Battletoads Recensione: ranocchie ninja su Game Pass

Non era facile, negli anni novanta, spiegare al compagno di banco del perché Battletoads, sia che si prendesse in esame l’originale o ancora meglio i seguiti, fosse un marchio con una sua identità ben precisa, più vicino ad una consapevole ed intelligente parodia delle Tartarughe Ninja che ad una tarocca e sbiadita imitazione. Erano anni colorati, con palette sgargianti che dipingevano con ostentata maestria la transizione tra gli 8 e i 16 bit di casa Nintendo e persino Sega, dove Rare, alla faccia di un orgoglioso passaporto britannico, faceva la sua porca e pure sporca figura. Un po’ picchiaduro a scorrimento e un po’ plattform, i vari Battletoads, nonostante il mito delle mutanti tartarughe, erano grandi giochi. Tosti, difficili, con un level design intelligente e un gameplay croccante. Per questo, l’annuncio del ritorno del trio di ranocchie tamarre era stato accolto con un sorriso beota dipinto sui volti dei videogiocatori 40enni, stoicamente aggrappati alla nostalgia dei bei tempi andati. La buona notizia, dopo una settimana trascorsa sul codice definitivo da oggi disponibile per tutti su store Microsoft e Game Pass, è che Battletoads in versione XXI secolo tutto sommato ce la fa. Rinunciando ad alcune peculiarità e guadagnandone sorprendentemente altre. E allora, ecco che il beat’em up a scorrimento che tutti ricordavamo si trasforma in una sorta di Devil May Cry cartoonesco zeppo di rompicapo e collezionabili da afferrare con la lingua, lontano della struttura dai titoli originali eppure estremamente godibile.

Battletoads: Perle Rare

D’altro canto, Rare sembra vivere un buon momento. Il successo del piratesco Sea of the Thieves unito alla giustificata attesa per quella perla che, incrociamo le dita, sembra essere il fiabesco Everwild (qui la nostra anteprima), presentano un contesto ideale per il ritorno delle Battletoads, con un’avventura spalmata su 4 atti affrontabili in singolo o con due amici in locale, eppure non a distanza di sicurezza, via multiplayer online, come normativa anti-Covid, a dirla tutta, imporrebbe. Una mancanza, sicuramente. Oppure, secondo una visione più romantica, un altro tocco nostalgico che si unisce ai richiami del già citato passato, quando le Battletoads, incarnando una personale e bislacca visione del bene, diventarono eroi ammirati da tutto l’universo, salvato per il rotto della cuffia suon di cazzotti. I tempi, però, cambiano. Un po’ come i videogiocatori dell’epoca, i sogni di gloria si sono infranti contro i lisci vetri di una realtà monotona, tra lavori piuttosto ordinari e routine quotidiane, traslate sotto forma di brevi minigiochi. L’occasione per il riscatto, però, c’è. E poco importa che le motivazioni reali per un ritorno in grande stile di Rash, Zitz e Pimple poco abbiano a che vedere con la salvezza dell’universo. Basta che si meni, certo. Ma non solo.

La struttura del nuovo Battletoads è sensibilmente diversa rispetto ai giochi originali, dato che rinnega”quasi” completamente la componente platformica, in vero relegata a qualche citazione e alle sezioni in turbomoto dove la telecamera, un po’ a sorpresa, finisce alle spalle del videogiocatore. Per certi aspetti, quindi, il nuovo Battletoads immaginato da Dlala Studios sotto la supervisione di Rare, è un picchiaduro a scorrimento più classico, con sezioni più o meno lungo dove affrontare orde di nemici su nemici prima dell’immancabile boss. Fondamentalmente, quindi, menare a destra e a manca resta la principale attività del gioco. Attenzione, però. L’inserimento di un sistema di valutazione aggiunge un inedito elemento stilish che si sposa alla perfezione con il particolare combat system studiato per l’occasione. Proprio per questo, i primi minuti con Battletoads sono piuttosto stranianti, almeno per chi si aspettava evidentemente un gioco più semplice e semplicistico. Il numero di mosse in dote ad ogni rospo e notevole, come notevole è, pure, il modo in cui ogni azione può essere concatenata. Non si tratta, semplicemente, di eseguire semplici combo, quanto, piuttosto, di leggere nel caos generale gli attacchi degli avversari, la conformazione dello scenario e, soprattutto, fare proprio un particolare e frenetico ritmo di gioco. Rushare avanti e indietro, per altro su due diversi livelli, diciamo così, di parallasse, è vitale per restare in vita, ma anche per creare combinazioni di colpi lunghe, complesse e stilose. Sembra una forzatura, ce ne rendiamo conto, eppure, il gameplay di Battletoads 2020 dovrebbe essere avvicinato, in concetto e percezione, più a quello di un Devil May Cry che non a un Double Dragon o, tanto per restare in tema ri grandi ritorni, a quello del recente Streets of Rage. Una precisazione doverosa perché, se è vero che la scelta del livello di difficoltà può, realmente, fare tutta la differenza del mondo in termini di fruizione, e anche vero che non tutti avranno per forza voglio di metabolizzare un gameplay piuttosto stratificato, derivativo eppure originale. D’altro canto, Battletoads, come da tradizione, punta ad una sfida tutto sommato più alta rispetto alla concorrenza vomitando addosso al giocatore orde su orde da affrontare tenendo ben presente le caratteristiche già sinteticamente descritti. Di più: laddove il multiplayer locale fino a 3 giocatori mantiene un feeling tutto sommato prevedibile, il gioco in singolo obbliga costantemente l’utente ad alternare le tre ranocchie, selezionabili in tempo reale con l’ausilio della croce direzionale. In questo caso, oltre a permettere al personaggio in uscita di “recuperare” energia, si aggiunge una mosse di ingresso simile, per filosofia, ai “cambi” di un qualsiasi crossover Capcom. E ancora, in tutto questo marasma particolare attenzione richiede l’uso della lunga e viscida lingua da rospo, utile, alla bisogna, per catturare insetti energetici, attirare a sé nemici o, perché no, raggiungere un paino diverso dello scenario. Insomma, Battletoads 2020 non si limita a recuperare un brand, un universo o un genere, ma lo ristruttura con alcune scelte originali e coraggiose.

Ranocchie mutanti alla riscossa

Vero è che Battletoads, al netto di una piacevole parentesi arcade, in ambito casalingo ha sempre cercato di differenziarsi in termini di profondità rispetto alla concorrenza, cercando di strutturare ogni singola avventura come un’esperienza più completa, maggiormente influenzata da altri generi. A tal proposito, ben vengano le numerose sezioni rompicapo, con richiami all’indimenticato Pipe Mania, o brevi minigiochi, utili per spezzare il ritmo delle mazzate. E se già questo sarebbe bastato a differenziare la produzione Microsoft Studios rispetto ad un qualsiasi titolo indie in stile retro, è giusto evidenziare come l’avventura, pur completabile alla prima tornata in 4 o 5 ore, sia costellata da lunghe sequenze filmate, ben scritte e ricche di richiami. Lo stile, come facilmente riscontrabile da foto e filmati, è un mix tra moderno e antico, con le recenti e inflazionate tecniche visive mescolate ad uno stile tipico dei cartoon occidentali degli anni ’90. Abbandonati i pixel e, pure, alcune atmosfere dark, il nuovo corso della saga sembra rivendicare una identità ben precisa, per quanto un po’ stereotipata, anche nel look. Si tratta di scelte che, ovviamente, a molti risulteranno indigeste, ma che confermano uno sviluppo costellato da scelte ben precise. Battletoads, nella sua originalità, è infarcito di richiami e citazioni pronte per essere colte tra i giocatori più anziani. A tal proposito, si segnala un comparto sonoro che, al netto di effetti sonori e musiche standard, è impreziosito da un doppiaggio in lingua inglese di buon livello. Tutto adattato, e bene, in lingua italiana, sfruttata a dovere e con rispetto nei graditi e leggibili sottotitoli. Battletoads, in questa versione 2020, a noi è piaciuto il giusto. Migliorabile, certo. Specie in termini di leggibilità e, pure, di comandi e ritmo. Eppure, per gran parte dell’avventura, è un gioco godibile. Moderno. Nostalgico. Sicuramente ranocchioso.

Battletoads è un esperimento interessante. Dlala Studios e Rare hanno sfornato un gioco che non punta solo alla categoria dei nostalgici, per abbracciare anzi un pubblico ben più ampio e stratificato. Ci sarà chi, rapito dai colori sgargianti e dalle buone animazioni, darà una chance a questo peculiare picchiaduro. Tra questi, ci scommettiamo, ci sarà anche chi vorrà andare oltre all’apparenza per approfondire meccaniche ben più complesse di quanto fosse lecito immaginare. Quelli scavezzacollo di Rash, Zitz e Pimple sono per altro su Game Pass, su console e su PC. Dateci un’occhiata e poi fateci sapere.

Michele Iurlaro è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo