Game of Thrones: Episode 6 – The Ice Dragon – Recensione

Con The Ice Dragon, si conclude dopo sei episodi (uno in più rispetto alla formula classica utilizzata da Telltale) la prima stagione della versione interattiva di Game of Thrones, basata sulla popolare serie TV di HBO a sua volta tratta dal capolavoro letterario fantasy Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin. Con quali esiti, però? Prima di dare una risposta netta, è necessaria una premessa, indirizzata specialmente a chi non ha grande familiarità con i titoli sviluppati da Telltale Games dal primo The Walking Dead in poi: questi giochi, che da un certo punto di vista raccolgono il testimone delle grandi adventure di un tempo, da Infocom a LucasArts passando da Sierra, hanno vigorosamente imboccato la strada, coraggiosa ma certamente controversa, di rinunciare quasi per intero al gameplay tradizionale, che punta sull’elemento sfida, per focalizzare la totale attenzione sulla storia interattiva e sul forte coinvolgimento generato dalle scelte morali alle quali il giocatore è continuamente sottoposto.

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LE CRONACHE INFINITE

 

Vedete, non è un elemento marginale o che può essere ignorato, perché determina anche un modo piuttosto diverso di recensire questi “videogiochi”. Chi cerca degli enigmi, non ne troverà neppure uno. Idem per l’elemento esplorativo, tipico delle vecchie avventure, tanto testuali quanto grafiche: qui è missing in action. Telltale si limita a proporre situazioni che richiedono il nostro intervento decisionale, sia attraverso un’azione che tramite dialogo: la tensione della scelta, gran parte delle volte, è acuita allo spasimo da una barra temporale in rapido esaurimento. Non scegliete nulla e… questa sarà la vostra scelta. Chissà? A volte potrebbe essere la migliore. Ma attenti, perché le conseguenze sono drammatiche e a volte imprevedibili, tanto più che siamo nell’universo di Martin, dove, come è risaputo, nessuno è mai al sicuro. Questo tipo di gameplay è spesso spezzato da sezioni quick time event, utilizzate per conferire dinamismo alle sequenze più orientate all’azione oppure per trasmettere sensazioni fisiche più dirette e viscerali. Anche qui, però, non siamo di fronte a reali prove di abilità (come nel caso delle opere di David Cage: Fahrenheit, Heavy Rain e Beyond), ma solo a cambi di ritmo nella progressione dell’avventura. Se quindi non siete dei veterani di Telltale cresciuti con Clementine, Tales from the Borderlands e The Wolf Among Us, soffermatevi prima su questo aspetto, perché qualora voleste un gioco impegnativo, con un tasso di sfida tradizionale, questo Game of Thrones per voi sarebbe un “non classificato”, un titolo da evitare molto accuratamente. La vostra recensione, amici, finisce qui. In caso contrario (e dovrebbe essere il vostro,  se state ancora leggendo), permettetemi di addentrarmi nei meandri del capitolo conclusivo e, con l’occasione, di tirare le somme nei confronti di questa ambiziosa e attesa Season 1, che ha già ottenuto un sequel confermato. In The Ice Dragon, giungiamo a conclusione del primo ciclo di imprese e disavventure dei Forrester, casata nobiliare minore del Nord tradizionalmente sotto l’egida degli Stark e trascinata nel caos dal rovinoso crollo di questi ultimi. Come nei precedenti capitoli, anche in quest’ultimo la narrazione passerà dall’uno all’altro dei diversi protagonisti (evitiamo di citarli per non incorrere in spoiler ai danni dei neofiti della serie: potrebbero non essere tutti gli stessi con i quali partite nel primo episodio), fino a risolvere alcuni nodi cruciali della trama per aprire allo stesso tempo altri scenari da esplorare nella prossima stagione di gioco. Qui il vero grande punto di forza di questo The Ice Dragon, che valorizza l’intera esalogia: il climax ascendente che esplode nell’ultimo atto. Fosco, violento e catastrofico, ma a tratti anche drammaticamente composto: il season finale è potente, di grande impatto e, in un certo qual senso, anche liberatorio, perché ci si sente finalmente affrancati dall’ombra ingombrante dei comprimari illustri della serie, giganti intoccabili per ovvie ragioni narrative (è evidente che non sarete voi a far morire un Tyrion o una Margaery) e anche necessariamente meno efficaci nella loro controparte digitale (ricordiamo che il gioco parte dai volti della serie TV, non dai semplici personaggi letterari). La liberazione non nasce in realtà dall’accantonamento delle star (di fatto non accadrà mai, sono un gancio troppo forte a livello di marketing), ma dalla maturazione dei protagonisti dell’avventura e del legame giocatore-avatar costruito nel corso dei vari episodi. Ora finalmente ci mordiamo le labbra dall’ira, gridiamo la nostra rabbia e ci commuoviamo per eroine ed eroi (che poi tali non sono: siamo in Game of Thrones) resi grandi da Telltale, non da Martin. Non era ovvio né facile, quindi lasciateci spezzare una lancia a favore del team di ragazze e ragazzi che hanno compiuto l’impresa, e magari anche una favore di Ty Corey Franck, l’assistente personale di Martin, che ha svolto il ruolo di consulente sulla storia.

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LA STORIA E LA SUA IMPORTANZA

Come sottolineavamo, la qualità della narrazione è andata crescendo, con continuità e regolarità, senza strappi rispetto agli episodi precedenti, forte di un livello di scrittura che, nei videogiochi, ha ben pochi rivali (per non dire: nessuno). Il tema forte del racconto è probabilmente la frustrazione: il senso, estremamente realistico, di avere a che fare con forse soverchianti e spesso incontrastabili in grado di trascinarci via, alla rovina. Allo stesso tempo, emerge l’epica tipicamente fantasy della riscossa di una dinastia, qui virata in rosso sangue sulla vendetta, feroce, violenta e senza compromessi, che ci ricorda un po’ il Quentin Tarantino di Kill Bill, un po’ il Joe Abercrombie del dark fantasy contemporaneo (non a caso un epigono di Martin). Sarà la progressione delle diverse trame interconnesse, sarà l’affezione maturata per i protagonisti del gioco, ma il peso delle scelte morali, nel conclusivo The Ice Dragon, è più marcato, in certi passaggi quasi insostenibile: forte il senso dell’enormità di certe decisioni da prendere, eccellente l’illusione di poter alterare radicalmente il corso degli eventi. Mai come in questo episodio le barrette del tempo che avete per compiere la vostra scelta vi sembreranno così spaventosamente corte, e molto presto vi troverete completamente immersi nel mondo di Game of Thrones, presi dalla strenua battaglia dei Forrester contro i Whitehill. In tutto ciò, l’unico vero appunto che ci sentiamo di muovere al gioco (ma non è critica di poco conto, purtroppo) è la totale mancanza dell’elemento erotico sentimentale fortemente presente nei libri di George R. R. Martin e ulteriormente rimarcato e rafforzato nell’adattamento televisivo di HBO. Un errore, un’occasione sprecata e un tradimento dello spirito della serie, che dimostra quanto il Videogioco sia in realtà un mezzo espressivo ancora acerbo e considerato inopportuno nel trattare tematiche adulte in senso pieno. Aveva proprio ragione Melissa P quando, da me intervistata diversi anni fa, disse che nei videogiochi troviamo la violenza ma non il sesso perché quest’ultimo, in realtà, fa molto più paura, è molto più anarchico.  A tanti anni di distanza, rincresce constatare che la situazione non sia affatto cambiata. Non ci resta che sperare in un cambio di rotta per la seconda stagione, ma a occhio e croce non vi consiglierei di scommetterci i vostri risparmi. Nonostante questa grande lacuna e un avviamento un po’ lento da motore diesel, la season 1 di Game of Thrones supera brillantemente il suo esame, inserendosi a pieno titolo tra le serie di punta Telltale. Se quindi l’inverno sta arrivando, noi non possiamo che rispondere: “Iron from ice”.

Metalmark, giornalista, scrittore e docente universitario, si dedica al culto delle avventure Infocom, di X-COM e dell'Intellivision. Come hobby, dirige VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, e i corsi di VIGAMUS Academy. La sua prima rivista da caporedattore? CUBE. Poi tante altre, tra cui PSW, Xbox World, PC Games World, Game Pro (EDGE Italia) e Game Republic.