Fire Emblem Three Houses Recensione

Fire Emblem Three Houses recensione

Fire Emblem Three Houses Recensione | Fire Emblem Three Houses è un colosso, l’ennesimo capolavoro di Intelligent Systems, che a mio avviso si conferma come uno dei cinque sviluppatori migliori al mondo. Chiunque ami la lunga serie Nintendo deve assolutamente farlo suo. Chiunque non la conosca ma ne sia attratto, ha l’occasione perfetta per sperimentarla. 55 ore per terminare l’opera la prima volta in vista di questa recensione, con la gioia suprema che, da domani, con calma, mi godrò le due successive, per vivere questo Fire Emblem con ciascuna delle tre Casate menzionate nel titolo. Fire Emblem Three Houses, amici miei, non è perfetto, pur andandoci vicino, ma trova la sua immensità non tanto nel 95 su 100 che prende come voto, quanto nel 5 su 100 che gli manca, perché – ricordatelo bene – è nei difetti che si esaltano personalità, unicità e autenticità di un grande lavoro artistico.

Ecco, vi ho detto tutto. Sapete il voto, sapete che è giunto tra noi un ennesimo grande capolavoro e che dovete farlo vostro senza esitazione alcuna. Contenti? La recensione è finita. Non avete bisogno di altro. Chi resterà, sappia che mi seguirà in una conversazione strana, diversa dal solito, fatta di premesse, di discorsi generali e di elucubrazioni su elementi che di norma (orrore!) restano solo a margine, e voglio essere buono, di articoli convenzionali quali sono le “recensioni di videogiochi”.

Fire emblem three houses

Fire Emblem Three Houses: post credits scene

Archiviati gli oneri e spezzate le ormai insopportabili catene da review, eccoci qui dopo i titoli di coda di questo cortometraggio editoriale sui generis a discorrere finalmente come si deve di Fire Emblem Three Houses, un’opera interattiva complessa, matura e ruvida, che per fortuna non è scesa a grandi compromessi, meritando pertanto un trattamento libero dalla croce della disamina di grafica, sonoro, giocabilità e longevità. Sgomberate la mente e aprite bene il terzo occhio: sarò ineluttabile, per citare il termine “aulico” preferito dai più (come se lo fosse, poi. Sic!). Tanto per iniziare, smettetela di piagnucolare per gli spoiler. No, non ne farò per non infrangere i sacri vincoli con il publisher, però sappiate che tutta questa storia è completamente sfuggita al controllo.

Se io vi dicessi che questo Fire Emblem è decisamente cupo e opprimente, oscuro, fatto di contrasti tra figure grigie, tragico nelle svolte e nel finale, lontano da rassicuranti sfoggi di manicheismo, a tratti nichilista, vi sentireste minacciati? Sarebbe forse questo uno spoiler? No, amici lettori. Questi sono stimoli alla partecipazione, incentivi alla curiosa voglia di esplorazione, pungoli per farvi scalpitare e saltare a bordo. Sapete invece cosa sarebbe un osceno e svergognato spoiler? La descrizione minuziosa, analitica e commentata passo dopo passo di tutti gli elementi di gioco che troverete in Three Houses, il solito noiosissimo e inutile sfoggio di (in)competenza che sfocia in ventimila caratteri debordanti e narcotici. La loro funzione? Rovinarvi il gusto della scoperta di un titolo che, pur restando assolutamente fedele alla tradizione di una serie storica, anzi leggendaria, riesce a essere al contempo molto innovativo. Troppo? Forse sì. Ma ripeto: questo è il bello di Three Houses.

Intelligent Systems

Non sapevo che in Fire Emblem Three Houses ci fosse Hogwarts

Punto cruciale di Fire Emblem Three Houses è che la protagonista (o il protagonista) comincerà le sue avventure trovandosi ad assumere il ruolo di Professoressa presso l’Accademia Ufficiali del Fódlan, all’interno della quale ci sono tre Case: le Aquile Nere (che ho scelto), i Leoni Blu e i Cervi Dorati. L’Accademia è il cuore pulsante del titolo di Intelligent Systems, il motore immobile di tutti i cambiamenti del format tradizionale della serie, non solo a livello di meccaniche di gioco, ma anche e soprattutto di narrazione, ambientazione e feeling emotivo trasmesso dai personaggi al giocatore.

Non pensate all’Accademia come a una naturale evoluzione dell’accampamento del precedente Fire Emblem: lo è solo come spunto iniziale, ma vi basteranno pochi minuti per capire come questo quartier generale assurga a pilastro assoluto e fondamentale di tutta l’esperienza di gioco. Moltissime le attività, le possibilità, gli spunti per avventurarvi nella vostra psiche e in quella dei tantissimi coinquilini dell’immensa fortezza sacra. Tratto tipico di Fire Emblem, quello della caratterizzazione dei personaggi e della loro scoperta ed evoluzione, tuttavia in Three Houses si va oltre, non solo perché infinite di più sono le modalità per creare rapporti e costruire relazioni umane, ma perché le tematiche stesse della storia principale, il suo mood amaro, quell’epica inversa che striscia fin nelle vostre viscere, renderanno scomoda la vostra poltrona… quasi un Trono di Spade, rappresentando (bizzarro!) la migliore Hogwarts mai vista in un’opera interattiva, ma certamente quella che dai primi romanzi si trasforma gradualmente nelle pietre macchiate di sangue, tradimento e disperazione de I Doni della Morte. Se cercate l’intensità, ne troverete fin troppa. Il problema? Non sarà quella drammatica, meravigliosa ed eroica di Path of Radiance e Radiant Dawn, ma una più fredda, più spiazzante, che non cede al concedervi ciò che chiedete, che sa nascondere in voi la trottola del dubbio di Inception. Senza neppure farvi scoprire se cade o meno.

Intelligent Systems

Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene

Sorprendente e meraviglioso è accorgersi delle tematiche, non so neppure quanto volontariamente ricercate e/o esplicitate dagli autori, che troviamo, o magari scorgiamo soltanto, in questo diamante nero e grezzo che risponde al nome di Fire Emblem Three Houses. Premesso che c’è almeno uno snodo della storia che ci chiamerà a una scelta radicale che influenzerà l’intera epopea e che chi scrive ha scelto di rappresentare le Aquile Nere di Edelgard, algida bellezza, fervida intelligenza, erede al soglio Imperiale, quest’opera sa davvero spiazzare. Molta la psicologia, con elementi vistosamente psicoanalitici e una profonda indagine dell’io attraverso metafore fantasy, ma a colpirmi è stato il tema radicalmente prorompente di un violento umanesimo deicida che si afferma al prezzo di annientare la fede stessa, lasciandoci soli in mezzo ai flutti impietosi e crudeli dell’oceano dell’esistenza, quasi a chiederci: “Perché?”, e con tante, troppe domande che non troveranno risposte. Per di più attraversando contesti schiettamente machiavellici, e non nel modo superficiale… “da videogioco”… al quale ormai ci hanno abituato fin troppi prodotti del becero intrattenimento patinato post Occidentale.

La mia run, signore e signori, si è rivelata ai miei occhi increduli un’ode dissonante all’ateo pragmatismo (o forse più al pragmatico ateismo) sovietico, dove alfine ci troviamo attoniti a sperare che un miracoloso piano quinquennale possa darci una rassicurante stabilità post purghe staliniane (non invento: è un fatto. Accade tutto in questo Fire Emblem). Badate bene: non si prendono posizioni ideologiche, né tantomeno le sto prendendo io. Sono solo maledettamente euforico di aver appena attraversato un’opera così profonda, sfaccettata e complessa, così adulta senza bisogno di violenza esplicita, sangue e sesso, eppure con tutti questi elementi più presenti che mai, ma dietro a diversi schermi, sempre con quel paio di passi che occorrono per dare a una bambina di 10 anni la sua meravigliosa esperienza, e a me – che di anni ne ho qualcuno in più – la mia.

Fire Emblem Three Houses è un gioco unico nel suo genere, una di quelle perle rare, rarissime, che non dovremmo mai lasciarci scappare. Non perché è immenso e profondissimo, non perché è fedele a una tradizione leggendaria pur riuscendo a innovare, e neppure perché è entusiasmante dal primo istante all’ultimo, nonché ipnoticamente superlativo da leggere, osservare e ascoltare. No, cari amici: dobbiamo premiarlo, farlo nostro e viverlo, tutto d’un fiato, perché è un’opera intelligente, che tratta con perfettamente dissimulata gravità, ergo con apparente leggerezza, tematiche rarissime in un videogioco. E quando un’opera ci fa ragionare e sa destabilizzarci, allora sì che siamo di fronte all’Arte. Quell’Arte che, proprio in quanto tale, rivendica i suoi limiti e i suoi magnifici difetti.

VOTO: 9.5

Metalmark, giornalista, scrittore e docente universitario, si dedica al culto delle avventure Infocom, di X-COM e dell'Intellivision. Come hobby, dirige VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, e i corsi di VIGAMUS Academy. La sua prima rivista da caporedattore? CUBE. Poi tante altre, tra cui PSW, Xbox World, PC Games World, Game Pro (EDGE Italia) e Game Republic.