Matichek
My Blueberry Nights
Sembra quasi una maledizione: prima o poi quasi tutti i più grandi registi orientali finiscono per andare in America e tentare una produzione Hollywoodiana. E' successo anche a Wong Kar-Wai e, strano a dirsi, ne è uscito fuori il film più debole della sua carriera. Non conosco il motivo dietro la genesi di questo film (desiderio di farsi conoscere dal grande pubblico occidentale? Tanti soldi?) ma, nonostante il suo stile sia impeccabile come al solito, ho trovato che manchi l'ispirazione abituale. La sua mano è riconoscibilissima, ma per la prima volta ho avuto la sensazione che dietro l'estetica raffinatissima mancasse la sostanza. E poi c'è un altro problema, che credo sia condiviso da tutti i registi orientali che cercano fortuna negli USA: la sensibilità, la poetica, che trovo quasi inconciliabile con un'ambientazione occidentale. Tutti i film del regista sono impregnati in una sorta di animismo, in cui una chiave, una torta si trasformano in esseri dotati di sentimento. Il problema è che se un Tony Leung o un Leslie Cheung sono perfettamente a loro agio a raccontare della tristezza di una porta che non si aprirà più, un Jude Law proprietario di un caffé a New York appare del tutto fuori luogo in questo ruolo. Non è un brutto film, ci mancherebbe, rimangono dei momenti molto ispirati e la regia riconoscibilissima di Wong Kar-Wai assieme alla fotografia del grande Christopher Doyle che valgono da sole la visione, ma non rimane impresso come gli altri suoi film.