Premesso che Jurassic Park è una serie che si esaurisce sostanzialmente con il primo capitolo, questo Jurassic World nel complesso mi è piaciuto, ma con molte riserve. La partenza è in quarta: tutti gli elementi vengono esposti nel giro di 5 o 6 minuti. Vediamo i nuovi protagonisti, il parco, i personaggi di Chris Pratt e di Bryce Dalla Howard, tutto sulle note nostalgiche del tema originale di John Williams. Con un discorso metafilmico nemmeno troppo velato - anzi per nulla - viene introdotto il tema della modificazione genetica, della gabbia commerciale in cui gli scienziati sono costretti a muoversi e dei continui flirt delle lobby militari nei confronti dei programmi di addestramento dei Velociraptor. Tutto chiaro, tutto limpido, tutto al servizio del ritmo e del divertimento, esattamente come nel primo film. E la prima parte, in effetti, è serratissima, visivamente grandiosa, anche se non brilla nella scrittura dei personaggi, tutti noiosetti a dire il vero. Chris Pratt è praticamente monocorde, non ha la leggerezza né le sfaccettature caratteriali che Sean Neal seppe dare al suo Alan Grant. E' simpatico, ma fino a un certo punto, e in ogni scena dimostra una legnosità difficile da nascondere, vuoi perché l'attore si è trovato costretto a interagire con creature inesistenti (i bei tempi del Triceratopo con la schiuma alla bocca), vuoi perché, in effetti, la sceneggiatura è stanchissima, e piuttosto rozza nel tratteggiare i protagonisti. La Howard se la cava meglio: fredda, calcolatrice, tipica figura femminile anti-materna che poi - perché dietro c'è pur sempre Spielberg - si "redime", accettando la responsabilità dei due ragazzini. Ma anche qui, la freschezza del rapporto tra Grant e la professoressa Sattler è solo un ricordo. Tra Pratt e la Howard si instaura una relazione convenzionalissima, lui duro e "selvatico", lei donna d'ufficio costretta improvvisamente a fare i conti con tutti quegli imprevisti che si ripetono uguali dal 1993, e che da allora abbiamo imparato a conoscere. Lo stesso discorso vale per i due ragazzini, e anzi la cosa è ancora più evidente, dal momento che sono i motori trainanti della narrazione, eppure le (poche) informazioni che ci vengono date su di loro sono calate in maniera fredda e quasi casuale. Rimane una sensazione di sclerotismo nei confronti del ragazzo più grande, prima teenager egoista e annoiato, continuamente in tiro (adocchia non so quante ragazze nel giro dei primi minuti), poi, senza soluzione di continuità, paterno e rassicurante, vero fratello maggiore su cui tutti si dovrebbe contare. Ripeto: c'è Spielberg e si sente.
Tutto questo, però, tende a scomparire nel gorgo dell'azione. Perché in fin dei conti tutti gli elementi sono gestiti bene. La monoespressività di Pratt si perdona di fronte alla natura essenzialmente fisica del suo ruolo. La scontatezza del rapporto con la Howard è subito messa in secondo piano a favore dell'azione e dell'avventura. L'Indominus Rex, vera incognita del film, è gestito bene, magistralmente introdotto e "costruito", tanto che sin dal primo momento in cui appare ci dimentichiamo persino che si tratta di un non-dinosauro, di un ibrido geneticamente modificato e bla bla. Buona l'idea dei Raptor ammaestrati, anch'essa ben contestualizzata. Fa anzi piacere vedere che i punti di forza di Jurassic World siano proprio quelli su cui nessuno avrebbe scommesso più di tanto. Al di là della riesumazione commerciale della saga, questo nuovo parco sembra avere senso di esistere proprio dal momento in cui tutti gli elementi del primo film sono stati espansi e traslati al presente. Non si parla più di un ricco genio della biologia che scommette il tutto per tutto nel suo sogno personale: si parla di multinazionali, di merchandising, di implicazioni guerrafondaie con il governo stesso. Si parla di giocare con la natura non "per il bene della scienza", ma per il bene del parco stesso e di chi quotidianamente investe milioni su di esso. Una trovata intelligente, quindi, che era mancata tanto a The Lost World che a Jurassic Park III, film che si limitavano a copiare e ingrandire la formula dell'originale. Certo, nulla di nuovo sotto il sole. Gli esiti della trama sono piuttosto scontati, ma il percorso è accidentato al punto giusto, e dopo averlo visto sono convinto che si tratti di un film capace di tener testa, nonostante tutto, all'eredità del primo film. Niente più rivoluzioni tecnologiche, niente più "effetto wow", anzi la CGI è pasticciata ed eccessiva, a tratti fastidiosa, ma anche qui: una buonissima regia sorregge il tutto al meglio, e per ogni difetto c'è comunque qualcosa che continua a mantenere viva l'attenzione, senza strafare, ma facendo "funzionare" il carrozzone al meglio.
Ultima cosa: la nota dolente. Gli ultimi 20 minuti ammazzano il film, perché ne rivelano la faccia più ipocrita e perbenista. Sappiamo che Jurassic World è passato attraverso un travagliatissimo sviluppo, e sono pronto a scommettere che il risultato è esattamente l'ultimo "atto": puro compromesso, che arriva però a distruggere tutto quanto di buono era stato fatto fino a quel momento, diciamo da quando i Raptor si ribellano agli uomini e "sposano la causa" dell'Indominus. Di qui in poi il film è una gara alla situazione più stucchevole. I militari si rivelano cattivi e arroganti, come un militare deve essere. I dinosauri, dopo 3 film in cui avevamo imparato a conoscerli come bestie, né più né meno che leoni e gazzelle, rivelano improvvisamente di avere dei sentimenti. Credo che, al di là dello scontro finale tra l'Indominus e il Tirannosauro, telefonatissimo ma forse anche "obbligato"; al di là della pessima CGI che esplode nel momento in cui il Mosasauro, grande stoico degli abissi, a mo' di aquila tolkieniana mangia il "cattivo" di turno e pone fine alla sciarada; al di là dei personaggi, già finti, ma che diventano improvvisamente delle macchiette, e il tutto perché i bambini in sala capiscano quali siano quelli buoni e quali quelli stronzi; al di là di tutto questo, credo che il livello massimo di stucchevolezza sia il Velociraptor che non sa da che parte stare: Chris Pratt, e quindi l'asservimento all'uomo, o l'Indominus, e quindi l'istinto naturale? Veramente, siamo a un passo da Dragon Trainer. Se Jurassic Park, pur dalla sua natura prettamente commerciale, riusciva a mettere in chiaro una cosa, anche di fronte ai bambini, era questa: i dinosauri sono animali, non ci sono dinosauri buoni e cattivi, ma solo dinosauri ed esseri umani. E questa volontà di antropomorfizzare le creature scade nel ridicolo proprio nei minuti finali, distruggendo, lo ripeto, tutto quanto di buono era stato fatto fino a quel momento, e gettando il film nel ridicolo involontario.
Nel complesso, quindi, film discreto, gestito bene, talvolta anche molto bene, nei primi 3/4. Piatto dal punto di vista di attori e personaggi, ma movimentato al punto giusto, e mai noioso, sempre al galoppo. Fino, purtroppo, all'ultimo quarto. Jurassic World, per me, rientra nella categoria del "bello ma...". Bello, mabbasta.