Bloodborne – Recensione

Bloodborne

Capita raramente che, in occasione dei lavori che portano all’atto finale di un titolo atteso, i redattori dei siti più importanti si radunino in una chat comune per condividere la propria esperienza. È quanto capitato nel caso di Bloodborne, segno tangibile di come – volenti o nolenti – From Software sia riuscita a costruire nel tempo giochi di cui è bello “chiacchierare” in divenire, e non dopo essere arrivati ai titoli di coda. I giorni che hanno preceduto la scadenza dell’embargo (infame, alle 3:00 di notte e – al solito – quando i negozi hanno rotto il Day One da mo’) sono stati tutto un susseguirsi di “oh… sto andando a fare quel boss là”, “ma no… prima prova a esplorare quell’altra zona a destra”, “quei mob maledetti col sacco sulle spalle mi continuano a spennellare le chiappe… ci rinuncio”, “prova a usare quell’arma lì, girandogli a destra”, e via di questo passo. Anche solo per questo, Bloodborne dovrebbe attirare la vostra attenzione, perché un videogioco che stimola il confronto continuo è, per sua stessa natura, un videogioco interessante.

Peraltro, Bloodborne è una delle esclusive di punta di PlayStation 4 per il 2015, oltre a essere uno dei titoli da mesi in cima alla classifica dell’hype. Inevitabile, quindi, che l’attesa abbia raggiunto livelli da allarme rosso, soprattutto nel caso dei fan di From Software e della serie Souls. Quella che abbiamo tra le mani oggi è una nuova IP che, tuttavia, non fa lo sforzo di nascondere le proprie origini: chi ha già giocato Demon’s Souls e i due Dark Souls si troverà subito a casa, consapevole del fatto che Bloodborne è un action RPG che non perdona e che richiede un tasso estremo di abilità e concentrazione. Proprio come i suoi predecessori, Bloodborne prende a calci nelle gengive il giocatore dall’inizio alla fine, lasciandogli comunque addosso la sensazione di avere certo gravi colpe nelle sconfitte, ma anche altrettanti meriti nelle vittorie. Bloodborne è equo e non guarda in faccia a nessuno: se morirete, sarà soltanto per vostra imperizia; se vincerete, non fate sfoggio di falsa modestia e prendetevi tutti gli elogi del caso, fino all’ultima goccia.
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VOGLIO IL TUO SANGUE, CACCIATRICE!

La prima cosa che salta all’occhio, almeno al giocatore dei Souls, è il cambio radicale di ambientazione. Dai paesaggi tipicamente fantasy dei Souls siamo passati a Yharnam, una città melanconica e dimenticata, abitata da creature talmente demoniache che sembrano partorite dalla mente malata di H.P. Lovecraft. La direzione artistica ha puntato tutte le sue fiches sulle tipiche tinte scure e claustrofobiche della Londra vittoriana. Nelle parti alte degli edifici un pallido sole tramonta perennemente all’orizzonte, ma basta scendere al livello delle terreno per perdersi (letteralmente) in vicoli bui o illuminati dalla sola luce delle torce. I cittadini di Yharnam stanno ben chiusi in casa e non ne vogliono sapere di aprire la porta a chichessia; dopotutto, è notte di caccia, e noi facciamo parte della categoria delle prede, oltre che dei cacciatori. Nella seconda metà dell’avventura non mancano zone più ampie, lontane dalle mura e ispirate direttamente ai precedenti titoli di From Software, in una sorta di autocitazionismo che i fan di Dark Souls non mancheranno di cogliere, passo dopo passo. Yharnam resta comunque lo snodo principale e il luogo dove la direzione artistica ha dato il meglio di sé, tanto da ergersi a fulgido esempio per tutti i titoli che in futuro vorranno competere sullo stesso piano.

[quotesx]chi ha già giocato Demon’s Souls e i due Dark Souls si troverà subito a casa[/quotesx]Detto questo, una volta preso in mano il joypad ci si accorge che le novità apportate dalla casa giapponese non sono solo estetiche, ma coinvolgono anche il gameplay vero e proprio. In Bloodborne lo scudo praticamente non esiste, se non sotto forma di una piccola tavola di legno, assolutamente prescindibile e che ignorerete senza rimpianto alcuno (ammesso che la troviate in giro). Ci sono, invece, le famigerate armi da fuoco, che sostituiscono a tutti gli effetti la componente “magica” dei Souls e permettono quindi di colpire da una certa distanza. Preparatevi a sprecare un sacco di proiettili nelle prime ore di gioco: il vostro istinto vi farà premere quel dannato L2 per sollevare uno scudo inesistente, e l’unico risultato che otterrete sarà di attirare l’attenzione di tutti i nemici nelle vicinanze, con un colpo involontario di pistola. Il rovescio della medaglia è rappresentato dall’impossibilità di difendersi, se non compiendo evoluzioni e spostandosi continuamente dalla linea di tiro nemica. Per nostra fortuna in Bloodborne esiste il cosiddetto Regain System, grazie al quale possiamo recuperare l’energia vitale persa se saremo veloci a procurare un controdanno al nemico entro qualche secondo. Va da sé che queste novità aumentano la frenesia dei combattimenti e penalizzano qualsiasi tattica attendista. Tuttavia, sarebbe un errore grave pensare a una semplificazione del combat system, che si è invece rivelato più tattico e impegnativo rispetto a quanto visto nei precedenti lavori di From Software. Peraltro, la possibilità di personalizzare in modo estremo ogni arma (per mezzo di gemme e upgrade) lascia ampia libertà interpretativa: poco alla volta ognuno di noi è in grado di costruirsi la build che crede, con sfaccettature infinite e altrettante infinite interpretazioni. In Bloodborne sono proprio le armi, più che il personaggio stesso, al centro dell’attenzione: una questione, questa, che farà storcere un po’ il naso ai puristi duri e crudi (sono pronto a scommetterci), ma che in verità funziona alla grandissima, a mio modo di vedere.

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BUON SANGUE NON MENTE

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Questioni di lingua

Bloodborne è completamente localizzato in Italiano, voci comprese. La traduzione letterale è più che buona e inciampa solo nel riciclo spudorato di terminologie obsolete nei messaggi tra giocatori (si parla ancora di “falò” e non di “lanterne”, per dire). Il doppiaggio lascia invece un po’ a desiderare, non tanto per la bontà di chi ha prestato al gioco le proprie corde vocali, quanto per il timbro non sempre adatto ai personaggi associati. L’unica davvero azzeccata, a mio modo di vedere, è la voce dell’automa cui dobbiamo rivolgerci per salire di livello e che si trova nel Sogno del Cacciatore. Detto questo, a caval donato non si guarda in bocca, e quindi ben venga la localizzazione completa nella nostra lingua, segno tangibile che Sony crede nella diffusione di un prodotto comunque atipico anche nel nostro territorio, composto certo da bimbiminkia, ma anche da “matusa” e da videogiocatori dal palato fine. A ogni buon conto, nel menu delle opzioni è possibile scegliere comodamente la lingua tra quelle disponibili, quindi ognuno è libero di fare la propria scelta, in tutta serenità.[/box_articoli]Morire non è mai bello, ma in Bloodborne è un male al quale tocca abituarsi. Lasciarci le penne significa perdere tutti gli Echi del Sangue fino a quel momento accumulati. Proprio come le Anime dei Souls, gli Echi del Sangue rappresentano la moneta virtuale del gioco e vanno spesi sia per salire di livello nei singoli parametri fondamentali (che inficiano quelli secondari), sia per acquistare beni di consumo. Prima di darli definitivamente per persi, è quindi importante tentarne il recupero. Il problema è che spesso gli Echi del Sangue lasciati in battaglia vengono assorbiti da un nemico nelle vicinanze: per riportarli a casa, quindi, non basta tornare sul luogo del delitto, ma occorre anche uccidere l’infame creatura che ci ha depredato; creatura, oltretutto, solitamente più feroce e furibonda del normale, proprio grazie al potere infuso dagli Echi del Sangue in suo possesso.

In Bloodborne esistono anche i Punti Intuizione, che hanno diverse funzioni. Ad esempio, possono essere spesi per acquistare beni assai rari, piuttosto che per suonare una campana che chiami altri giocatori in nostro soccorso (ah… io ci ho provato, ma nessuno è venuto in aiuto della mia bella cacciatrice… maleducati e villani!). Più di tutto, però, i Punti Intuizione modificano la nostra percezione del mondo. Accumularli permette di vedere cose che prima ci erano precluse, come nuovi mob o perfino pattern di attacco diversi da parte dei nemici che abbiamo già affrontato anche numerose volte. I Punti Intuizione crescono ogni volta che uccidiamo un boss o che entriamo per la prima volta nella sua arena; inoltre, alcuni sono contenuti in specifici oggetti sparsi per il mondo di gioco, solitamente non proprio a portata di mano (bisogna sudarseli, insomma). Giusto per darvi un’idea dell’importanza che hanno i Punti Intuizione su ciò che vede il nostro personaggio, sappiate che il totale in nostro possesso è sempre ben visibile a schermo, proprio come gli Echi del Sangue. Come dite? State pensando alla World Tendency di Dark Souls? Beh… l’idea di base è un po’ quella, solo declinata in modo decisamente diverso.

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BLOODBORNE? NO… BLOODBATH

Il level design richiama quello tipico dei Souls (in realtà, più il primo Dark Souls che gli alti due). Ogni zona pullula di scorciatoie, passaggi segreti e incroci di ogni tipo, in un labirinto di strade e sentieri nel quale si perderebbe anche lo scout più attento. L’ambientazione cittadina ha permesso a Hidetaka Miyazaki e soci di sbizzarrirsi anche verticalmente, e quindi di rimediare alla sensazione di dispersione eccessiva che più di qualcuno aveva provato in Dark Souls II. Bloodborne propone un sacco di attività alternative, vincolate all’esplorazione di porzioni di mappa che spesso non hanno a che fare con quelle della trama principale, e che culminano con battaglie contro inferociti boss, capaci di droppare premi anche importanti. Rispetto ai precedenti Souls, Bloodborne ha dalla sua una maggior densità: ovunque voi siate, scordatevi di fare più di tre passi prima di scorgere un pericolo o di notare qualcosa di interessante che accenda la vostra attenzione. Lungo la strada è poi possibile incontrare delle lanterne. Queste hanno (quasi) la stessa funzione dei falò di Dark Souls: sono dei checkpoint ove ritornare a piacere e consentono al nostro eroe di tornare al Sogno del Cacciatore, l’unico luogo veramente sicuro di Bloodborne, che funge da vero e proprio HUB per qualsiasi cosa riguardi la gestione del nostro personaggio.

[quotesx]I Chalice Dungeon sono un vero spasso da giocare, con o senza amici[/quotesx]Tra le attività accessorie, quella che spicca su tutte è la presenza di dungeon generati proceduralmente, che possono essere visitati sia da soli, sia in compagnia. Per accedervi è necessario aver recuperato dei calici particolari, che vanno riposti su alcune tombe nel Sogno del Cacciatore e riempiti con appositi materiali. Ogni piano del dungeon prevede la presenza di un boss, che va ucciso per avere via libera al livello successivo, in un turbine di echi del sangue da accumulare e oggetti sempre più potenti da scovare. I Chalice Dungeon – questo il nome in lingua inglese – sono un vero spasso e permettono una fruizione “a piccoli morsi” di Bloodborne, che per il resto non si presta a sessioni inferiori ad almeno un’ora di gioco: in un quarto d’ora (facciamo venti minuti e non se ne parla più) si ripulisce un piano e si affronta un boss. E vi dirò di più: i Chalice Dungeon rappresentano il perfetto pretesto per una scampagnata in co-op, senza troppi pensieri. L’unico problema sta nel meccanismo di condivisione dell’esperienza coi propri amici, perché non c’è stato verso di giocare assieme agli altri colleghi (il gioco non ha dato grandi spiegazioni: problemi di level match?; i server non erano ancora sufficientemente caldi?; l’antipatia regnava sovrana?). Cosa ottima assai: ogni dungeon da noi generato casualmente può essere condiviso con altri giocatori.

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SANGUE DI GIUDA

Le note dolenti di Bloodborne sono soltanto due. La più grave riguarda i caricamenti, che sono davvero estenuanti, visto che il gioco si ferma per più di mezzo minuto ogni volta che si muore o si usa una lanterna per andare al Sogno del Cacciatore. Considerata la frequenza con cui avvengono queste cose, From Software avrebbe dovuto curare maggiormente questo aspetto, anche perché la lanterna, diversamente dai falò di Dark Souls, non permette di riportare i nemici in vita, che invece resuscitano solo quando siamo passati per il Sogno del Cacciatore. Ergo, se il vostro credo è grindare e farmare come se non ci fosse un domani, preparatevi a perdere un sacco di tempo nel guardare una schermata nera col logo del gioco in bella vista. Per curiosità, approfittando del fatto che i nemici respawnano all’infinito, mi sono fermato a grindare per un’ora esatta (con tanto di cronometro in mano) in una piccola zona che forniva circa 10.000 Echi del Sangue in cambio di quattro rapide uccisioni: ebbene, tra l’andata al Sogno del Cacciatore e il ritorno alla lanterna relativa, ho accumulato ben 40 minuti di schermata di caricamento, contro solo 20 minuti di gioco effettivo. Tra l’altro, anche per viaggiare da una lanterna all’altra è obbligatorio passare per l’HUB centrale: una scocciatura non da poco, che si sarebbe evitata facilmente concedendo al giocatore l’uso di un menu rapido come quello di Dark Souls II, magari accompagnato da un’opzione diretta di attivazione del respawn.

Il secondo problema riguarda il frame rate. La sontuosa direzione artistica di Bloodborne avrebbe meritato una maggior fluidità, rispetto a quella un po’ ballerina che caratterizza tutta l’avventura. I 30 frame al secondo sono garantiti solo in alcune zone, mentre in altre il motore grafico fatica a stare dietro alle richieste del gioco. Fortunatamente, i cali sono sporadici e non rendono difficoltosi i combattimenti; per lo meno, non più di quanto è già accaduto in passato nella serie Souls. Però insomma… solo io speravo che il passaggio alle nuove console scrollasse di dosso a From Software la nomea di software house che fa grandi giochi, ma programmati un po’ così così?

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ZITTO E GIOCA!

Quindi, come la chiudiamo questa recensione? La chiudiamo dicendo che Bloodborne è la quintessenza della scoperta: un titolo che non ti prende per mano, né tuttavia ti impedisce di goderne nel modo che preferisci. Semplicemente, ti mette a disposizione un mondo fatto di sangue e dolore, lasciando che tu ne disponga come meglio credi. Senza aiuti, ma senza preclusioni. Sembra quasi dirti “tieni… questo è ciò che ho da offrirti”, per poi lasciarti in mano un pacco regalo, ancora infiocchettato. Scoprire cosa c’è dentro è affare tuo: zitto e gioca, per l’appunto.

[quotedx]Bloodborne è il pretesto giusto per portarsi in casa una PlayStation 4[/quotedx]Bloodborne è riuscito nell’impresa di salvare capra e cavoli, non tradendo l’essenza dei Souls, ma rimaneggiando nel profondo una formula che cominciava a sapere di stantio. So per certo che qualcuno potrebbe non apprezzare alcune scelte radicali, ma anche a costui io chiedo di insistere e provarci fino in fondo. All’inizio tutto sembra più legato, meno libero e, paradossalmente, più permissivo nei confronti del giocatore. Col passare delle ore, però, il fiocco del pacco si slega e il contenuto viene mostrato in tutta la sua magnificenza. Il personaggio diventa sempre più nostro, le cose da fare si aprono a ventaglio e si scopre che, alla fine della fiera, le dita nell’impasto entrano con più libertà che in passato. Lasciatevi trasportare dalla sua follia, dal suo essere giusto nella distribuzione del dolore e dagli immaginifici scenari dell’oscura Yharnam. Non avete una PlayStation 4? Beh… più pretesto di Bloodborne per rimediare alla mancanza non saprei proprio cosa suggerirvi.