Twin Peaks – Questa recensione non è quello che sembra

Ci vediamo fra 25 anni” aveva detto Laura Palmer, e così è stato. Dale Cooper è rimasto intrappolato nel limbo, mentre il suo Doppelgänger, impersonato da un Kyle MacLachlan con capelli lunghi e giacca di pelle, ne combina di cotte e di crude. Il vice-sceriffo Hawk è sempre il saggio capo indiano in divisa. A New York uno studente è pagato per guardare una scatola di vetro apparentemente vuota. Nella Stanza Rossa la gente sputa sentenze all’incontrario, e un alberello luminoso fa “frrrsh”. Intanto, nel Sud Dakota, due agenti scoprono un macabro omicidio. “Sta succedendo di nuovo“, dice la tagline del poster. Ma cosa, esattamente, sta succedendo? Che vogliono tutti? Non lo sappiamo ma  – caspita – Twin Peaks è tornato davvero! Ed è esattamente come ce lo ricordavamo: psichedelico, sopra le righe, violento, divertente eppur lento ai limiti della sopportazione. Descrivi Twin Peaks, e ti sembra di descrivere l’opera omnia di David Lynch, regista, pittore, musicista, genio assoluto. E infatti c’è anche lui, che dirige personalmente tutti e 18 gli episodi del revival e ci butta dentro qualsiasi cosa gli passi per la testa. Ma prima di proseguire è il caso di fare una piccola dichiarazione d’intenti: questa non è una recensione. David Lynch non è recensibile. Qualsiasi cosa partorisca la sua mente è perfezione. Incantatore fa di secondo nome. Almeno finché non ti rompe le pelotas. Sigla!

https://www.youtube.com/watch?v=ujDB5ao1JCg

I due episodi di un’ora ciascuno sono partiti come nessuno si aspettava, con il misuratore di surrealismo con l’asticella già sul rosso. Ma che vuoi farci, è fatto così. A David non importa delle piccole squallide certezze che i telespettatori si sono faticosamente costruiti in sua assenza. E come se dicesse: “Binge-watch this, motherf*cker!“. A lui interessa null’altro che il suo personale manicheismo e i mille modi di metterlo a schermo. Così prende ciò che più hai amato guardare, seziona stira stende e poi ti dice: “Ecco, alla fine non era chissà cosa, no?”. Perciò guardare il Twin Peaks del 2017 è una grande lezione sull’evoluzione della TV dal 1991 a oggi. Nel revival, infatti, è facile riscontrare elementi presi in prestito da show moderni (ma già cult) come Lost, True Detective, Fargo. Telefilm che a loro volta, ovviamente, hanno attinto a piene mani dalla serie originale di Lynch e Mark Frost.

Ma ciò che ha più influenzato questi nuovi episodi, almeno per quanto riguarda i quattro finora trasmessi, sono due serie in particolare: The Big Bang Theory e X-Files. E no, mio caro estremista del culto lynchiano, non è una battuta di dubbio gusto. David, questo è noto a tutti, è un gran burlone cui piace prendersi gioco delle aspettative del pubblico. Ci sono orrore e brivido ed emozione in Twin Peaks? Certo, peraltro messi in scena con una maestria commovente. C’è però anche dell’altro. Accade così che subito prima di un momento-capolavoro di quelli che ti strappi gli occhi, ecco che il vice-sceriffo di una tranquilla cittadina montana, in compagnia dell’aiutante un po’ tocco e della segretaria svampita, ha un cattivo presentimento. L’oscurità che un tempo angariava quel luogo sembra pronta a colpire ancora. D’altronde il tronco parla chiaro. Ma le sue riflessioni sono interrotte da una banale gaffe della segretaria, di quelle che hai visto mille volte nei pigri pomeriggi passati davanti alle serie comedy (“You mean you ate the evidence?“). Il dialogo che segue – non te ne accorgi subito, ma – in effetti, proviene proprio da quel genere lì. Solo che, se gli equivoci sono gli stessi, i tempi sono tutti sbagliati. È l’esercizio di Rabbits: se il tempo fra una battuta e l’altra si dilata, ti rendi conto che il divertimento non deriva tanto dalla qualità della sceneggiatura, bensì dalla dosatura dei tempi comici. Determinanti sono quindi regia e, soprattutto, montaggio. Non è un caso che anche stavolta Lynch si sia fatto accompagnare dal suo editor di fiducia, Duwayne Dunham.

Il collegamento con X-Files è sin troppo evidente, con il ruolo di David Duchovny riconfermato. Anche qui però Lynch spariglia le carte, e mischia un’ambientazione da detective story alla commedia più beduina. Insomma, non solo salta da un genere all’altro con una scioltezza che il regista televisivo medio si sogna, per giunta fa il DJ!

https://www.youtube.com/watch?v=77lgqZZ1G_4

Insomma, la bellezza della composizione scenica, l’accuratezza dei dialoghi, le trovate registiche, il perfetto meccanismo dell’editing e la precisione del montaggio sonoro fanno di Twin Peaks – ancora una volta – una serie imperdibile. È commovente vedere sul piccolo schermo una tale attenzione ai dettagli. E non hai letto in questa sede nulla a proposito del cast. Ma con la maggior parte di quello originale confermato, e con l’arrivo di Naomi Watts, Michael Cera, Jennifer Jason Leigh, Laura Dern e Jim Belushi…ce n’era davvero bisogno? E c’era bisogno di questa recensione? No, e infatti non è una recensione! Ma il voto se lo becca lo stesso. Tiè.

Siciliano di nascita e anche di adozione, adesso gravita sul Raccordo. Per qualche ragione a lui ignota continua a studiare, ma dopo la laurea è convinto che avverrà il ricongiungimento all'Essere. Scrive, legge e si guarda in giro.