Star Ocean: Integrity and Faithlessness – Recensione

Il tempo non è stato particolarmente generoso con il genere JRPG. Alcune serie si sono saldamente ancorate agli stilemi della tradizione, mentre altre sono finite irrimediabilmente nel dimenticatoio. Altre ancora, infine, hanno radicalmente modificato la loro essenza (è il caso eclatante di Final Fantasy XV). Personalmente sono un grande appassionato del gioco di ruolo alla giapponese, nonostante tutti i suoi limiti, sia tecnologici che narrativi. Ed è con questa disposizione d’animo che mi sono avvicinato a Star Ocean: Integrity and Faithlessness, ultima fatica di tri-Ace (i creatori di Valkyrie Profile), nonché ultimo esponente di una serie la cui stella ha smesso di brillare da un po’ di tempo. Il passaggio alla nuova generazione avrà giovato al franchise? Vediamo di scoprirlo assieme. Innanzitutto, è proprio sulla questione “generazionale” che occorre soffermarsi. Il gioco, infatti, nonostante sia disponibile su PlayStation 4 tradisce molto palesemente le sue origini “old-gen” (in Giappone, infatti, è stato commercializzato anche per PS3). Ciò si traduce quindi in ambientazioni vaste ma decisamente spoglie, in animazioni vistosamente legnose e in un generale senso di scarsa rifinitura. È un vero peccato, perché qualche guizzo artistico c’è, in particolar modo nel character design, curato da Akiman, storico illustratore dei picchiaduro Capcom (e ultimamente anche mecha designer dell’anime Code Geass). La sensazione globale, tuttavia, è quella di trovarsi di fronte a un mondo fantasy molto generico. Il paragone con un gioco come Xenoblade Chronicles X è davvero impietoso, ancor di più se pensiamo che il risultato di Monolith Software è stato ottenuto su Wii U, praticamente una console della scorsa generazione.

Battle_Fidel

A QUALCUNO PIACE VECCHIO

Al netto delle disquisizioni puramente tecnologiche, si potrebbe tranquillamente affermare che Star Ocean: Integrity and Faithlessness è in tutto e per tutto un JRPG vecchia scuola, che non tiene conto delle evoluzioni del genere, soprattutto quelle improntate a un’user experience più scorrevole. Un esempio su tutti? I salvataggi. Questi infatti sono posizionati in punti molto distanti tra di loro, per cui se morirete dovrete rifarvi nuovamente lunghi tratti di strada (almeno non prima di aver attivato il fast travel). A peggiorare la situazione, anche le cutscene non skippabili, particolarmente fastidiose quando sono piazzate prima dello scontro con un boss particolarmente ostico. Sono tutti difetti che ci saremmo aspettati in un titolo Squaresoft della prima ora, e ritrovarle in un prodotto moderno ci lascia oltremodo perplessi. Questo non vuol dire che Star Ocean: Integrity and Faithlessness manchi completamente di istanze innovative, ma queste sono state perlopiù confinate al sistema di combattimento, invero assai profondo e godibile. Il combat system, infatti, vi permette di muovervi in tempo reale sul campo di battaglia. Qui potrete decidere se attaccare il nemico usando sempre lo stesso attacco, tattica che tuttavia vi porterà a una morte prematura. Molto meglio invece affidarsi al sistema “carta-sasso-forbici”, che a seconda del tipo di mossa o parata che eseguite vi permetterà di respingere l’attacco dell’avversario e, in determinati casi, contrattaccare o persino paralizzarlo momentaneamente. Più attaccherete più si alzerà il counter delle combo, mentre un tasto cancel vi permetterà di aumentare la percentuale dei danni inflitti.

SOV_18

Gli attacchi si dividono in due tipologie: quelli base, e quelli che invece richiedono di tenere premuto il tasto (lasciandovi però momentaneamente inermi di fronte agli attacchi del nemico). Non esiste la possibilità di saltare, mentre invece è possibile eseguire uno strafe laterale, in modo da evitare gli attacchi dell’avversario. Attaccando e parando si carica una barra, suddivisa in diverse percentuali; giunta a un dato livello, vi permetterà di sfoderare un attacco speciale e causare una quantità ingente di danni. La scelta strategica, in questo caso, è rimessa a voi: aspettare che la barra si carichi completamente e sferrare un attacco estremamente potente, oppure accontentarsi del grado di potenza più basso? Infine, è possibile per i membri del party (fino a quattro) eseguire degli attacchi in tandem. Il combat system è quindi l’aspetto più godibile del gioco e, considerata l’elevata frequenza degli scontri, questa non può che essere una buona notizia. La pianificazione degli scontri non si conclude sul campo di battaglia: torna infatti il sistema di crafting, che vi permetterà di raffinare una quantità innumerevole di oggetti combinando i materiali ottenuti saccheggiando i nemici.

Anche sul versante narrativo, la filosofia del gioco è fieramente old school, dal momento che gli sceneggiatori del gioco hanno ripreso tutti i cliché tipici dei vecchi Final Fantasy, con una forte spruzzata anime. Abbiamo quindi l’eroe silenzioso, la ragazza fragile ma piena di volontà, e naturalmente il personaggio che ha perso la memoria e che ha su di sé il destino del mondo. La premessa narrativa globale ha tuttavia anche un tocco di originalità, ricollegandosi in modo non scontato ai vecchi Star Ocean. In questo quinto episodio, infatti, le vicende vengono avviate da una sorta di invasione aliena, in quello che è un totale ribaltamento prospettico della trama (nei precedenti episodi, infatti, erano i protagonisti a viaggiare per pianeti sconosciuti). Quella che inizia quindi come una scaramuccia tra regni confinanti si espanderà in una vicenda dal respiro molto più ampio. Purtroppo anche dal punto di vista dello storytelling abbiamo più di un deficit: innanzitutto, i personaggi rimangono sempre ancorati ai cliché di cui parlavamo qualche riga più sopra. Un ulteriore approfondimento emotivo, nonché una crescita del carattere, avrebbero permesso di dare più spessore alla storia. Non aiuta inoltre che i dialoghi siano scritti in maniera decisamente poco credibile, con un linguaggio ingenuo frutto probabilmente di una legnosa traduzione dal giapponese. A questo difetto se ne va ad aggiungerne un altro, in quella che è una combinazione deleteria: stiamo parlando del doppiaggio, inespressivo e svogliato, e che sortisce l’unico effetto di farci desiderare un DLC con le voci originali giapponesi.

SO5_01_P25_01

Sul versante storia non è tutto da buttare, fortunatamente: è stato infatti introdotto un nuovo sistema chiamato Private Action, che permette ai personaggi di intraprendere delle decisioni personali che alterano il proseguimento della narrazione. E, come da tradizione di Star Ocean, alla fine del gioco potrete giungere a diversi finali. Ci sono due modi di vedere questo Star Ocean: Integrity and Faithlessness. Se siete amanti dei JRPG classici, il quinto capitolo della saga tri-Ace rappresenta il massimo che possiate sperare. Anche perché, parliamoci chiaro, di concorrenza ne è rimasta davvero ben poca, soprattutto se parliamo di titoli che si rifanno a una concezione arcaica. Per tutti gli altri, invece, il voto finale è da abbassare di un punto. Star Ocean: Integrity and Faithlessness non è un brutto titolo, per carità. Il suo stesso titolo è una dichiarazione d’intenti: “integrità” e “fedeltà” nei confronti di un modo di fare videogiochi che sembrava essere stato dimenticato. Ancora una volta, quindi, tri-Ace non sbaglia il colpo. Peccato che, a questo giro, il frutto delle sue fatiche sarà godibile solo da pochi estimatori.