The Old Guard Recensione

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Una scena del film

The Old Guard | Quando nel lontano 2004 Chris Anderson scriveva un libro rivoluzionario come The Long Tail, Netflix era una società di servizi in streaming ancora in erba.
La famosa “coda lunga” teorizzata dall’ex direttore di Wired anticipava di fatto le basi economiche del XXI secolo: non è più vantaggioso puntare sulle hit, sui prodotti di largo consumo; lo è molto di più puntare su tante piccole nicchie di mercato che messe insieme fatturano più di un unico prodotto di massa.
Più di quindici anni dopo, la società d’intrattenimento cinematografico più famosa al mondo conta un catalogo sconfinato, realizzato con l’intento di soddisfare fette di mercato sempre più targettizzate.
E tra le “nicchie” più prorompenti ultimamente c’è da annoverare quella degli action movie, diventati un vero e proprio cavallo di battaglia per il portale americano.
Tra questi, a partire dal 10 di luglio, c’è The Old Guard, con una irresistibile Charlize Therone.

La locandina del film

 

The Old Guard, veterani da sempre

Andy (Andromache of Scythia) è una soldatessa con il dono dell’immortalità. Ha combattuto tutte le guerre più importanti della storia avendo sempre la garanzia di spuntarla e lasciare il campo di battaglia indenne. La sua squadra di soldati è composta da un cast internazionale, tra cui il nostro Luca Marinelli, bravissimo nel proporre una recitazione meticcia, tutta basata su un inglese imbastardito dalla lingua d’origine.
Una squadra di invincibili, quella capitanata da Andy/Charlize Theron. Che ad un certo punto però dovrà fare i conti con un’altra soldatessa scopertasi immortale, una certa Nile Freeman interpretata da Kiki Layne, volto divenuto noto dopo Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins.

La trama di The Old Guard è tratta dall’omonimo fumetto scritto nel 2017 da Greg Rucka e disengato da Leandro Fernandez.  Eppure confronti con altri media ed altre cinematografie saltano subito all’occhio. A partire dalla regia.
Lo si era intuito già in Tyler Rake di Sam Hargrave ma l’idea di Netflix è sempre più quella di avvicinare i film di guerra/azione a degli stili registici vicini alla grammatica dei videogame. Inquadrature lunghe, soggettive ad inquadrare di spalle il protagonista, massima resa stilistica nel valorizzare gli scontri tra bande nemiche.

The Old Guard
Una scena del film

Un film da vedere in tv?

Ciò con cui Netflix deve continuare a fare i conti è però un problema di carattere prettamente stilistico, in cui a contare è più la modalità di fruizione che l’effettiva capacità di raccontare storie.
Ciò che si era già evinto in lungometraggi dello stesso genere, a partire da 6 Underground di Michael Bay e passando per il già citato Tyler Rake è che il piccolo schermo non sempre può rendere giustizia fino in fondo al lavoro di post-produzione che c’è dietro al film.
Una difficoltà, questa, che negli ultimi anni era stata ovviata concedendo ai fan dei piccoli passaggi in sala che garantivano ai cultori del genere un’esperienza coinvolgente a 360°.
Ora però le potenzialità del sistema di distribuzione ad evento (che solitamente era costituito da un massimo di 3 giorni di proiezione) verrebbero fortemente depauperate dall’obbligo di contingentare le persone in sala, e dunque anche questa alternativa al piccolo schermo sembrerebbe venire momentaneamente meno.
Un problema non da poco, per chi ama immergersi totalmente in questo tipo di storie.

Al netto di tutto ciò, The Old Guard resta un film godibile che sicuramente garantirà 2 ore piene di colpi di scena ai suoi spettatori.
La trasposizione cinematografica di opere nate con un diverso intento non è mai semplice, ma nel portare sullo schermo la graphic novel di Rucka, la regista Gina Prince-Bythewood sembra non aver lasciato proprio nulla al caso.
La sua è una trasposizione che garantisce il giusto spettacolo, senza mai perdere di vista l’aspetto “politico” della vicenda. E di questi tempi, avere delle posizioni chiare, fa tutta la differenza del mondo. Soprattutto quando si fa cinema!

 

Gianluca la passione per il cinema la scopre a 4 anni, quando decide che il suo supereroe nella vita sarà sempre e solo Fantozzi. 
Poi però di quella passione sembra dimenticarla fin quando, un giorno, decide di vedere uno dietro l’altro La Dolce Vita di Fellini, Accattone di Pasolini e La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Da quel momento non c’è stato verso di farlo smettere di scrivere e parlare di cinema, in radio e su portali online e cartacei. 
Vive a Roma perché più che una città gli sembra un immenso set su cui sono stati girati chilometri e chilometri di pellicola. 
Odia le stampanti.