Berlusconi ricuce con la Comunità ebraica
Colloquio riparatore alla sinagoga di Roma dopo le frasi su Mussolini. "Il premier ci ha chiesto scusa, siamo soddisfatti", riferiscono dalla Comunità.
ROMA - L’equivoco, come lo chiama il ministro Giovanardi, è stato definitivamente chiarito. E' bastato un breve incontro di un’ora alla Sinagoga di lungotevere Cenci, col rabbino capo Riccardo Di Segni e il presidente dell'Unione, Amos Luzzatto per ristabilire i rapporti di amicizia che legano la Comunità ebraica e Silvio Berlusconi. Ma per farsi perdonare quelle frasi su "Mussolini che non uccise nessuno" e sul "fascismo, regime benevolo" il premier si è dovuto dare da fare. Arrivando a scusarsi, e per ben due volte.
"Berlusconi si è scusato due volte e noi ci riteniamo soddisfatti: ci ha detto che le sue parole sono venute nel corso di una chiacchierata, non di un'intervista, fra una bottiglia di champagne e un'altra", ha riferito al termine del mini summit riparatore Guido Di Veroli, rappresentante della giunta della Comunità ebraica.
Dal canto suo il governo, rappresentato al vertice oltre che da Berlusconi e Giovanardi anche dal sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, ne ha subito approfittato per mettere una pietra sopra il caso nato dall'intervista allo Spectator: "Credo che quello che abbia detto il governo sia molto chiaro e sgomberi il campo da ogni possibile equivoco", è stato il commento ufficiale della delegazione governativa. Una nota preceduta dalle dichiarazioni rese nel pomeriggio dallo stesso Giovanardi per esprimere la condanna “senza sé e senza ma, di ogni forma di totalitarismo, compreso quello fascista, ed il riconoscimento del ruolo dell'antifascismo e della resistenza per la conquista delle libertà democratiche e civili perdute”.
In serata è tornato sull’argomento anche il Cavaliere. “Rammarico” per il dolore causato alla Comunità "da interpretazioni strumentali, a lui non imputabili, che hanno stravolto il suo pensiero" sono state le parole usate in un comunicato per derubricare la vicenda, e voltare pagina. Di scuse però non c’è traccia.
Una versione che collima, a parte quest’ultimo dettaglio, con quella fornita dalla Comunità ebraica. "Il presidente del Consiglio - ha riferito sempre di Di Veroli - ha ricordato come le sue parole siano scaturite da una provocazione del giornalista secondo cui gli italiani sarebbero mafiosi". Tutto chiarito anche per quel che riguarda la definizione dei luoghi del confino come posti di villeggiatura: "Il presidente del Consiglio ci ha raccontato che, conversando con i giornalisti a Porto Rotondo, ha confidato loro di aver visto pochi giorni prima un film su Ventotene, una sorta di documentario, della splendida isola pontina, e di essersi chiesto come potesse essere un luogo così bello utilizzato per il confino".
Abbastanza per convincere Amos Luzzatto, il presidente della Comunità, immortalato all’uscita dalla Sinagoga mentre stringeva la mano al Cavaliere: "Io voglio sentir dire - ha detto Luzzatto - con maggior profondità che il regime fascista è stato un regime tirannico, che ci ha condotto ha una situazione drammatica, che ha fatto soffrire e morire migliaia di italiani, che ha fatto arretrare la cultura italiana
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