Wolfenstein: The New Order – Recensione

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La recensione di Wolfenstein: The New Order deve per forza iniziare con un plauso agli sviluppatori: Machinegames entra di prepotenza in quel ristretto numero di software house capaci di proporre un reboot che guarda al presente, senza rinnegare il passato. Tanto per intenderci, è la stessa operazione che è riuscita benissimo a Crystal Dynamics con Tomb Raider, anche se, per certi versi, il titolo con protagonista la giovane Lara Croft resta superiore a quest’ultima avventura del nerboruto Blazcowicz. Wolfenstein: The New Order ha dalla sua un impianto tipicamente old-school, fatto di medikit da raccogliere per garantire la sopravvivenza del nostro eroe, di corazze aggiuntive per ridurre l’impatto dei danni e di un botto di nemici da uccidere, concedendo al protagonista di portarsi appresso un numero importante di armi ed esplosivi, senza limitazioni.

Le concessioni alla modernità rispetto ai canoni della serie, invece, riguardano un level design dalle molteplici possibilità, la scelta di affrontare molte situazioni anche muovendosi nell’ombra e, soprattutto, un’impostazione matura della narrazione. Quest’ultima brilla grazie alle numerose scene d’intermezzo e a momenti scriptati di sicuro effetto, che tengono sempre al massimo l’indicatore dell’empatia. Mi rendo conto di essere già sfociato nel campo del giudizio, e quindi faccio un piccolo passo indietro e vi racconto del come e del perché il nostro  Blazcowicz si trova per l’ennesima volta a salvare il mondo dalla morsa nazista.

UCRONICAMENTE B.J.
La premessa narrativa è quella (a volte abusata) dell’ucronia, ovvero di quell’espediente per cui gli sceneggiatori immaginano come sia il mondo qualora un determinato evento storico si fosse concluso in modo diverso. Nel caso specifico di The New Order, i tedeschi hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale e hanno il totale controllo della Terra. Il primo livello di gioco, che funge da enorme tutorial, è ambientato nel 1946 e vede  Blazcowicz assaltare una base-castello dei tedeschi in un disperato tentativo di volgere le sorti a favore degli Alleati. Le cose si mettono male fin da subito e il nostro B.J., attraverso vicissitudini che è inutile che vi dettagli ora, si ritrova senza memoria e in stato catatonico all’interno di un manicomio polacco. Ci resterà ben 14 anni, per riprendere il possesso dei sentimenti solo nel 1960 e scoprire che il Terzo Reich domina ovunque; occorre mettersi in contatto con gli sparuti focolai di resistenza e andare a cercare vecchi amici. Più facile a dirsi che a farsi, ovviamente, ma Blazcowicz è un uomo da mille risorse e non c’è crucco che possa resistere ai suoi metodi “gentili” per ottenere informazioni.

Non vi ricorda un certo posticino, dove sono capitate cose brutte brutte?
Non vi ricorda un certo posticino, dove sono capitate cose brutte brutte?

Il mondo ucronico del 1960 è ben tratteggiato e credibile. Diciamo che se i tedeschi avessero davvero vinto la guerra, beh… probabilmente le cose sarebbero andate più o meno così, escludendo tutti quegli elementi di fantasia che Machinegames ha introdotto per necessità narrative e di gameplay, come la presenza di mech o di una base lunare tappezzata di svastiche. Scenari ben pensati non bastano comunque a raccontare una buona storia; per fortuna, in The New Order è facile prendere in simpatia il protagonista, che ricorda in alcuni momenti lo spavaldo (e amaro) Bruce Willis di Die Hard e in altri l’implacabile Jason Statham di The Transporter. Allo stesso modo, buona parte dei comprimari emerge per personalità e carattere: amici e nemici di B.J. popolano il mondo di gioco con il giusto piglio e si palleggiano la presenza in una sceneggiatura magari non da premio Oscar, ma comunque godibilissima per buona parte dell’incedere, laddove il videogiocatore resta perennemente sospeso sul sottile confine tra etica e vendetta. Non pensiate, comunque, di trovarvi di fronte a chissà quali bivi: esiste un’unica scelta morale che ci viene presentata nel primo livello e che potrebbe spingere i completisti a percorrere una seconda run, fosse solo per scoprirne le implicazioni narrative.

DOPPIO APPROCCIO, DOPPIA POSSIBILITÀ
Sebbene gli ultimi episodi della serie avessero già introdotto l’elemento stealth, è in The New Order che questo genere di approccio divide al 50% l’importanza con la componente tipicamente action. In moltissimi casi al giocatore è lasciata piena libertà su come muoversi, anche se esistono ovvie eccezioni in cui si è forzati a tenere Blazcowicz in ombra il più possibile, piuttosto che a far cantare il piombo come se non ci fosse un domani (Wolfenstein non è né Thief, né Dishonored, giusto per chiarire). In sincronia coi nostri comportamenti vengono via via sbloccati alcuni talenti aggiuntivi, suddivisi per categorie. Giocando stealth, ad esempio, potremmo ritrovarci a un certo punto dell’avventura con la capacità di muoverci più rapidamente in posizione china, mentre lanciando granate e usando esplosivi diventano presto disponibili ulteriori slot per il loro trasporto. L’approccio silenzioso è comunque consigliabile quando in zona sono presenti degli ufficiali, che possono suonare l’allarme e chiamare a raccolta nuove truppe, qualora venissimo prematuramente scoperti (avete presente gli avamposti di Far Cry 3? Ecco…). In queste situazioni, prima di aprire il fuoco, è consigliabile trovare la via migliore per portarsi alle loro spalle e compiere un’uccisione col coltello, oppure affidarsi alla sempre valida pistola dotata di silenziatore.

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Tra un nazi e l’altro da far fuori, il nostro B.J. riesce anche a concedersi questo.

Sia che decidiate di votarvi allo stealth, sia che vogliate far scorrere il sangue brutto, l’Intelligenza Artificiale è purtroppo eccessivamente accondiscendente. Non dico che sia programmata male (anche se mi sono imbattuto in qualche raro episodio di eccessiva “stupidità”), ma solo che non mostra intenzioni tattiche di alcun tipo, limitandosi a restare nascosta dietro ai ripari oppure ad attaccare a testa bassa; quest’ultimo comportamento è tipico dei soldati corazzati o dei robot, che fanno della resistenza ai nostri attacchi la loro prerogativa principale. A ogni modo, una volta fatti nostri i pattern di movimento e attacco dei nemici, trovare la chiave giusta per la loro eliminazione è questione di poco, anche ai livelli di difficoltà più alti. Semmai, parlando sempre di IA, dà forse più fastidio notare come talvolta (anche se non sempre) i nemici che perlustrano la zona non si accorgano dei compagni che abbiamo ucciso silenziosamente, anche quando passano a pochi metri dai loro cadaveri durante una ronda.

Il level design è suddiviso a piccoli e medi comparti stagni, all’interno dei quali viene data la massima libertà di movimento al giocatore. Ogni stage ha una mappa che può essere consultata per studiare la via migliore da percorrere, secondo le nostre inclinazioni. Non mancano all’appello condotti nascosti e stanze segrete, per lo più ricche di collezionabili, munizioni e medikit. Va detto che, anche seguendo il percorso più diretto, The New Order è comunque abbastanza generoso nel fornire supporto logistico al giocatore, visto che ogni nemico abbattuto lascia in dote svariati proiettili e gli scenari pullulano di power-up. Semmai, The New Order cade un po’ nello stesso difetto di Killzone: Shadow Fall, che non sempre è chiaro nello spiegare al giocatore cosa vuole esattamente da lui: diciamo che più di una volta mi sono trovato a soffermarmi un po’ troppo negli stage alla cieca ricerca di un determinato oggetto o del passaggio alle stanze successive. I checkpoint sono generalmente dislocati con senso, ma in più di un paio di occasioni mi sono trovato a dover ripercorrere porzioni di livello troppo ampie rispetto alle attese.

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Abbey Road, rivisto in chiave crucca. John Lennon is not amused.

1080p E 60 FPS UCRONICI, NON UTOPICI
L’id Tech 5 fa molto bene il suo, almeno per quanto riguarda le prestazioni. Su console The New Order va via liscio a 1080p e a 60 fps senza il minimo indugio, anche quando la situazione a schermo si congestiona di esplosioni ed effetti speciali. Certo, non siamo di fronte alla magnificenza di un InFamous Second Son a caso (che, però, aveva il vantaggio di essere un’esclusiva) e la resa dei volti al di fuori delle scene di intermezzo lascia un po’ a desiderare; tuttavia, visto l’andazzo dei primi sei mesi di vita di Xbox One e PS4, quanto proposto da Machinegames è grasso che cola e c’è da goderne tutti, senza star lì troppo a fare i precisini. A oggi, Bethesda non ci ha ancora fornito un codice per PC, ma nei prossimi giorni proveremo sicuramente The New Order anche lì e, nel caso di grandi differenze, vedremo di partorire un doveroso update.

Le cutscene, come detto, sono splendidamente realizzate, mai ammorbanti e anzi alquanto coinvolgenti in molti casi, anche se nelle dodici ore necessarie a giungere ai titoli di coda è inevitabile imbattersi in qualche momento di stanca nella narrazione. Un plauso va sicuramente al doppiaggio in lingua italiana (davvero ben fatto) e a una colonna sonora che alterna momenti incalzanti ad altri struggenti. È oltremodo vincente l’idea di diffondere nell’aria alcuni brani celebri del rock e del pop anni ’50 e ’60, adattandoli all’ucronia in corso e riproponendoli in ottica Terzo Reich.

Voglio dedicare due parole conclusive alla totale assenza della modalità multiplayer. Il fatto che Machinegames abbia deciso di concentrarsi solo sul singolo ha sicuramente contribuito a fare di The New Order un’esperienza più che piacevole, nonostante i difetti sopracitati. Tuttavia, vista la varietà nelle armi e la capacità degli sviluppatori di partorire buone mappe, resta sotto la cenere la sensazione che avremmo potuto comunque spararci addosso con gran soddisfazione. Certo… piuttosto che appiccicare al gioco un multiplayer fatto in fretta e furia, va benissimo così. Però…