Recensioni Libere

The Last of Us Part II

Ormai da settimane, tiene banco il caso The Last of Us Part II. Prima furono le indiscrezioni, i temutissimi leak con scabrose e sconvolgenti rivelazioni sulla trama dell’ultima opera di Naughty Dog. Da quel momento in avanti, l’inferno. Cospirazioni politiche e manovre vigliacche dell’alt-right. Odio verso il gioco e i suoi autori prima ancora che uscisse. Pioggia di perfect score e solite accuse di voti manipolati/comprati/estorti. Poi l’uscita e la tempesta di fango sul voto utenti di Metacritic, impietoso 3 e spicci con decine di migliaia di pareri, gran parte dei quali molto sospetti. Inutile dire che ognuno di questi passaggi ha generato flame, discussioni e confronti su tutti i social possibili e immaginabili.

Ebbene, leggere tutto ciò – in parte, anche partecipando – mi ha fatto pensare una cosa, sempre più intensamente. Che le recensioni di noi giornalisti specializzati non sono state in grado di fare chiarezza, né di portare serie argomentazioni in un terreno così scivoloso. Fermi, non linciatemi! Non ancora, almeno. Non sto accusando il singolo redattore o la classe nel suo complesso. Credo infatti che il problema sia uno, molto semplice e identificabile, che tuttavia non ho mai visto attaccare da nessuno: le linee guida dei publisher con le indicazioni di cosa scrivere o non scrivere nelle recensioni.

Recensioni LibereCaro responsabile delle pubbliche relazioni (mi rivolgo a te per rivolgermi alla multinazionale del caso, s’intende), io capisco che tu voglia salvare i poveri giocatori indifesi dagli spoiler perché temi che qualcuno potrebbe poi non comprare il tuo prezioso prodotto… davvero, lo capisco. Lo capisco fin troppo bene. Non lo approvo, però. Neanche un po’. Non solo: credo che questo maledetto malcostume, ormai da tutti accettato senza fiatare come normale prassi del settore, stia letteralmente uccidendo la critica videoludica e, in un certo senso, la libertà di stampa nel nostro settore, tendendo a omologare le recensioni, che sempre più si riducono a un mix di considerazioni tecniche che sviliscono il contenuto culturale e artistico del gioco e qualche accenno addomesticato, ingessato e imbavagliato ad ambientazione, personaggi e trama. In pratica, ai giocatori si può raccontare solo ciò che già sapevano da comunicati stampa, schermate e trailer, inserendo poi la solita sviolinata su quanto è bella la grafica, e magari aggiungendo – perché abbiamo la schiena dritta! – che però ogni tanto si riscontra un minimo difettuccio, un glitch, qualcosina, insomma, di assolutamente ridicolo e irrilevante.

Mi dispiace, signor PR, ma questo non è più giornalismo, questa non è più critica. Non ho voluto occuparmi della recensione di The Last of Us Part II per GamesVillage perché, avendo scientemente visto e letto ogni spoiler possibile e immaginabile (chiudere gli occhi di fronte a una notizia vuol dire non essere portati per questo lavoro: cambiate mestiere. Poi è ovvio che non si scrive la news, ma non si può scegliere di non sapere e continuare a chiamarsi giornalisti), ho subito capito che non avrei potuto scrivere in nessun modo di nessuno dei temi e degli elementi interessanti dell’opera di Druckmann, quindi: “No, grazie, PR”. Con 20 anni di giornalismo sulle spalle, so io come devo scrivere un pezzo, e se svelo qualcosa, so farlo in modo da non rovinare né la sorpresa né l’esperienza ai miei lettori, ma semmai incuriosendoli e invogliandoli a prendere il pad in mano. E se anche dovessi irritarli raccontando un dettaglio di troppo… ehi, sono i miei lettori. Se la prenderanno con me. Smetteranno di leggere i miei articoli o seguire la mia testata: è una mia responsabilità, non sono un bambino.

The Last of Us Part IIInsisto: la scrittura è libera. Sperimento un’opera, ne assorbo il contenuto e le sensazioni, le metabolizzo e le faccio mie. Rifletto. Penso a quali temi ed elementi mi hanno colpito, decidendo come strutturare la mia recensione, perché rifiuto di seguire schemi preconfezionati. Se tu, amico PR, mi dici: puoi parlare solo di questi livelli, non puoi dire nulla dopo questo punto, non puoi menzionare questi personaggi… be’, sai, scusami ma mi stai imbavagliando, e in The Last of Us Part II (chi di voi lo ha già giocato credo mi capirà) tutto ciò è particolarmente evidente. E di conseguenza insopportabile. Una recensione scritta facendo lo slalom tra una pletora di paletti e bandierine, si avvicina a una recensione dettata, una recensione di regime. Capiamoci: non intendo drammatizzare, e il mio discorso è certamente iperbolico, perché in fondo parliamo di giornalismo dello spettacolo, di critica videoludica, però la cultura e l’arte veicolano messaggi, anche molto forti. Anche politici, sociali o religiosi. Il Videogioco non è nulla di diverso da un’opera cinematografica o letteraria, quindi facciamo attenzione, perché io, nella mia ipotetica recensione di TLOU II, avrei voluto parlare anche e soprattutto del personaggio innominabile, delle tematiche oggetto di discussioni e polemiche, delle scelte dei developer, persino relative al finale. Come? Tranquilli, questo è un problema mio. So io come parlare anche del finale senza fare spoiler. Si tratta del mio lavoro, ho le mie tecniche. Anzi, mio caro PR, voglio dirti un’ultima cosa: stai sbagliando. Perché le nostre recensioni, se libere di essere diverse, spontanee e senza costrizioni, sarebbero molto più emozionanti, interessanti e stimolanti. Creerebbero più dibattito, darebbero più risposte ma al tempo stesso generando più domande. Alla fine, caro PR, farebbero vendere ancora più copie del tuo prezioso prodotto.

Che cos’è tutto questo? Il bello della diversità. Che poi, a tutti i livelli, è il messaggio di The Last of Us Part II. Ecco, vedi? L’ho scritto qui. E, per fortuna, sugli editoriali non ci sono ancora linee guida e regole da seguire.

 

Metalmark, giornalista, scrittore e docente universitario, si dedica al culto delle avventure Infocom, di X-COM e dell'Intellivision. Come hobby, dirige VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, e i corsi di VIGAMUS Academy. La sua prima rivista da caporedattore? CUBE. Poi tante altre, tra cui PSW, Xbox World, PC Games World, Game Pro (EDGE Italia) e Game Republic.