Anteprima – Metal Gear Solid V: Ground Zeroes provato per voi!

Venire accolti dalle note di Here’s to You, le stesse che chiudevano Metal Gear Solid 4, mi ha messo subito nello stato d’animo corretto per comprendere appieno questa nuova opera di Hideo Kojima. Un titolo che, ve lo dico subito, è destinato a creare l’ennesima spaccatura fra chi lo amerà alla follia e chi lo disprezzerà fino al midollo. Sarebbe comunque ingiusto fermarsi a una banale esposizione del gioco basata unicamente sulla missione principale, sulla cui lunghezza si sono spese fin troppe parole.

Ground Zeroes è il prologo di qualcosa di molto più grande. Sembra che Phantom Pain, il vero Metal Gear Solid V, sarà 200 volte più vasto e la cosa non sorprende. La sessione di gioco che ci è stata concessa da Konami è durata poche ore, sufficienti comunque per percepire chiaramente il disegno che si cela dietro questa produzione. L’idea è quella di immerge il giocatore in un MGS tutto nuovo, con regole ben diverse rispetto al passato, che per certi versi vanno a scuotere le colonne portanti del gameplay di questa serie. Tanto per fare un esempio pratico, è sparito il radar. Non c’è modo di conoscere la posizione dei nemici se non affidandosi al binocolo e al proprio intuito. Un gradito ulteriore passo avanti nel difficile mondo degli stealth game, che non può prescindere da scatoloni in cui nascondersi, sempre e comunque. Snake o Big Boss – chiamatelo come vi pare – è un personaggio più umano in questo Ground Zeroes e lo dimostrano anche gli eventi che lo coinvolgono durante la storia principale.

Che ci fa Psycho Mantis in Ground Zeroes? Lo scoprirete solo giocando alla missione Déjà Vu, in esclusiva su PS3 e PS4.
Che ci fa Psycho Mantis in Ground Zeroes? Lo scoprirete solo giocando alla missione Déjà Vu, in esclusiva su PS3 e PS4.

Un arco narrativo che è davvero una freccia scagliata nel cielo con una violenza e una forza senza eguali. Ritrovare sul proprio cammino Chico e Paz, entrambi protagonisti di Peace Walker, non è un semplice escamotage narrativo. Entrambi rappresentano l’ora zero per Big Boss, la fine del sogno e l’inizio di un incubo. Non per nulla Ground Zeroes è ambientato nel 1975, mentre Phantom Pain riprenderà il filo del discorso solo 9 anni più tardi, nel 1984. C’è molto dolore, molta sofferenza e un senso di profonda ingiustizia, ben rappresentati dal tema di Sacco e Vanzetti, i due immigrati italiani, che all’inizio del secolo scorso vennero condannati a morte da un tribunale americano per un omicidio che non avevano commesso.

Raccontare una storia è facile, raccontarla bene è tutto un altro paio di maniche e questo Kojima lo sa bene. E probabilmente è anche conscio dei limiti di una produzione che gravita intorno a un’unica ambientazione, una base che sorge nei pressi della ben nota baia di Guantanamo. Si tratta di un’area non certa immensa come estensione, un assaggio di open world che comunque presenta una vasta serie di approcci e possibilità. La cosa positiva è che si ha davvero una concreta percezione di libertà, tanto che i primi minuti possono risultare persino disorientanti. Decidere la strategie e il modus operandi da adottare è qualcosa che sta al giocatore comprendere, ma la sensazione di libero arbitrio è notevole. Al contrario di tanti altri giochi che si vantano di essere stealth, bisogna davvero impegnarsi per non farsi scoprire e soprattutto occorre sfruttare l’ambiente il più possibile. Giusto per fare un esempio pratico, persino lasciare delle impronte sul fango può attirare l’attenzione delle guardie, fra l’altro molto più attente che in passato e in grado di individuarci con estrema facilità. È ancora presto per tirare le somme sull’Intelligenza Artificiale, ma per quel che ho visto, il livello di sofisticazione non scherza affatto.

La guida dei mezzi rappresenta un'autentica novità per la serie.
La guida dei mezzi rappresenta un’autentica novità per la serie.

Quando si viene scoperti, e ci vuole davvero poco, in un attimo ci si ritrova mezza base addosso e non esiste alcun timer a video che indichi in qualche modo lo status dei nemici. Occorre insomma ascoltare molto bene quel che si raccontano le guardie e muoversi di conseguenza. Basta un nonnulla per farle insospettire e, anche se la missione principale avviene di notte, non esiteranno a tirare fuori la torcia elettrica se noteranno qualcosa di strano. Ovviamente Big Boss non è uno sprovveduto e nell’eventualità di venire scoperti, il gioco prevede la possibilità di eliminare la minaccia in una sorta di bullet time. Si hanno così paio di secondi per far fuoco sullo sprovveduto soldato, ma questo non significa che qualcun altro non possa notare la scena. Insomma, tocca essere belli vigili, sempre e comunque.

In ogni caso ci sono davvero molti aspetti da approfondire, ma lo faremo in sede di recensione. Per ora l’impressione è più che positiva e anche sotto il mero aspetto visivo (chiaramente il tutto è stato giocato su PS4) si nota un gran lavoro e una notevole attenzione ai dettagli. Rimane da capire invece quanto siano interessanti le cinque missioni aggiuntive, cui comunque andranno sommati una quantità di easter egg non indifferente, che di certo non mancheranno di stimolare i fan della serie.