[MGW 2017] HyperParasite – Hands On

Quando una cosa mi piace, ne voglio ancora, ancora e ancora! Partendo da questa regola, e alla luce del fatto che Hotline Miami è una delle cose digitali che mi danno più gioia, di HyperParasite non ne ho mai abbastanza. Se un giorno potrò giocarlo in casa (PC, Xbox One e PlayStation 4 sono le piattaforme obbiettivo del team) resterò incollato allo schermo per settimane a stupirmi di come un’idea semplice e non originale diventi profonda e innovativa quando combinata con i giusti ingredienti. Nello specifico del twin-stick shooter di Troglobytes mi riferisco al fatto che ogni volta che il mio personaggio viene ucciso, il parassita che abita in lui e che è il vero protagonista del gioco, non muore bensì trasmigra nel corpo di chi lo ha ammazzato. Il meccanismo è perfetto già adesso, dopo soli sei mesi di lavoro, e spero vivamente che Luca Eberhart e Saverio Caporusso (il nord incontra il sud a dimostrazione del fatto che la diversità è la scintilla della creatività) decidano di non complicare il concetto. Durante la nostra breve chiacchierata abbiamo disquisito del fatto che potrebbe essere interessante dare al giocatore la possibilità di migrare a proprio piacimento di corpo in corpo, a prescindere dallo stato di salute dell’organismo ospite. Per quanto poco possa valere, la mia opinione è che in un gioco come HyperParasite la semplicità debba regnare sovrana: schivare e sparare e al resto ci pensi pure la CPU. Io, per esempio, farei volentieri a meno anche della necessità di dover ricaricare le armi.

HyperParasite

ANCORA UN ANNO

Se c’è invece un aspetto del gioco su cui i ragazzi di Troglobytes potrebbero lavorare ancora per un’anno o giù di là (12 i mesi necessari al completamento del progetto secondo Luca Eberhart), questo riguarda le classi dei personaggi, che sono nemici e protagonisti al tempo stesso. Al momento le caratteristiche che li distinguono sono tre: arma da fuoco (per attacco a distanza), combattimento corpo a corpo (ho visto un tizio fighissimo armato di mazza da baseball) e lanciatore di oggetti. Forse una maggiore diversificazione potrebbe giocare a favore della profondità di HyperParasite, che ha già dalla sua l’estrema rigiocabilità sostenuta dai livelli generati proceduralmente e un livello di difficoltà d’antica memoria. Interessante a tal proposito il multiplayer locale cooperativo per farsi aiutare da un amico. La grafica e le atmosfere, come nel caso di molti altri titoli del panorama indipendente italiano, sono retro, con luci al neon e una colonna sonora synthwave che sono un palese omaggio agli anni ’80, quando qui era tutta campagna.