Redux: Dark Matters – Recensione

redux: dark matters

Hucast, un nome che porta alla mente infiniti pomeriggi passati su Ragol, all’alba del gioco cooperativo online su console. Ah, no, lì si scriveva HUcast; la nostra Hucast Games si dedica principalmente a mantenere in vita il mito del Dreamcast, un po’ come la collega NG:Dev Team, sviluppando titoli su un hardware che proprio non vuole saperne di mordere la polvere. Dux esce sulla console SEGA cinque anni fa ma, grazie a Kickstarter, tutti quelli che hanno perso il primo appuntamento possono comunque divertirsi ad annichilire imperi alieni con il qui presente Redux: Dark Matters, remake tirato a lucido del titolo originale. Per giunta senza neppure perdere tempo a togliere la polvere dal vecchio Dreamcast, grazie a questa edizione in salsa Steam.

YOU’RE MY INSPIRATION

[box_articoli]

Retrotrivia 1: tra tutti i titoli per Neo Geo destinati a arrivare su Saturn, Pulstar è l’unico ad essere stato annunciato, ma mai convertito, restando quindi una ghiotta esclusiva per il mostro SNK, tanto che anche l’economica versione CD raggiunge oggi cifre notevoli tra i collezionisti. Cita R-Type, in tutto, compreso il font, ma non dovrebbe far stupire: Aicom, nella sua breve carriera, vantava nell’organico molti ex dipendenti Irem.

[/box_articoli]Scorrimento orizzontale attraverso sette livelli infestati da sgorbi biomeccanici, un pod per assorbire i proiettili nemici e un raggio frontale caricabile premendo il pulsante di fuoco: fermatemi se la conoscete già. Si sa, R-Type ha fatto la fortuna di Irem, quindi è abbastanza naturale che alcuni suoi punti di forza possano aver influenzato la produzione di titoli simili, oggi come ieri. Poi certo, è tutta questione di gestire le risorse, evitando di saccheggiare impunemente il materiale originale, buttando nel calderone una buona dose di trovate originali in grado di fare la differenza, ché di cloni ne abbiamo visti a sufficienza, dal Katakis di Manfred Trenz allo spudorato (ma magnifico) Pulstar di Aicom. Redux: Dark Matters, dalla sua, offre la possibilità di attivare un campo (di stasi? Gravitazionale? Magnetico? Dovevo studiare di più a scuola…) con cui assorbire i proiettili nemici e inquadrare avversari multipli, da eliminare con comodi missili a ricerca. Un vantaggio non da poco, apparentemente da usare con parsimonia: la sua attivazione passa attraverso le proprietà difensive di un apposito pod – in tutto simile al Force di R-Type – che caricherà un indicatore speronando i nemici e i loro proiettili. In realtà questo offre un potente strumento nelle mani dei giocatori esperti, che potranno attraversare grosse porzioni dei livelli mantenendo in salute l’indicatore di cui sopra, disponendo quindi di una meccanica difensiva forse troppo efficace, specie se accoppiata alla rimarchevole potenza di fuoco della nostra astronave.

redux: dark matters

SUPER NASHWAN POWER

[box_articoli]

Retrotrivia 2: il genere Danmaku ha reso famosa la Cave. Leggendo dall’alto verso il basso le iniziali nella tabella dei punteggi di Donpachi, il primo titolo della softco, si scopre il messaggio nascosto TOAPLAN.FOREVER. Kenichi Takano fondò Cave dopo la bancarotta di Toaplan nel 1994. Prima di allora, lavorava ovviamente per la casa di Tiger Heli e Truxton.

[/box_articoli]A tal proposito, il sistema di armamento progressivo è piuttosto standard. L’armamentario cresce un Power Up alla volta, aumentando la forza e l’efficacia dello sparo principale, oltre a dotare la navicella di missili orientabili con la pressione di un tasto, utili per concentrare l’attacco frontalmente o obliterare i nemici che ci girano attorno. Il pod di cui parlavo prima verrà conquistato allo stesso modo, ma è bene mettere in chiaro che le sue abilità sono esclusivamente difensive; scordatevi, quindi, di spararlo verso nugoli di nemici o posizionarlo alle spalle del caccia a seconda della situazione, dato che il suo scopo principale rimane sempre e comunque quello di aspirare i proiettili vaganti. E ce ne sono tanti, di ogni forma o dimensione.

A tal proposito tirerete un sospiro di sollievo sapendo che l’astronave principale, per quanto di generose proporzioni, è vulnerabile in un solo, preciso punto, tra l’altro ben evidente. Un po’ come ci hanno abituato i nipponici Danmaku, o Bullet Hell, che dir si voglia. Certo, si esplode al primo contatto senza troppi complimenti, ma per lo meno ci siamo lasciati dietro storie di giganteschi, bellissimi sprite manovrabili come un tir in una cristalleria. Ti voglio ancora bene però, Dragon Spirit.

redux: dark matters

VUOTO, COME LO SPAZIO

[box_articoli]

Retrotrivia 3: La Forza (Force) è forse l’elemento più caratteristico dell’universo di R-Type. Descritta come una “indistruttibile arma vivente”, viene ideata da Irem come un’energia generata dalle cellule dell’impero Bydo. Il suo background, così come le origini dello scontro tra la terra e Bydo, vengono descritte per la prima volta nel 1991, durante i cinque succosi minuti dell’introduzione di R-Type Complete CD, versione definitiva su PC Engine del mitico coin op, che racchiudeva i due capitoli usciti su Hu-Card in un unico supporto ottico.

[/box_articoli]La difficoltà di Redux è un pelo schizofrenica. Generose quantità di potenziamenti e vite extra rendono l’avventura una passeggiata, salvo improvvisi picchi di difficoltà come nel caso del terzo livello, con le sue astronavi kamikaze e il boss che “ingrana la quarta” dopo un’estenuante scambio di colpi, occupando lo schermo con ingombranti bocche di fuoco supplementari. Ecco… i nemici di fine livello sono una grossa delusione, con torrette a volontà a protezione del solito, scontato nucleo centrale. Dimenticatevi, dunque, di vivere scontri memorabili come il duello contro l’iconico Dobkeratops o l’assalto all’ammiraglia dell’impero Bydo, tanto per continuare i paragoni con quel gioco lì.

Allo stesso modo, la resa grafica è piuttosto priva di mordente, con una scelta cromatica accesa e spesso fuori luogo. Fatevi un giro nel secondo livello e probabilmente controllerete l’entrata video del monitor, ponderando la possibilità di aver collegato il Super Famicom con la cartuccia di Twinbee: Rainbow Bell Adventure ancora inserita. Anche il sonoro non sfugge alla banalità, con tracce elettroniche che dimentichi nello stesso istante in cui torni al desktop; sicuramente Andre Neumann è in grado di tirare fuori ben altro.

redux: dark mattersCosa rimane, quindi? La rigiocabilità è un altro elemento su cui nutro forti dubbi: c’è una modalità veterano a bordo di un sobrio caccia rosa, solo che non è possibile collezionare il pod risucchia proiettili, con tutto quello che ne consegue. Garantito che anche il primo boss risulterà un ostacolo durissimo in queste condizioni, ma davvero eliminare un elemento chiave del gioco è il dovuto prezzo da pagare per offrire una sfida più impegnativa? Un po’ ridicolo, almeno quanto – che so – giocare a Rastan lasciando il nerboruto cimmero binario senza spada, a mani nude…