1995 – Dovendo avventurarsi nel desolante catalogo Virtual Boy con lo scopo di scegliere un titolo che possa fungere da più autorevole testimonial delle qualità del suo hardware, la scelta potrebbe facilmente puntare su Space Squash. Non tanto perché il titolo firmato Tomcat facesse chissà quale sfoggio di innovazioni concettuali, ma piuttosto perché grazie al suo particolare format era possibile farsi un’idea più precisa circa le controverse prestazioni tridimensionali del sistema in questione.
Mutuando, per grandi linee, il gameplay del sempiterno Pong – senza però dimenticare di arricchirne prima la formula tramite innesti sci-fi in background cari a titoli quali Shufflepuck Cafè (1989, Brøderbund Software) e Super Glow Ball (1990, Mattel) – i suoi sviluppatori riuscirono infatti ad allestire un prodotto dal gradevole feeling dinamico che, pur palesando le tipiche limitazioni strutturali dell’esperimento, risultava quanto meno in grado di dare “del tu” alla tecnologia proposta dal sistema ideato dal compianto Gunpei Yokoi.
Si potebbe a questo punto ribattere che, a fronte del suo futuribile look, il progetto proponesse in realtà un’esperienza di gioco elementare, o magari puntare per l’ennesima volta il dito contro i fastidiosi effetti collaterali riportati dagli utenti dopo aver indossato il famigerato visore per più di una mezz’ora.
Alla luce della pochezza evidenziata dalla quasi totalità dei titoli di catalogo Virtual Boy, le qualità di Space Squash gli conferivano in ogni caso una certa dignità e questo dato non può che incidere in maniera determinante sulla sua valutazione a posteriori.
IN VIDEO
E ora indossiamo idealmente il nostro visore Virtual Boy per goderci il longplay di Space Squash!