The Last Dance Recensione

The Last Dance

Nel 1990 in molti conoscevano il talentuoso Michael Jordan, ma nessuno poteva immaginare quanto importante sarebbe diventato, non solo per il basket ma per l’intera cultura di massa. Ideata da Michael Tollin e diretta da Jason Hehir, The Last Dance conduce lo spettatore proprio alla scoperta di questo fenomeno, e più in generale della squadra di cui fece parte, i Chicago Bulls. Divenuta ufficialmente la serie più vista di sempre su Netflix, dove i primi episodi furono rilasciati il 17 aprile, questa si avvia ora alla conclusione con le puntate nove e dieci, disponibili a partire dal 18 maggio.

In The Last Dance si ha modo di ripercorrere le tappe fondamentali di quella che è tutt’oggi definita come il più grande team di basket di sempre. Dal 1990 al 1998, la dinastia dei Bulls viene sviscerata in tutti i suoi retroscena, momenti difficili, e vittorie epocali. Se gran parte dell’attenzione è puntata su Jordan, vero protagonista, non ci si dimentica mai di tirare in ballo anche i suoi mitici compagni di team, da Scottie Pippen a Dennis Rodman, da Steve Kerr al coach Phil Jackson. Perché, con loro, si svela il vero segreto del loro successo: il gioco di squadra.

The Last Dance Netflix

Come si diventa i più grandi

Dopo aver narrato nel corso dell’intera opera le mirabolanti imprese che hanno portato i Bulls a conquistare ben cinque titoli NBA in soli sette anni, analizzando di volta in volta situazione per situazione, tra problematiche e punti di forza, la serie si avvia a concludere quanto anticipato nel primo episodio. La stagione del 1997/1998 è stata probabilmente la più intensa per il team, poiché vi era la consapevolezza che si trattava, come recita il titolo, dell’ultima danza sul campo da gioco. Con la promessa che Jackson sarebbe stato sostituito a fine anno, causando però anche il ritiro di Jordan, in molti avvertivano l’avvicinarsi di un futuro incerto proprio nel momento di massimo splendore.

Il grande pregio di questa serie documentaria è quello di riuscire ad essere estremamente accattivante, trascendendo il genere di appartenenza per contaminarsi con una narrazione che sembra propria dei più avvincenti film narrativi. Si cade e ci si rialza insieme agli eroi qui presenti, i quali svelano la loro umanità e loro fragilità. Accettandole, hanno modo di unirsi come squadra e trionfare tutti insieme. Il percorso è costellato di interviste, particolarmente intime, brillanti ma anche emotivamente toccanti. Ma la vera punta di diamante sono certamente i filmati della troupe che seguì il team in quegli anni, la quale immortalò ogni momento più significativo.

Con uno straordinario lavoro di postproduzione su tali filmati, si può davvero costruire un racconto ricco di conflitti, che non rimane mai distante da ciò che viene narrato ma anzi vi si immerge consentendo un miglior coinvolgimento. Seguendo The Last Dance ci si emoziona, ed emozionandosi si apprende una delle più belle storie sportive di sempre, che ha visto una squadra considerata mediocre diventare la più rispettata del mondo. C’è un prima e un dopo i Bulls degli anni Novanta, che si affermarono come una dinastia e una formazione irripetibili nella disciplina, e ancora oggi nessuno si è accostato a quei livelli.

The Last Dance recensione

L’ultima danza

Con il decimo episodio, si conclude così un viaggio del quale ormai ci si sentiva parte integrante. Nonostante la specificità della storia, infatti, vengono trattati temi talmente tanto universali che è difficile non ritrovarvisi. Focus centrale di questa chiusura è dunque la finale della stagione rinominata The Last Dance. Una conclusione sofferta, raccontata con il dinamismo a cui siamo stati abituati e con l’incisività che ha caratterizzato l’intera serie.

La figura di Jordan viene così definitivamente alla luce in tutto il suo splendore, e il suo carisma larger than life letteralmente rapisce l’attenzione dello spettatore. A ripensare all’intera serie, occorre certamente prestare attenzione allo spostarsi in avanti e in indietro nel racconto degli eventi, ma il tutto avviene in modo così naturale e preciso che difficilmente ci si potrà sentire disorientati.

Conclusasi l’ultima danza, si conclude uno dei racconti sullo sport più incredibili degli ultimi anni, qualcosa che né un documentario tradizionale né un film di fiction sarebbero potuti riuscire ad ottenere. Occorreva trovare il giusto incrocio tra i due linguaggi per raggiungere tale risultato, cosa che Tolline e Hehir hanno lavorato a lungo per cercare, riuscendovi e consegnando alla nota piattaforma streaming una delle narrazioni più complesse e avvincenti di cui può oggi avvalersi. 

Gianmaria è sempre stato un grande appassionato di cinema e scrittura, tanto da volerne fare la sua professione. Studiando queste materie all'Università decide di fondere le sue passioni nella critica cinematografica e nella scrittura di sceneggiature. Tra i suoi autori preferiti vi sono Spike Jonze, Noah Baumbach e Richard Linklater.