GTA V – Recensione

GTA V

Questa è stata senza dubbio la generazione degli open-world game. Recentemente, il presidente di Ubisoft, Yves Guillemot, lo ha messo proprio nero su bianco: questa categoria di giochi sarà sempre più predominante in futuro. Del resto, quando hai in catalogo un campione d’incassi come Assassin’s Creed, gli argomenti sono tutti dalla tua parte. Ma la millenaria guerra fra Assassini e Templari non è certo stata un caso isolato: di esempi ne abbiamo a bizzeffe, dai vari Batman ai due Just Cause, per non parlare del sottovalutato Sleeping Dogs, dei vari Saints Row e dell’eccezionale Red Dead Redemption, che ci riporta dritti dritti in casa Rockstar. Proprio loro, che con GTA IV hanno davvero segnato il passo, dando vita a una delle esperienze di gioco più significative di questa lunghissima generazione di console. E forse, proprio per merito dell’interminabile presenza di Xbox 360 e PS3 sul mercato, oggi possiamo goderci una delle più stupefacenti realizzazioni videoludiche di tutti i tempi. Uno sforzo che ha richiesto cifre iperboliche per essere portato a termine, nonché una quantità di “ore uomo” che probabilmente non riusciremo mai a quantificare del tutto, perché Grand Theft Auto V è… oltre. Oltre i limiti dell’hardware su cui gira, oltre i limiti in fatto di pure dimensioni (che non saranno tutto, però…), oltre ogni tentativo precedente, qualcosa di così grande da riuscire ad abbattere persino un visionario come Hideo Kojima.

Credo che questa sia l’incognita più scomoda con la quale tocca confrontarsi, nel momento in cui ci si trova a dover recensire una produzione tanto ambiziosa: riuscire a dare una visione, seppur parziale, dell’incredibile mondo di Los Santos è un’impresa improba, come scalare l’Everest a mani nude. Cercate quindi di leggere fra le righe e di comprendere che un prodotto di questa caratura va affrontato nella sua interezza e – poche storie! – nessuna parola, nessun fraseggio arzigogolato, nessun inutile sproloquio potrà mai descrivere in maniera assoluta e completa l’eccezionalità di questa opera. Possiamo solo sederci e viverla in prima persona, a tratti persino contemplarla.

BASTARDI SENZA GLORIA
Ci vuole del gran coraggio per mettere in piedi una storia con tre protagonisti differenti. Se altri non lo fanno, un motivo c’è. È complicato, rischi di sbilanciare la trama, di confondere il giocatore, ma anche lo spettatore. Pensate a quanti film hanno più di un attore centrale. Roba quasi tarantiniana. E infatti, GTA V ricorda non poco, per certi versi, pellicole che sono entrate nell’immaginario comune come Le Iene, Pulp Fiction, ma anche Heat o Drive (lui stesso chiaramente ispirato a GTA, un cerchio che si chiude, verrebbe da dire). Il taglio è più concreto, reale, senza cadere nel melodrammatico stile Niko Bellic, ma neppure nell’eccessiva caratterizzazione di alcuni personaggi. Non fraintendetemi: anche in questo capitolo ci si trova ad aver a che fare con dei tizi decisamente sui generis, ma per quanto siano folli, riescono a essere più coerenti con un modello comportamentale realistico. Insomma, là fuori è pieno di matti e non c’è certo bisogno di farne delle caricature per renderli più credibili, anzi.

La bici è solo uno dei tanti mezzi di trasporto.
La bici è solo uno dei tanti mezzi di trasporto.

Ed è proprio questo il punto, la differenza che passa fra questo Grand Theft Auto e gli altri, quell’equilibrio così ben bilanciato fra possibile e impossibile, che trova la sua massima espressione nella definizione dei suoi tre protagonisti. Michael, questo family man dalla vita apparentemente tranquilla e agiata, che in realtà nasconde un complicato trascorso criminale. Va dallo psicologo per cercare di gestire un carattere a dir poco iracondo, ma deve confrontarsi quotidianamente con un famiglia che lo detesta a 360 gradi, per non parlare di quel maledetto poliziotto che continua a ricattarlo. Poi c’è Franklin, cresciuto nel difficile quartiere nero: ruba auto per vivere e il suo incontro con Michael… beh, non poteva che verificarsi proprio durante un inappropriato furto. Nasce però un’amicizia, tanto che il primo colpo lo porteranno a temine assieme. Qualcuno però (non poi così lontano, nel deserto a nord Los Santos), presto si renderà conto che il suo vecchio amico è ancora vivo. È Trevor, un pazzoide iperviolento dal comportamento a dir poco ingestibile. È l’inferno in terra, così lo definirà Michael, poco dopo un confronto a dir poco teso, che caratterizzerà per tutto il tempo il loro difficile rapporto di reciproca (s)fiducia. Questo improbabile trio dovrà affrontare un’avventura che va ben oltre i confini delle gang e delle scaramucce con la polizia. Agenzie governative, gruppi paramilitari e poliziotti corrotti: questi saranno i nostri veri nemici e noi, da bravi criminali incalliti (e abbastanza squilibrati), andremo a rompergli le uova nel paniere più e più volte, come bambini che prendono a bastonate un alveare.

SIAMO CHIRURGHI O MACELLAI?
Come da tradizione, GTA V è pieno zeppo di missioni d’ogni genere, alcune essenziali per proseguire nella storia, altre accessorie, altre ancora completamente facoltative, se non addirittura casuali. Non mi starò a soffermare molto su queste ultime, anche se è sempre meglio portarne a termine il più possibile, più che tutto per ricavarne dei vantaggi pratici, in particolare quando c’è da organizzare un colpo. Non sono poi così tante le rapine che andremo a compiere nel corso della lunga avventura fra le strade di Los Santos, ma vi posso garantire che ci daranno sempre parecchio filo da torcere e soprattutto ci permetteranno di partecipare ad alcuni dei furti più spettacolari che siano mai visti in un videogioco. La pianificazione, però, merita un minimo di approfondimento. Di base ci vengono sempre proposte due varianti: un piano dove viene privilegiato l’effetto sorpresa, che prevede spesso travestimenti, utilizzo di gas e, più che tutto, diversivi di vario genere. Oppure, in alternativa, si può tentare un approccio meno raffinato, più brutale, ma anche più soddisfacente, soprattutto se iniziate a ragionare con la testa di Trevor (si nota che è il mio personaggio preferito, eh?). In entrambi i casi, avrete bisogno di una serie di complici e qui starà a voi decidere se utilizzarne di capaci ma costosi o andare al risparmio e rischiarvela con delle schiappe. Qua rientra il discorso delle missioni secondarie, perché gli incontri casuali potrebbero portarvi a conoscere personaggi dall’indubbio talento. È interessante notare che quando qualcuno di questi ci resta secco, l’argomento non passa mai sotto silenzio, generando discussioni piuttosto accese nel trio. Uno dei tanti tocchi di classe.

La cosa però più riuscita, in senso assoluto, è la possibilità di passare da un personaggio all’altro in qualsiasi momento, in tempo reale. Questo non solo aiuta a rendere la narrazione più complessa e articolata, ma evita anche quell’affaticamento sulla lunga distanza, che bene o male interessa un po’ tutti i sandbox game. Peraltro, i tre non rimangono inermi in mezzo alla strada ad aspettare i nostri comodi. Quando non sono sotto il nostro diretto controllo, si intrattengono nelle attività più consone al loro carattere: capita così di vedere Michael seduto sul divano, intento a guardarsi uno dei suoi amati film degli Anni ’80, mentre non è raro sorprendere Franklin impegnato a giocare con il suo cane (fra l’altro educabile tramite un’apposita App per iOS e Android, che verrà distribuita a partire da domani). Quando si passa a Trevor, poi… beh, mi è capitato di beccarlo proprio mentre stava gettando uno dei Lost MC giù da un ponte. Già, il suo rapporto con i biker che abbiamo imparato a conoscere in The Lost and Damned (DLC di GTA IV) non è dei più positivi, per usare un eufemismo.

Vista su Vinewood.
Vista su Vinewood.

Poi c’è tutta la questione delle statistiche, dato che i tre amigos dispongono di determinate abilità, come Forza, Resistenza, Mira, Furtività, etc. Tutte sono migliorabili in vari modi, facendo attività sportive, partecipando a sfide ed eventi vari, cercando di eliminare i nemici colpendoli alla testa, guidando a tavoletta senza fare incidenti… insomma, di possibilità ne avrete a bizzeffe e, come se non bastasse, esiste un’ulteriore facoltà speciale, che caratterizza in modo univoco i protagonisti. Michael è in grado di attivare una sorta di bullet time, Trevor invece può incrementare la capacità di fuoco delle sue armi e incassare nel contempo una marea di colpi, mentre Franklin, quando si trova dietro un volante, può rallentare letteralmente lo scorrere del tempo. Ovviamente, il tutto ha un prezzo, rappresentato da un barra che andrà a esaurirsi nel giro di pochi secondi, quindi conviene sempre utilizzare questi plus con una certa parsimonia.

QUANDO MAX PAYNE INCONTRA MIDNIGHT CLUB
Rockstar non scherzava affatto quando ci ha raccontato di aver tirato in ballo tutti i suoi team di sviluppo, in modo da ottenere il miglior risultato possibile in ogni comparto. Tanto per cominciare, c’è davvero molto di Max Payne nelle numerose sparatorie in cui ci troveremo coinvolti in GTA V, pur con le doverose semplificazioni del caso. Il tutto infatti è studiato per permettere uno stile veloce, preciso e mai confusionario. Non aspettatevi tuttavia di saltare in pieno rallenty, sparando a qualsiasi essere vivente, impugnando due Uzi alla volta. Nulla comunque vi vieterà di afferrare una gatling e di compiere un’autentica carneficina. Le sessioni più divertenti, in questi casi, vedono i tre protagonisti agire in vari ruoli: in copertura con un fucile da cecchino, in avanscoperta con un bulldozer, spalla a spalla armati fino ai denti e via di questo passo, con continui passaggi da un componente all’altro (alcuni obbligati, altri più liberi). Non capita spessissimo, ma le missioni che prevedono questo genere di approccio contribuiscono a non ammorbare la giocabilità, estendendola piuttosto oltre i confini della classica esperienza “one man army”.

Sappiate comunque che non sono stati inseriti limiti di alcun genere sul trasporto delle armi, quindi potete portarvi dietro un arsenale intero e tonnellate di munizioni. Il gioco vi spinge a utilizzare tutto quello che avete e vi gratifica con esplosioni spettacolari e sparatorie che finiscono con il coinvolgere dozzine di sfortunati NPC. Potete anche aggiungere qualche upgrade a fucili, mitra e pistole, con innesti che ne migliorano la stabilità, caricatori più estesi e mirini aggiuntivi. Nulla di particolarmente sofisticato, ma che può sempre aiutare.

Ma se l’aspetto “combattivo” del gioco ha subito un upgrade significativo, non potete neanche immaginarvi quanto sia migliorata la guida della auto. Questo è il primo Grand Theft Auto dove non si passa gran parte del tempo a lottare con il pad, nel tentativo di tenere la vettura in strada: qui si può davvero sperimentare il piacere di spingere a tavoletta una supercar, con la consapevolezza che solo un nostro errore può tramutarsi in un incidente disastroso. Fra l’altro, anche nell’eventualità di un cappottamento, ci viene concessa la facoltà di ribaltare la vettura: non è per nulla realistico, ma la praticità vince a mani basse, in questi frangenti. Ciò detto, non finirò mai di lodare abbastanza Rockstar per aver coinvolto i ragazzi di Midnight Club, anche per il discorso del tuning: ogni macchina infatti può essere elaborata sia a livello estetico, sia come prestazioni, grazie a tutta una serie di upgrade. A parte i neon, c’è veramente tutto quello che vi serve per mettere assieme la dream car più tabbozza che ci sia. A essere pignoli, manca giusto la possibilità di aggiungere e/o disegnare delle decalcomanie, ma per il resto, nulla vi vieterà di sbizzarrirvi con cerchioni improponibili e spoiler imbarazzanti.

GRAND TECH AUTO
Si potrebbe tenere un simposio sull’impressionante livello qualitativo raggiunto dai designer di GTA V. Non posso che confermare quando annunciato nei mesi scorsi: la mappa di gioco è immensa, superiore di gran lunga a qualsiasi produzione del genere, ma non è solo una questione di dimensioni, ma di qualità. Non ho mai visto nulla del genere: ogni location è caratterizzata da una cura senza eguali e niente è lasciato al caso, nel tentativo di imitare le imperfezioni della natura fin nei minimi dettagli. Inoltre, dato che per questioni lavorative mi è capitato di passare diverse volte per Los Angeles, non ho fatto alcuna fatica a ritrovare e riconoscere posti e luoghi, anche se la Los Santos di Rockstar si prende le sue doverose licenze, come è giusto che sia. Ma è uscendo dalla metropoli che si rimane ancora più allibiti: il paesaggio urbano lascia spazio alle spianate polverose del deserto, salvo poi tingersi di verde quando ci si inerpica sugli stretti tornanti montani. E come se non bastasse, abbiamo un oceano riprodotto in modo strepitoso, caratterizzato da un moto ondoso di un realismo senza eguali (Assassin’s Creed IV permettendo), completamente esplorabile anche al di sotto della superficie. A onor del vero, questo bellissimo ecosistema acquatico è indiscutibilmente sottoutilizzato, ma c’è, è lì, a dimostrazione di una completezza senza se e senza ma. Per certi versi, il pensiero degli sviluppatori si può riassumere così: “ti sto dando il più bel mondo virtuale di sempre, sta a te esplorarlo e goderne le meraviglie”. Qualcuno lo bollerà come superfluo, se non come un inutile spreco di risorse; tuttavia, per quanto mi riguarda, rimane una grandiosa dimostrazione di come si debba operare, per spingere oltre il concetto di sospensione dell’incredulità.

Rimarrete catturati dalla follia di Trevor. Don't try this at home, però.
Rimarrete catturati dalla follia di Trevor. Don’t try this at home, però.

In ogni caso, Rockstar fa fatto davvero passi da gigante rispetto a GTA IV e gli enormi tempi di sviluppo hanno permesso di mettere assieme un engine stratosferico, in grado di gestire una quantità enorme di oggetti a schermo. Oltretutto, il dettaglio medio è salito in maniera esponenziale, portando in dote texture di qualità infinitamente più alta. Su PS3 in particolare, il balzo rispetto al quarto capitolo è ancora più evidente. Non abbiamo più una risoluzione sub-HD, ma una 720p vera, con un antialias (FXAA si direbbe) che il più delle volte si comporta in maniera decisamente positiva. Certo, per arrivare a un tale livello qualitativo qualche sacrificio è stato fatto, ma sono davvero inezie. La più visibile è il framerate, che rimarrà sempre il tallone d’Achille di questa serie. Anche questo aspetto è stato notevolmente migliorato, sia chiaro, ma qualche calo lo si deve comunque mettere in conto. Un po’ di pop-up, qualche texture che salta fuori in lontananza, leggere imprecisioni visive, ma davvero… ci si deve proprio mettere d’impegno per criticare seriamente il comparto visivo di GTA V. Se consideriamo che stiamo parlando di hardware con minimo 7 anni di vita alle spalle, scusatemi, ma che diavolo si può pretendere di più?

CONSIDERAZIONI FINALI
Sono tante, tantissime le cose che ho dovuto tralasciare, perché in fondo il web hai suoi tempi e i suoi spazi, e per l’approfondimento ci saranno altre occasioni. Però volevo lasciarvi con alcuni pensieri sparsi, di natura prettamente personale, sensazioni, immagini e momenti di un viaggio assolutamente incredibile.

Il primo lancio col paracadute, il volo, la terra che si avvicina, il paesaggio mozzafiato. Il sole che scompare dietro le montagne. La rifrazione della luce sotto la superficie dell’oceano. Il sole, sempre lui, riflesso sulla carrozzerie della mia vettura, all’alba. Le fasi lunari. La skyline notturna di Los Santos. Il colpo d’occhio assolutamente maestoso. La curvatura terrestre. Dar fuoco a una scia di benzina. Godersi l’esplosione che ne segue. I bellissimi dialoghi fra i protagonisti. La totale e devastante follia di Trevor. La mostruosa colonna sonora. I temi musicali creati ad hoc che fanno tanto Drive. La pioggia, che si vede poco, ma quando si scatena un temporale è spettacolo puro. Il tettuccio elettrico delle varie coupé. Il sudore sui vestiti quando ci si mette a correre. Il passaggio giorno/notte, il più bello e realistico di sempre. L’illuminazione globale, straordinaria. E, soprattutto, quella percezione, chiara e limpida, di stare giocando a un capolavoro.