Lord of Games
hanno vinto i negri!
Giulia cantava.
Tra le sue amiche, era quella dotata di maggior talento.
Nell’accademia canora di Brokenguard vigeva una regola assoluta: nessuna esitazione, nessuna distrazione. Era un luogo dove ci si prefiggeva come fine ultimo l’eccellenza, il raggiungimento dell’armonia perfetta nella nobile arte del canto, e del mantenimento o ancor meglio, del miglioramento della stessa.
Veniva da chiedersi, guardando quella giovane ragazza dai grandi azzurri e dalle bianche gote, dove trovasse quella forza.
Si perche’ la vita a Brokenguard, non era affatto facile.
Il rigore e la disciplina facevano parte della vita di Giulia, ed ella non dimostrava affatto il malcontento in una vita fatta di privazioni come la sua. A Giulia non era concesso uscire con le amiche, non era concesso avere un fidanzato o altre passioni che non fosse il canto. E a lei non pesava.
Per questo era la migliore.
Cio’ pero’ che non si sapeva, e’ che la giovane, per mantenere un livello simile di concentrazione , e per scaricare la tensione accumulata durante le giornate di lezione di canto, era solita svolgere un piccolo rituale la sera, prima di andare a dormire.
Se la sua vita doveva essere perfezione, allora non era vita. Poiche la vita e’ perfezione ed imperfezione, bianco e nero, Yin e Yang. Giulia lo sapeva e fu cosi’ che decise , il giorno stesso in cui inizio’ a frequentare l’accademia, di dedicare l’ulima ora delle sue giornate, a mettere in atto l’antitesi di cio’ che la sua vita era ormai diventata.
La prima operazione da compiere era insonorizzare la stanza dove dormiva, e la giovane aveva sempre delle confezioni di uova (gia’ legate tra loro per maggior praticita’) da apporre alle pareti, per far si che nulla di lei potesse uscire da quell’antro. Dopodiche’ , doveva bere e mangiare il piu’ possibile, il tutto entro 7 minuti. Nessuno sa perche’ 7, forse nemmeno lei. Le piaceva quel numero.
Dopo essersi quasi strozzata con cibo ed acqua introdotti a forza nel suo organismo, Giulia si spogliava completamente nuda e iniziava a ruttarsi sui piedi con sagacia, cantando i pezzi piu’ famosi di Gino Paoli. “Non ci sara’ un’altra volta” era la piu’ gettonata.
Cantava e ruttava. Ruttava talmente forte che spesso finiva col vomitarsi sui piedi.
Dopo aver insozzato per bene i piedi nel verde liquido, al cui interno v’eran spesso immersi tortellini alla carne di Giovanni Rana, che senza ragione deglutiva senza masticare,
Giulia andava a defecare, e nel tragitto lasciava sotto a se una densa scia di vomito e tortelli. Non cagava sul water , ma dentro un secchio di metallo , un po’ tagliente sui bordi, ed infatti la ragazza aveva delle vistose cicatrici nere – marroni sulle natiche , che formavano quasi un bieco ghigno. Quasi come se il suo culo avesse un’identita’ propria. Spesso accompagnava la cagata da una sigaretta, affinche’ la cagata fosse piu’ sentita. Fortuna volle, che quasi ogni sua defecata fosse liquida. Forse soffriva di celiachia, forse aveva problemi alla tiroide, o forse era solamente stressata. Fatto sta che dal suo strettissimo ano usciva quasi sempre e solo una calda, oleosa e nutriente cascata marrone.
Durante la cagata, dal suo buco fuoriuscivano tetre melodie. Non erano semplici suoni, era musica concreta.
Ogni scoreggia era per Giulia un raptus estatico, perche’ era’ l’antitesi del melodioso suono della sua voce che tutti pretendevano d’udire durante il giorno.
La bellezza della sua voce era dunque un’amica durante il giorno, ma cio’ che voleva soffocare durante la notte, poiche’ era anche per lei una condanna.
La sua seconda voce, quella che usciva dalla sua seconda bocca, quella del suo culo, era l’arma perfetta. E percio’ scorreggiava. E tanto. Peti che sembravano tuoni. Peti che avrebbero distrutto un diadema di brillanti, peti talmente densi da essere quasi tangibili.
E la merda scorreva a fiumi.
La merda scorreva, ma Giulia non era una sprecona, e soprattutto era una persona molto emotiva e legata a tuttii gli oggetti che le evocavano cari ricordi, per cui la faceva nel famoso secchio, ormai protagonista di innumerevole cagate.
Dopo aver raccolto tutta la merda, Giulia, coi piedi ancora sporchi di vomito ormai rinsecchito e con ancora qualche tortellino incastrato tra le dita dei piedi, si cospargeva tutto il copro della diarrea contenuta nel secchio , senza pero’ insozzare la propria vagina.
Quella la usava come portacenere per l’ultima sigaretta della giornata.
Per cui , distesa e soddisfatta, si ritrovava sempre a mezzanotte distesa sul letto, ricoperta di merda, coi piedi insozzati di vomito e tortellini di carne, con la vagina ripiena di cenere, a cantare Gino Paoli.
“Non ci sara’ un’altra volta” , diceva .
Ma la notte successiva, tutto ricominciava daccapo.