Shark – Il primo squalo è il film action dell’estate, che con la sua trama veloce e ricca di colpi di scena ci fa letteralmente immergere tra profondità abissali ed esplosioni spettacolari. Se amate il classico genere action preparatevi a mangiare tonnellate di popcorn e a saltare dalla sedia: il nuovo film di Jon Turteltaub è pronto a darvi scariche di adrenalina pura.
Carcharodon megalodon, il terrore dei sette mari
Il film è privo di tempi morti e fin dall’inizio ci butta direttamente nel pieno dell’azione grazie a un effetto flashback al contrario in cui tutto inizia già nella piena e interminabile lotta tra uomo e natura. In molti, sentendo la parola squalo, hanno subito pensato alla classica saga ideata da Steven Spielberg, risalente al 1975, che ha ispirato molte pellicole successive, non solo i tre pregevoli seguiti de Lo squalo, ispirati al romanzo omonimo del 1974 di Peter Benchley, ma anche diversi film nipponici di natura catastrofica, il cult anglo-messicano Tintorera del 1977 tratto dal romanzo del fotografo naturalistico Ramón Bravo, l’italiano Cruel Jaws – Fauci crudeli di Bruno Mattei del 1995 o il recente 47 metri, horror britannico del 2017. Non si tratta però affatto di un remake del primo iconico titolo, ma di un film completamente nuovo che porta nuova linfa a un genere classico dell’intrattenimento fanta action. La fonte di ispirazione di Shark – Il primo squalo è anche stavolta un libro: MEG, horror fantascientifico scritto nel 1997 da Steve Alten che ha ottenuto un enorme successo di pubblico e critica. Il “primo” del titolo del film italiano si riferisce proprio al tipo di squalo, ovvero il megalodonte, un gigantesco pesce predatore appartenente alla stessa famiglia del moderno squalo bianco, la selachimorpha, ma di dimensioni maggiori, con estensione fino a quasi trenta metri e con denti di oltre venti centimetri. Il megalodonte è ufficialmente estinto da oltre due milioni di anni, ma secondo molti scienziati la specie potrebbe essere sopravvissuta ancora oggi ed essere presente a profondità marine attualmente inaccessibili all’uomo. Per fortuna di entrambi. Cosa accadrebbe se invece una spedizione si avventurasse a profondità tali da incontrare i superstiti di questa razza di pesci super predatori? Su queste semplici premesse narrative si basa il film, il cui titolo originario è The Meg. Shark – Il primo squalo ci porta quindi in una delle ambientazioni tipiche del genere, nelle affascinanti quanto pericolose profondità dell’oceano nascoste nella Fossa delle Marianne, uno dei luoghi oceanici più profondi al mondo e il cui fondo è stato solo parzialmente esplorato. L’incipit narrativo supera la barriera psicologica dei dodicimila metri per spingersi oltre, nel momento in cui gli scienziati scoprono che il fondo della fossa, in realtà, è solo uno strato denso sotto il quale c’è ancora oceano inesplorato. In un posto tanto remoto, dove l’uomo non potrebbe sopravvivere senza protezioni per l’enorme pressione acquatica, però, si nasconde proprio il simpatico megalodonte, soprannominato Meg, che non si dimostra molto amichevole con il nuovo predatore che invade il suo spazio, il pericolosissimo Homo Sapiens. Il resto della trama, letteralmente, si scrive da sola, e ricalca i tanti film di genere fanta horror in cui una creatura insegue gli umani che cercano da un lato di sconfiggerla, dall’altro di studiarla. Non a caso, nel team che popola la base marina Mana One da cui parte l’avventura ci sono anche scienziati incuriositi e pronti a studiare un fossile vivente, benché sia una delle creature più pericolose del pianeta.
Shark Location: Thailandia e Shangai, tra oceani e spiagge immense
Una delle cose che colpiscono di più della pellicola sono tuttavia i grandi spazi aperti: non solo gli infiniti oceani, ma anche i fiumi, la natura e tutto quello che è l’opposto della città, con inquadrature volutamente ad ampio raggio che mettono ancora più in risalto il contrasto con le claustrofobiche colate di cemento in cui viviamo tutti i giorni. Alcuni panorami sono letteralmente mozzafiato, e colpiscono le buone trovate registiche con divertenti citazioni ambientali. Nella città di Shanghai, ad esempio, viene inquadrato un palazzo a forma di evocativa pinna e poco dopo, in mare aperto, uno scoglio uguale, a forma, guarda caso, di pinna anch’esso. Poi si passa alla base, la già citata Fossa delle Marianne, che viene descritta da una fotografia quasi mitologica, del resto, nella trama, il team è il primo al mondo a esplorarla, e quindi viene enfatizzata al massimo. Ancor più dei paesaggi indimenticabili della Thailandia, però, colpisce un luogo su tutti: Sanya Bay, una delle più grandi e rinomate spiagge della Cina, che si trova nella costa Sud della provincia di Hainan, e misura ben ventidue chilometri, con un profondissimo Mare della Cina del Sud, che è parte dell’Oceano Pacifico. Vedere centinaia di bagnanti aggrappati a dei salvagenti multicolore è uno spettacolo per gli occhi indimenticabile, che, chi ha visitato questa spiaggia unica al mondo, difficilmente potrà mai dimenticare. Alla magnificenza delle location colorate di blu dei mari e degli oceani più belli del mondo si contrappone il rosso intenso del sangue, che, una volta scoperta e liberata Meg, non tarderà a scorrere. L’intero film è caratterizzato da un ottimo ritmo narrativo, e le quasi due ore al cinema voleranno senza tempi morti, sempre in bilico tra adrenalina e shock ad alta tensione. Non solo, la regia è sapiente e Jon Turteltaub usa i colori in modo magistrale, alternando quelli tenui per i momenti più leggeri a un rosso deciso per le fasi di intenso pericolo. Veramente di ottima fattura le ricostruzioni degli animali marini, tra questi non solo Meg e gli squali più piccoli, ma anche un bizzarro calamaro gigante realizzato davvero bene, che è tra le prime creature ultra abissali ad apparire. Gli FX sono di alto livello, e il mix con la colonna sonora è ben realizzato: il momento dell’ apparizione dello squalo preistorico, ad esempio, è accompagnato da una musica sontuosa e inquietante. Del resto, siamo di fronte a ben ventisette metri di pesce predatore, non un incontro che si verifica tutti i giorni, e anche per lo spettatore vederlo la prima volta mette decisamente i brividi. Il megalodonte ha anche le mascelle più forti di tutta la fauna sottomarina e si dice che possa spezzare le vertebre di una enorme balena con un solo e mirato morso. Gli effetti sonori sono curatissimi; pare davvero di essere sotto l’oceano assieme allo sfortunato team di ricerca protagonista del film. Stona solo la particolare colonna sonora dei titoli di coda, più adatta forse a una commedia pop di stampo cinese, e inspiegabilmente presente nel film.
Un uomo eroico contro la più grande minaccia mai emersa dal mare
I protagonisti di Shark – Il primo squalo sono senza dubbio personaggi molto ben caratterizzati, ognuno con le proprie differenze complementari l’uno all’altro. Si trovano accanto figure che era lecito aspettarsi, ovvero il super miliardario che finanzia la spedizione e pensa di utilizzare ogni singola scoperta scientifica per fini commerciali, gli scienziati interessati solo a lavorare per il bene della scienza, un bizzarro personaggio che, pur lavorando da decenni sulle piattaforme petrolifere e marine, non sa nuotare ed è protagonista di momenti di forte ilarità. Ma non solo, anche una triade generazionale commovente e iconica, in cui nonno, madre e figlia si ritrovano insieme come se si fosse in un momento di guerra. L’attrice Li Bingbing, vera star del cinema cinese, in patria, sarebbe un motivo sufficiente per vedere il film, anche se è meno seguita in occidente e la lo studio di produzione le è stata dietro per ben tre anni pur di averla nel cast, non accettando i suoi rifiuti iniziali. La bella di turno è interpretata dalla DJ, modella e attrice australiana Ruby Rose. Una piccola curiosità svelata da poco dalla produzione racconta che Ruby e Li hanno rischiato di annegare davvero durante una delle scene del film. Il regista, per aumentare il realismo, ha preferito infatti sottoporre gli attori a un durissimo allenamento evitando accuratamente di utilizzare controfigure, stuntman e subacquei professionisti al posto del cast. Ovviamente primeggia su tutti l’eroe senza paura alcuna del film, il veterano in salvataggi sottomarini, Jonas Taylor, interpretato da Jason Statham, iconico attore del genere action, protagonista della trilogia on the road Transporter. Davvero talentuoso inoltre Rainn Wilson, attore caro ai fan di Star Trek, che riesce a dare spessore a un ruolo anche non troppo facile come quello del finanziatore miliardario della spedizione. Una interpretazione corale, dicevamo, ma su tutti prevale proprio Statham che riesce col suo personaggio tutto d’un pezzo a reggere praticamente da solo l’intero film. Non solo, nella trama c’è anche il classico tema della rivincita dell’eroe, che era stato preso per pazzoide durante una precedente spedizione sottomarina per aver parlato di misteriose creature acquatiche. Una trama, quindi, non proprio scontata ma perlomeno decisamente classica. Non a caso, a un certo punto il film sul megalodonte si trasforma in Moby Dick, mescolato alla celebre saga cinematografica Lo squalo, le cui citazioni sono però ridotte al minimo. Sì, l’eroe è come impazzito, e arriverà a lottare a mani nude col letale pesce preistorico pur di fermare la minaccia contro il genere umano. La lotta tra uomo e squalo è appassionante, ma una scena in cui i protagonisti sono solo gli stessi animali marini prevale ed è una delle più impressionati del film. La natura contro se stessa, più forte certamente del genere umano. Il vero “monstrum”, a volte, come ci insegna Frankenstein, è invece l’uomo. Ma del resto, quella tra uomo e natura, a volte, è guerra vera.
La necessità trasforma i semplici uomini in veri eroi
Una produzione cino-statunitense di alto livello, costata ben centocinquanta milioni di dollari e che, secondo molti, è destinata a grandi incassi al botteghino. Warner Bros ha dichiarato di voler puntare su film come questo per conquistare il mercato cinese, al punto di riuscire a strappare a The Walt Disney Company l’esclusiva sui diritti del romanzo The Meg. Undicimila metri, un solo sopravvissuto a diecimila, ovvero il limite conosciuto, e una presunta psicosi allucinatoria che in realtà è un semplice presagio. Tutto il film è caratterizzato dall’eroismo estremo dei protagonisti, ed è un succedersi di scene al cardiopalma, in cui ognuno dimostra di essere sempre un vero eroe. Poche le figure negative del film, che anzi, cerca persino di dare una morale, con alcune citazioni molto forti e di stampo animalista. L’uomo ha sempre visto il mare come una risorsa alimentare e ora Meg è una sorta di vendetta del mare stesso. L’eterno dilemma tra scienza e salvezza, tra distruzione del mostro e dello studio legato a esso. L’eroe vuole uccidere il suo nemico, ma la scienziata vuole studiare il fossile vivente, un vero grande tema classico del genere. Gesti eroici e sacrifici della propria vita per salvare gli altri sono all’ordine del giorno. Spesso, più che gli effetti speciali del film, colpiscono le grandi frasi che sono spunto di riflessione, magari scontate, certo, ma non così gratuite in un film che, del resto, è un action a tema fantascientifico leggero, il cui scopo è intrattenere in una calda serata d’estate al cinema. Intrattenimento di ottima fattura, con una storia che scorre veloce come un motoscafo che fila nel mare tra le onde di un caldissimo sole estivo.
Shark – Il primo squalo vuole farci divertire con un’azione incessante e dei panorami mozzafiato, ma anche farci fermare a riflettere. La storia ha l’impostazione classica del monster movie, in cui una creatura non umana è da distruggere a tutti i costi. Ma del resto, come spesso accade, sono gli umani ad averlo scoperto e stuzzicato e ora, invece di studiarlo, non hanno altra scelta che combatterlo. La pellicola si dimostra un ottimo action movie dall’impostazione fantascientifica in cui uomo e natura lottano per il predominio e tengono lo spettatore col fiato sospeso. Location da favola si mescolano ad azione incessante e momenti eroici veramente emozionanti, che ci faranno passare due ore inchiodati alla sedia con i denti aguzzi di un megalodonte pronti a terrorizzarci.