennis per N64 (oltre ad un'apparizione in NES Open Tournament Golf del '91), sarà sempre presente nei titoli sportivi e nei Party Game di Mario, inserita per la necessità di creare un personaggio "clone" di Peach.
    Daisy compare anche nel film Super Mario Bros. del 1993, con Bob Hoskins nei panni di Mario. La principessa, interpretata da Samantha Mathis, si tratta in realtà di Peach (almeno a giudicare dal suo aspetto), ma venne qui ribattezzata col nome di Daisy in quanto più realistico ed adatto alla trama del film. Il mondo di gioco, invece, non riapparirà mai più in nessun gioco di Mario.

    -Altra differenza con i giochi della serie principale è la completa assenza di Luigi. Egli non sarà presente nemmeno nel successivo episodio della serie portatile, nè come personaggio utilizzabile nè come cameo.
    Ultima modifica di >V@len$<; 22-06-2009 alle 22:35:32

  6. #21
    ヴァレンス L'avatar di >V@len$<
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    Titolo: Super Mario Land 2: Six Golden Coins

    Produttore: Nintendo

    Anno: 1992

    Piattaforma: Game Boy

    Genere: Platform

    Screens:




    Video: 1

    Descrizione:
    Nel 1992 viene rilasciato il secondo episodio della serie Super Mario Land, da molti considerato ancora oggi uno dei migliori Platform portatili. In questo splendido titolo fa la sua prima apparizione l'avido Wario, nato dalla mente di Hiroshi Kiyotake.
    A differenza del precedente episodio, il gioco pesca davvero a piene mani dagli episodi principali della serie di Mario, sia dal punto di vista tecnico che stilistico.
    Mario, impegnato nella sua lotta con Tatanga, viene derubato della sua terra da "un certo" Wario, che si è impossessato del suo castello ed ha distribuito i sei amuleti necessari ad accedervi in tutta l'isola, dove vengono sorvegliati da creature malvage. Il nostro idraulico dovrà affrontare i sei mondi per recuperarli ed aprire il castello, così da scacciare l'usurpatore e rivendicare il suo trono.
    Il nostro si troverà su una grossa mappa (simile a quella di Super Mario World), che fungerà da hub, sulla quale si dovrà spostare per raggiungere i vari mondi. I mondi sono sei, sta a noi scegliere l'ordine in cui affrontarli.
    Una volta completati tutti, dovremo recarci al castello di Wario, che si trova al centro della mappa.
    Torneranno i power up classici, più una simpatica rapa, che ci conferirà un paio di orecchie da coniglio con cui possiamo planare.
    Naturalmente saranno presenti molti segreti e livelli nascosti, che aumentano la profondità.
    La difficoltà generale del gioco è su un livello piuttosto basso, ma ciò è dovuto principalmente alla sua natura portatile.
    La grafica è veramente sbalorditiva: personaggi enormi ed ottimamente caratterizzati, animazioni deliziose e collisioni perfette.
    Lo stile, stavolta, si rifà totalmente alla serie principale e attinge molto a quello di Super Mario World (lo sprite di Mario sembra essere lo stesso), anche per quel che riguarda le musiche (estremamente gradevoli e canticchiabili).
    La divisione di Yokoi ha fatto davvero un'ottimo lavoro, creando un gioco veramente splendido e divertente (nonchè un vero e proprio Mario portatile, stavolta), che vi catturerà e vi terrà compagnia ovunque.

    Note e Curiosità:
    -Nella schermata della selezione dei file, premendo il tasto Select è possibile attivare l'Easy Mode, opzione che permettere di giocare a difficoltà minore.

    -Per la prima volta compare l'avido Wario, nemico decisamente più carismatico di quel Tatanga che compare in Super Mario Land. Il personaggio, famoso per essere la versione "politicamente scorretta" di Mario (è avido, rozzo, egoista ed imbroglione), ebbe così successo da diventare il protagonista di una saga tutta sua, quella di Wario Land. Inoltre, Wario è oramai ospite fisso dei titoli sportivi e party game di Mario. Oggi, Wario è l'assoluto protagonista della serie Wario Ware, raccolte di minigiochi dal gusto trash e delirante, che ha riscosso grande successo. La leggenda vuole che nella creazione di Wario, Hiroshi Kyotake si sia ispirato al suo vicino di casa. Ipotesi assai improbabile, visto che il concept era fin da subito quello di creare una versione "brutta" e "malvagia" di Mario.

    -Tatanga compare in un cameo che lo vede come boss della Space Zone.

    -A giudicare dalla semplice trama, sembra che Mario sia il sovrano di una terra tutta sua (Mario Land, per l'appunto) e risieda nel proprio castello. Malgrado le vicende narrate nei giochi Mario non abbiano mai goduto di particolare continuità e coerenza, questo insolito elemento narrativo non verrà mai più ripreso nei giochi successivi, secondo i quali i fratelli Mario vivono in una casetta nei pressi del castello della principessa Peach.
    Ultima modifica di >V@len$<; 25-05-2009 alle 13:49:38

  7. #22
    PC Engine owner \m/ L'avatar di Stefano Lucchi
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    Titolo: The Secret of Monkey Island

    Produttore: Lucasfilm Games

    Anno: 1990

    Piattaforma: Amiga, Pc (versione esaminata), Mac OS, Atari ST, Sega CD

    Genere: Avventura grafica

    Giocatori: 1

    Screens:

    nota: gli screen si riferiscono alla versione Amiga

    Video: intro + primi momenti del gioco

    Descrizione:
    Signore a signori, qui siamo di fronte alla storia. LA avventura grafica per eccellenza nasce nel 1990 per mano di Ron Gilbert (gi&#224; autore dei fortunati Zack McKracken e Maniac mansion) ispirato al parco tematico "Pirati dei caraibi" di Disney world (che, in tempi recenti, ci ha regalato anche la famosa serie di film con Johnny Depp).

    La storia si basa sulle disavventure di Guybrush Threepwood, che persegue il doppio ruolo di aspirante pirata e aspirante sposo in quel dei Caraibi. Quando usc&#236;, questo gioco lasci&#242; tutti a bocca aperta per l'elevata qualit&#224; che lo distingueva. In prima battuta lasciava stupiti il comparto grafico sbalorditivo e quello sonoro caratterizzato da musiche decisamente evocative, mentre in seconda battuta a sorprendere era la storia, narrata con dosi massiccie di umorismo e sorretta da personaggi caratterizzati divinamente. A differenziare ancora di pi&#249; il gioco dai concorrenti ci pensava il sistema di controllo che, a differenza di quanto accadeva con Maniac mansion, era interamente imputato all'utilizzo del mouse, rendendo l'esperienza di gioco molto pi&#249; semplice. Nella parte in basso a sinistra dello schermo venivano visualizzati i verbi corrispondenti alle azioni che Guybrush poteva compiere e, cliccando prima su uno di essi e poi su un oggetto o un luogo, il nostro agiva di conseguenza. Nella parte in basso a destra venivano invece mostrati gli oggetti dell'inventario che potevano non solo essere usati ma anche combinati tra loro. Gli enigmi non erano semplici ma erano comunque pi&#249; immediati rispetto ai titoli pi&#249; vecchi e alcuni erano anche piuttosto fantasiosi (come quello in cui bisogna preparare la brodaglia sulla nave nel secondo atto del gioco). A differenza di quanto avveniva nei precedenti titoli Lucas, nel gioco non erano presenti vicoli ciechi o possibilit&#224; di morire che potessero mandare a monte la partita del giocatore; vi era inoltre una suddivisione della storia in capitoli per dare al giocatore la certezza che fino a determinati punti stabiliti aveva fatto tutto quello che era necessario per il proseguio dell'avventura.
    Un'ulteriore novit&#224; era rappresentata dai duelli a insulti, tentativo di spezzare la giocabilit&#224; pi&#249; lineare tipica del gioco con un minigioco studiato ad hoc.
    La versione per pc originariamente era per CGA, ma un anno dopo ne &#232; uscita una versione aggiornata per le schede VGA che davano al gioco un'ulteriore spinta al gi&#224; ottimo comparto grafico del gioco.
    Questo gioco &#232; ancora divertente esattamente come lo era all'epoca e d&#224; ancora ripetizioni di stile a quasi tutte le avventure grafiche uscite prima, dopo e durante.
    In una parola: Play or die.

    Note e curiosit&#224;:
    - nei titoli di coda si possono trovare diverse battute, citazioni e scoprire la presenza nel gioco di camei di pesonaggi di altre serie
    - la presenza di vicoli ciechi o possibilit&#224; di morire nei vecchi titoli Lucas fu oggetto di parodia all'interno di questo gioco: nel terzo capitolo &#232; possibile buttarsi dalla cima del monte di Monkey island e vedere il personaggio ritornarci sopra a causa di un rimbalzo dovuto ad alberi di gomma
    - su questo titolo esordirono come dialoghisti e designer Tim Schaffer e Dave Grossman, sucessivamente autori di titoli come Day of the tentacle
    Ultima modifica di Stefano Lucchi; 12-01-2009 alle 16:46:43

  8. #23
    Retrogamer Ducatista L'avatar di Mad Max'78
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    Titolo: Eye of the Beholder

    Produttore: Westwood Associates

    Anno: 1990

    Piattaforma: Dos (versione recensita); Amiga; Sega CD; Snes

    Genere: Gioco di Ruolo (Dungeon Crawler)

    Giocatori:
    1 Giocatore

    Screen:





    Video: 1

    Descrizione:
    Eye of the Beholder è il primo di una fortunata trilogia di titoli, che hanno fatto storia ed hanno definito la consacrazione dei Dungeon Crawler, genere ormai estinto nato da quel capolavoro di Dungeon Master.
    Il gioco fondamentalmente rientra nella categoria dei Giochi di Ruolo in prima persona, in cui si guida un Party formato da quattro PG (Personaggi giocanti) in un complesso sotterraneo di Dungeon formato da 12 livelli labirintici infarciti di mostri, trappole ed enigmi di vario genere.
    Anche qui trama piuttosto banale, ma che poteva vantare l’utilizzo della licenza TSR per Dungeons & Dragons.
    Il sistema di gioco riprende in pieno quello di Dungeon Master, con una finestra che ci mostra il mondo di gioco, i ritratti dei nostri personaggi posizionati di fianco per gestire gli attacchi e l’inventario e le icone per il movimento ormai diventate un classico, il tutto però impiegando le regole e i sistemi del noto Gioco di Ruolo su carta, tutti i combattimenti, lanci di incantesimi, creazione del personaggio ecc., seguono tali regole, che di fatto semplificano un po’ le cose rispetto a Dungeon Master che risulta un po’ più ostico ma offre anche una giocabilità più profonda.
    Eye of the Beholder rimane comunque un degno erede e il sistema di D&D bene si abbinava alla tipologia di gioco, che poi con i successivi capitoli si affino ulteriormente, toccando l’apice con il secondo capitolo della serie.
    Ci troviamo di fronte quindi ad un gioco molto valido, la difficoltà degli scontri sempre ben calibrata, e un livello di sfida mantenuto sempre alto dalla complessità dei livelli, vera e propria sfida per ogni giocatore.
    Il comparto tecnico risulta superiore rispetto al titolo targato FTL presentando una grafica pulita e colorata, con buone animazioni delle creature che andremo ad incontrare ed un ottima rappresentazione dei sotterranei che rimangono comunque poco interattivi, mentre l’audio e ridotto come sempre ai minimi termini, a farci compagnia troveremo solo suoni prodotti dai mostri e poco altro.
    Altamente consigliato a tutti quelli che vogliono avvicinarsi al genere dei Dungeon Crawler ormai estinto.
    Ultima modifica di Mad Max'78; 6-05-2009 alle 12:14:02

  9. #24
    Retrogamer Ducatista L'avatar di Mad Max'78
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    Titolo: Eye of the Beholder II – The legend of Darkmoon

    Produttore: Westwood Associates

    Anno: 1991

    Piattaforma: Dos (versione recensita); Amiga

    Genere: Gioco di Ruolo (Dungeon Crawler)

    Giocatori:
    1 Giocatore

    Screen:




    Video: 1

    Descrizione:
    Il secondo capitolo della famosa trilogia, iniziata con il primo Eye of the Beholder è forse anche il più pregiato, all’epoca ritenuto da tutti un vero capolavoro di giocabilità, atmosfera e realizzazione tecnica.

    La base è la stessa del già ottimo precedente capitolo, cosi come per la licenza che rimane quella del solidissimo D&D, ulteriormente affinato e aggiornato.
    Il gioco è sostanzialmente lo stesso, i programmatori hanno però svolto un lavoro egregio, amplificando al massimo ogni aspetto, trama profonda e finalmente avvincente, grande varietà di ambientazioni, maggior interazione con i personaggi non giocanti, grande varietà di enigmi, scontri ancora più avvincenti e pericolo in agguato dietro ogni angolo, persino all’interno del proprio party, ma soprattutto un atmosfera unica che ti faceva calare fino in fondo nella parte.
    The legend of Darkmoon è un gioco che è rimasto nella memoria di tutti gli amanti dei giochi di ruolo e soprattutto dei Dungeon Crawler, forse uno dei massimi esponenti di quella categoria.
    La realizzazione tecnica è altrettanto ottima, grafica ulteriormente migliorata e aggiunto un po’ più di spessore al comparto audio.
    Una delle varie features aggiunte era finalmente la maggior rilevanza dell’allineamento dei vostri personaggi, e migliore interpretazione delle varie classi presenti nel gioco, laddove un personaggio caotico o malvagio non si faceva problemi a deturpare una tomba, il classico paladino buono si rifiutava e minacciava di abbandonare il gruppo, non che mancassero le alternative, visti anche i numerosi PG reclutabili nel corso del gioco.
    Un vero classico da avere e giocare senza riserva.
    Ultima modifica di Mad Max'78; 6-05-2009 alle 12:16:49

  10. #25
    Retrogamer Ducatista L'avatar di Mad Max'78
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    Titolo: Eye of the Beholder III – Assault on Myth Drannor

    Produttore: SSI

    Anno: 1993

    Piattaforma: Dos

    Genere: Gioco di Ruolo (Dungeon Crawler)

    Giocatori: 1 Giocatore

    Screen:




    Video: 1

    Descrizione:
    Terzo ed ultimo capitolo della famosissima trilogia e anche l'unico dei tre ad essere stato prodotto direttamente dalla SSI e non più dai
    Westwood Associates, titolo che si vede costretto a fare i conti con quel capolavoro che porta il nome di The legend of Darkmoon, suo predecessore e partiamo subito col dire che Assault on Myth Drannor non solo ne esce sconfitto dallo scontro diretto con il fratello minore, ma probabilmente dei tre, risulta anche quello più noioso e privo di mordente, risultando inferiore persino al primo capitolo, che quantomeno aveva l'innovazione dalla sua parte.
    L’ultimo capitolo della saga, nonostante potesse vantare l’uso di un nuovo motore grafico, e della solita solidissima licenza di D&D, fù alla fine anche quello che deluse più di tutti, soprattutto per via del cambio di sviluppatore, la maggior contestazione e da attribuire ad una trama sottotono, poco avvincente, soprattutto se paragonata a quella del secondo capitolo.
    Per tutto il resto il gioco rimaneva sempre il solito Dungeon Crawler, creazione party, gestione del gruppo, dei movimenti, degli scontri e del lancio di incantesimi identico ai capitoli precedenti, una delle poche novità era la gestione di ambientazioni all’aperto, questa volta un po’ più vaste del piccolo boschetto incontrato nel secondo capitolo.
    Nonostante il nuovo comparto tecnico, e la solita interfaccia e sistema di gioco stracollaudato il gioco non ebbe molto successo, risultando poco carismatico e a tratti, come già accenato, noioso.
    Resta comunque un titolo da provare per gli amanti della serie e soprattutto dei giochi di ruolo labirintici.
    Ultima modifica di Mad Max'78; 6-05-2009 alle 12:20:14

  11. #26
    PC Engine owner \m/ L'avatar di Stefano Lucchi
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    Titolo: Monkey Island 2: LeChuck's Revenge

    Produttore: Lucasfilm Games

    Anno: 1991

    Piattaforma: Amiga, pc (floppy o cd - versione esaminata), Mac

    Genere: Avventura grafica

    Giocatori: 1

    Screens:

    nota: a differenza di quello che si vede nelle immagini, il gioco &#232; in italiano come il suo predecessore

    Video:
    intro del gioco

    Descrizione:

    Il seguito di un capolavoro si rivela a sua volta un capolavoro; cos&#236; pu&#242; essere sintetizzato in due parole questo gioco.

    Dato l'immediato e massiccio successo del primo episodio, la Lucas immise un seguito sul mercato a distanza di appena un anno dal predecessore e i risultati furono di nuovo ottimi: gli enigmi erano ben studiati come sempre, i personaggi caratterizzati in maniera fantastica (alcuni ripresi dal capitolo precedente) e la comicit&#224; sempre ai massimi livelli; a differenziare questo capitolo dal suo predecessore, &#232; pi&#249; che altro lo stile grafico molto vicino al disegno a mano, piuttosto che differenze di gameplay (che, di fatto, non ce ne sono).
    Il finale del gioco, all'epoca, fece abbastanza scalpore e spacc&#242; in due tra chi lo considerava una geniale citazione di Star wars (citato a pi&#249; riprese anche nel finale del primo capitolo) e chi, invece, lo considera un finale poco ispirato.
    In ogni caso si tratta di un gioco che va recuperato, senza "se" e senza "ma".

    Note e curiosit&#224;:
    - Il gioco possiede una feature che permette di giocare sia alla versione "completa" che a una "lite" con meno aree e meno enigmi; questa doppia versione venne realizzata per venire incontro ai giocatori meno appassionati che magari non avevano la pazienza di studiare a fondo tutti gli enigmi del gioco
    - la LucasArts svilupp&#242; questo titolo in contemporanea con Indiana Jones and The Fate of Atlantis
    Ultima modifica di Stefano Lucchi; 12-01-2009 alle 16:46:24

  12. #27
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    Titolo: La maledizione di Monkey island

    Produttore: LucasArts

    Anno: 1997

    Piattaforma: Windows, Mac (solo in compilation con i primi due capitoli)

    Genere: Avventura grafica

    Giocatori: 1

    Screens:


    Descrizione:
    Il terzo capitolo della serie arriva a distanza di ben 6 anni dal suo predecessore ed &#232; orfano dell'ideatore della serie, Ron Gilbert (che ha seguito lo sviluppo ma non vi ha partecipato attivamente). E' anche il ventesimo e ultimo gioco della Lucas ad usare il noto motore Scumm, quello con cui erano state sviluppate tutte le avventure grafiche dell'epoca.

    La trama: Guybrush &#232; finalmente prossimo a convolare a giuste nozze con l'amata Elaine, ma ha l'infelice idea di regalarle un anello trovato su un vascello pirata. Questo anello aveva una maledizione, che si riversa sulla povera Elaine trasformandola in una statua. D'oro. Su un isola di pirati. Il nostro eroe inizia cos&#236; una corsa contro il tempo per rimediare al disastro combinato.
    Il gioco si propone subito bene, grazie ad una grafica cartoonesca ben realizzata ed ad un buon comparto audio che pu&#242; contare anche sul doppiaggio dei dialoghi in italiano (cosa all'epoca non molto diffusa). Purtroppo, per&#242;, questo gioco fin&#236; con lo spaccare in due la critica: da una parte c'&#232; chi considera la grafica adeguata e pi&#249; che buono il lavoro svolto dagli sviluppatori Lucas, dall'altra c'&#232; chi lamenta una grafica poco appropriata, una scarsa caratterizzazione dei personaggi secondari e un finale scialbo.
    In definitiva si pu&#242; dire che questo capitolo non raggiunge la grandezza dei primi due, ma rimane comunque godibile. La cosa pi&#249; saggia da fare &#232; giocarsi la serie in ordine cronologico.
    Ultima modifica di Stefano Lucchi; 9-03-2008 alle 16:06:07

  13. #28
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    Titolo: Fuga da Monkey island

    Produttore: LucasArts

    Anno: 2000

    Piattaforma: Windows, Ps2

    Genere: Avventura grafica

    Giocatori: 1

    Screen:


    Descrizione:
    Il quarto capitolo è il più discusso. Uscito nel 2000, venne realizzato sul motore grafico GrimE, evoluzione del motore che già era alla base di Grim Fandango. Il problema fu che in questo modo ne ereditò anche lo scomodissimo sistema di controllo interamente imputato alla tastiera e questo contribuì non poco a smorzare le aspettative del gioco. Ad affossarlo del tutto ci pensarono le numerose contraddizioni presenti nella trama rispetto ai precedenti capitoli e l'infelice idea di inserire il minigioco "Monkey kombat": si trattava di un'evoluzione malriuscita dello storico "duello ad insulti" dei precedenti episodi con la differenza che, invece di basarsi sul classico botta-risposta, si basava sul concetto della morra cinese, per cui ogni combinazione era migliore di una e peggiore di un'altra; questo, però, costringeva il giocatore a scriversi tutte le sequenze di versi che caratterizzavano il minigioco per poter usare quella giusta al momento giusto, anche perchè c'era l'aggravante che le sequenze cambiavano da partita a partita.

    Il comparto grafico si ripresentava simile a quello del terzo capitolo ma questa volta si aveva tinte pastello unite ad una grafica 3D, risultando in definitiva decisamente più scialbo. Le ambientazioni cercavano di richiamare i vecchi capitoli ma non disdegnarono incursioni maggiormente "moderniste" (come un sushi bar o una parodia della catena Planet Hollywood); anche queste scelte, all'epoca, contribuirono a fomentare le critiche.
    Insomma, per quanto questo quarto capitolo avesse sicuramente dei pregi (come l'immancabile humor tipico della serie) i difetti erano davvero troppi per poterli sorvolare con il risultato che questo titolo può essere consigliato solo ai completisti irriducibili della serie e a nessun altro.

    Note e Curiosità:
    - dopo questo capitolo la LucasArts licenziò la maggior parte del personale che lavorava sulle avventure grafiche e abbandonò in toto il genere
    Ultima modifica di Stefano Lucchi; 18-03-2009 alle 00:36:07

  14. #29
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    Titolo: The New Zealand Story

    Produttore: Taito

    Anno: 1988

    Piattaforma: Amiga, Commodore 64, arcade (versione esaminata), Nes, Master system, Mega drive, Spectrum ZX, Amstrad CPC, Atari ST, TurboGrafx-16

    Genere: Platform

    Giocatori: 1

    Screens:


    Descrizione:
    Questo platform venne lanciato da Taito nell'88 e presentava fin da subito caratteristiche che lo differenziavano dagli altri giochi del genere. La prima cosa che colpiva il giocatore erano sicuramente i livelli, di dimensioni notevoli; al loro interno, il protagonista Tiki (un uccello kiwi) poteva saltare e planare sbattendo le alette (effetto che si otteneva premendo rapidamente lo stesso tasto del salto). Il suo compito era quello di girare per i livelli di gioco per liberare dalle loro gabbie i suoi amici imprigionati dal tricheco Wally Walrus; per farlo poteva contare su un arco che poteva essere temporaneamente sostituito con altre armi raccolte in giro per i livelli. Gli spostamenti, in certe parti del gioco avveniva con mezzi più o meno fantasiosi, come palloncini o papere di gomma e lungo il livello era possibile raccogliere power-up dagli effetti più disparati; ad arricchire la formula del gioco ci pensavano i passaggi segreti che permettevano di saltare i livelli e la possibilità di non risentire danno dalla collisione con i nemici ma sono da quella con i colpi delle loro armi.

    I colpi di genio di questo gioco non finiscono qui: quando si va sott'acqua Tiki indossa automaticamente una maschera con boccaglio e, in basso a destra, viene mostrata la barra dell'ossigeno esaurita la quale il povero kiwi muore. Da segnalare anche i boss strampalati (come la balena rosa) e l'aspetto grafico altamente surreale caratterizzato da scritte infantili o cartelli stradali.
    Questo gioco, all'epoca, aveva talmente tante di quelle idee da rivelarsi un ottimo prodotto ancora oggi. Le conversioni erano tutte piuttosto buone e su tutte spiccava in positivo quella per Mega drive, probabilmente la migliore in rapporto all'hardware su cui è stato sviluppato. Da provare assolutamente.

    Note e curiosità:
    - recentemente è stato annunciato un remake per Nintendo DS
    Ultima modifica di Stefano Lucchi; 5-05-2011 alle 23:49:05

  15. #30
    Rullacartoni L'avatar di M.Uollas
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    Splatter House

    Titolo: Splatter House

    Produttore: Namco

    Anno: 1988

    Piattaforma: Coin-op, Turbografx-16, FM Towns, PC (?)

    Genere: Picchiaduro

    Giocatori: 1




    La West mansion, un maniero infestato da mostri, zombie, fantasmi e altre miriadi di aberrazioni create dal folle parapsicologo dott. West, &#232; l’incredibile scenario in cui si svolge la vicenda di Splatter House.
    Picchiaduro a scorrimento laterale creduto da molti il gioco di Jason di Venerd&#236; 13 a causa del look del protagonista che ne richiama ampiamente l’aspetto.
    Rick &#232; un malcapitato studente che in una notte di tempesta trova rifugio nella West Mansion assieme alla sua ragazza Jennifer.
    Cosa potrebbe accadere a questo punto se non l’intervento delle forze malefiche?
    Infatti i due vengono assaliti, Rick ucciso e Jennifer rapita dai mostri, &#232; qui che entra in gioco la vera protagonista del gioco: the Hell Mask , quella che sembra una comune maschera da hockey &#232; in realt&#224; un’antica maschera sacrificale Maya che si impossessa di Rick, resuscitandolo e donandogli una forza sovrumana che lo aiuter&#224; a salvare Jennifer.

    Da qui il gioco si dipana per 7 livelli nei quali dovremo farci strada utilizzando sia i pugni e i calci sia delle armi che troveremo lungo il cammino, come spranghe, coltelli, pietre e fucili, il tutto caratterizzato dall'ambientazione splatter estrema, da uno splendido comparto sonoro e da alcune finezze non da poco come le animazioni dei mostri che si stampano al muro dopo averli colpiti con la spranga, lo scontro con Jennifer posseduta dai demoni, i cadaveri mutilati nel primo livello e la croce capovolta nel livello della chiesa miracolosamente sfuggiti alle forbici della censura solo nella versione coin-op.

    Splatter House si pu&#242; definire l’antesignano dell’horror game moderno, il gusto gore splendidamente eccessivo richiama alla perfezione il feeling dei classici B-movie degli anni ’80 proponendoci una sfilata di zombi, fantasmi, sanguisughe giganti, mostri con motoseghe, sbudellamenti, cervelli, poltergeist e tanto, tantissimo sangue.
    Il gioco vanta due seguiti ufficiali su Megadrive, una versione super deformed uscita su Superfamicom dal titolo di Splatter House:Wampaku Graffiti e anche una rarissima edizione portatile a cristalli liquidi.
    Divertentissimo da giocare e rigiocare vanta un finale non troppo scontato e ha come unica pecca la scarsa durata complessiva e l’azione che risulta per forza di cose piuttosto ripetitiva.
    Ultima modifica di M.Uollas; 31-05-2009 alle 00:36:44

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