Super Mario Odyssey – Recensione

Ci sono opere destinate a segnare per sempre la storia dei videogiochi grazie alle loro caratteristiche uniche o, più semplicemente, a un livello qualitativo tecnico o artistico che li colloca anni luce avanti rispetto alle altre produzioni. Sono opere preziose, magiche… molto rare. Poi c’è Super Mario Odyssey.

Da quando Nintendo mostrò per la prima volta questo gioco, in verità non in un periodo distante dalla data di uscita (lontani sono quei tempi nei quali la games industry usava annunciare titoli anche a distanza di molti anni), avevamo avuto il forte, fortissimo sentore che qualcosa di maestoso, forse addirittura epocale, stesse per accadere, eppure credo che nessuno potesse davvero essere preparato all’immensità e alla perfezione che Super Mario Odyssey ha saputo raggiungere. Perché, diciamolo chiaramente e con forza, prima ancora di qualsiasi descrizione e analisi critica: Super Mario Odyssey è un miracolo, quanto di più prossimo all’idea di perfezione sia immaginabile, la quintessenza dell’Arte del Videogioco, un testo interattivo da utilizzare come manuale di game design per le generazioni a venire.

A chi dobbiamo questa impresa titanica? Presto detto. Il nuovo capitolo della serie principale di Super Mario su console da casa è stato sviluppato da Nintendo EPD (Entertainment Planning & Development), la divisione nata dalla fusione di Nintendo EAD (Entertainment Analysis & Development), il leggendario team di sviluppo che fu di Shigeru Miyamoto, e Nintendo SPD (Software Planning & Development), voluta nel 2015 dal nuovo Presidente di Nintendo Tatsumi Kimishima. A capo del progetto, il Director Kenta Motokura e i Producer Yoshiaki Koizumi (anche Deputy General Manager di Nintendo EPD) e Koichi Hayashida. Ciò detto, il Dio del Videogioco, il Maestro Shigeru Miyamoto, pur non direttamente inserito nelle attività giornaliere dello sviluppo, ha fortemente collaborato, verificando che il gioco fosse, allo stesso tempo, nuovo e sorprendente ma anche fedele alle origini della serie e capace di soddisfare il pubblico più esigente dei cultori di Super Mario, ben diverso dal giocatore casuale così spesso corteggiato dalla Grande N rinata con il Nintendo DS e il Wii. Il suo tocco si vede, come si vede la cura maniacale di ogni minimo dettaglio da parte del team: Super Mario Odyssey è la riscrittura dell’epica dell’idraulico baffuto, l’ennesima fusione e palingenesi operata dalla casa di Kyoto del genere platform.

Super Mario Odyssey

Lo stesso rivoluzionario Super Mario

Super Mario Odyssey parte da una premessa classica: il rapimento della biondissima Principessa Peach da parte del villain per eccellenza, il nostro “vecchio amico” Bowser, che stavolta si è messo in testa di fare le cose per bene e sposare la sua preda dal sangue blu. Nei panni di Mario, e in realtà anche del suo nuovo e bizzarro cappello, dovremo (ma pensate un po’…) impedire che tali nozze si celebrino, neanche fossimo il Don Rodrigo di manzoniana memoria, e salvare la nostra amata Peach, ormai consacrabile come la Elena di Troia dei videogiochi, tanti e tali sono i conflitti che ha scatenato. La nostra Odissea, e mai termine fu più appropriato, ci porterà a visitare molte terre distanti e diverse tra loro, fino all’immancabile confronto finale, esplorando al contempo la nuovissima e centrale meccanica di gioco che caratterizza questo Super Mario per Switch: l’uso di Cappy, la creatura alleata di Mario che, prese le sembianze del suo caratteristico cappello rosso, permette al nostro eroe di impossessarsi di altre creature e oggetti per assumerne le fattezze e le proprietà.

Super Mario Odyssey

Il tutto è estremamente semplice e immediato: vi basterà agitare il Joy-Con e lancerete il cappello, il che vi permetterà di colpire oggetti (e creature) e, se previsto, di impossessarvi di loro tramite “cap-tura”. A quel punto Super Mario si trasferirà nel suo ospite, al quale compariranno due bei baffi, e ne assumerà il controllo, assorbendone caratteristiche di movimento e poteri specifici, con immensa soddisfazione da parte del giocatore. Un semplice tocco di dorsale e… via, Super Mario sarà di nuovo fuori e libero. È quasi superfluo aggiungere che le mosse di lancio di Cappy, creatura con un tanto di background e motivazioni (anch’egli deve liberare la sorella, rapita da Bowser come copricapo di nozze di Peach), sono molteplici e corrispondenti a diverse gestualità con i Joy-Con, ma qui urge puntualizzare qualcosa di assolutamente fondamentale…

Super Mario Odyssey

Per una volta, temete lo spoiler!

Raccontare Super Mario Odyssey nei dettagli, ma forse proprio raccontare in genere il suo gameplay, sarebbe forse l’unico vero atto di spoiler criminale e irresponsabile che un critico possa compiere in ambito di videogiochi. Se conoscere un elemento di ambientazione, uno snodo di trama o persino il finale di un titolo narrativo qualsiasi è di norma indifferente e talora può risultare persino stimolante per un gamer dalla mente aperta (la fobia esagerata dello spoiler è un male sintomatico dei nostri tempi), rivelarvi che cosa potete fare in Super Mario Odyssey, come è strutturato e quali sono le sue meccaniche di gioco, credetemi, rappresenterebbe un gesto veramente sconsiderato e crudele (e ve lo dico a gioco finito), perché il concept stesso di questo capolavoro assoluto è la scoperta, quel continuo senso di meraviglia tipico dei bambini che nasce dal vedere qualcosa, esserne attratti e sperimentare le interazioni possibili, traendo una soddisfazione e un piacere immensi dalle conseguenze delle nostre azioni.

In Super Mario Odyssey si gode nel giocare, si assapora ogni secondo di corse, salti, combattimenti, come non capitava da 10 anni a questa parte, da quando Super Mario Galaxy, su Wii, sospese per un attimo ogni relativismo di giudizio, separando le persone sane di mente dagli ignoranti (pochi, per fortuna). Ogni azione è incredibilmente naturale e spontanea in un gameplay che non smette per un secondo di cambiare e rinnovarsi pur rimanendo sempre magistralmente classico, quello che tutti noi associamo ai momenti migliori della saga di Super Mario. Non è un caso che Odyssey abbia a mio avviso tre padri e maestri: Super Mario 64, direttamente omaggiato, come è giusto che sia, e preso come esplicito termine di paragone; Super Mario Sunshine, il bellissimo e impegnativo “Mario imperfetto” per quell’amore di piccola console viola che fu il GameCube (e qui verso una lacrimuccia pensando a CUBE, la mia prima rivista da caporedattore…); Super Mario Galaxy, infine, che seppe spezzare il monopolio casual del Wii e che, tuttora, rappresenta il contributo più originale e rivoluzionario mai apportato al platform da qualsiasi sviluppatore.

La natura divina

Ecco, Super Mario Odyssey è uno e trino, è la Triforza mariana. È Super Mario 64, Sunshine e Galaxy in un’unica creatura, capace di incarnare e perfezionare i migliori elementi di ciascuno, aggiungendo la meccanica del cappello come ingrediente salvifico e caratterizzante. Signore e signori, Cappy è la novità più clamorosa, divertente e spettacolare mai introdotta in un Super Mario. È come se quel potere lo avessimo avuto da sempre, come se Mario stesso fosse stato progettato attorno a essa, ed è fenomenale riscontrare come il team (miracolo tra i miracoli) abbia saputo implementare una moltitudine di mosse e azioni ma, al tempo stesso, permettere ai giocatori di andare avanti anche con poche di esse, ignorando, qualora lo desiderino, le sottigliezze di gioco che, invece, sono sempre a disposizione dei più smaliziati gamer d’esperienza. Un obiettivo difficilissimo ma che è corollario di un’intera impostazione di gioco mai divisiva, che fa coesistere i videogiocatori veterani con quelli casuali in un’armonia che non ha precedenti nella storia.

Ciò è dimostrato dalla modalità assistita, che aiuta e guida il player senza arrivare mai a privarlo della gioia di giocare e scoprire, rendendo però sicuro che chiunque possa arrivare ai titoli di coda e godersi tutta l’esperienza (da non sottovalutare: è un traguardo epocale anche questo, se considerate che non comporta saltare scene o parti di azione né essere privati del controllo del personaggio), ma anche, se vogliamo, dalle sezioni retrò nelle quali Mario “si appiattisce” sui muri entrando in una modalità di gameplay che richiama i primi Mario bidimensionali degli Anni Ottanta (anche Donkey Kong, come vedrete), un tocco vintage nostalgico che fa felici i giocatori di ogni genere e riesce anche a cavalcare un indiscusso trend del momento, ma con tanta classe in più.

Impossibile non menzionare l’opportunità di giocare in due, dividendosi il controllo di Mario e di Cappy (divertente, anche se ho trovato più appagante giocare da solo) e, infine, l’immensità del gioco, nel duplice significato di presentare mondi pieni di segreti, sorprese, missioni e obiettivi (siamo davvero a livelli stellari) e di essere talmente appagante e divertente da giocare che, letteralmente, non vorrete più staccarvi, perché anche la mera ripetizione di imprese già portate a termine è sublime (eh già, la vera longevità).

Metalmark, giornalista, scrittore e docente universitario, si dedica al culto delle avventure Infocom, di X-COM e dell'Intellivision. Come hobby, dirige VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, e i corsi di VIGAMUS Academy. La sua prima rivista da caporedattore? CUBE. Poi tante altre, tra cui PSW, Xbox World, PC Games World, Game Pro (EDGE Italia) e Game Republic.