Lost in Random Recensione: avventura al lancio di dado

Lost in Random

Cosa verrebbe fuori se Tim Burton e Neil Gaiman sviluppassero il proprio videogioco? Concretamente non lo sappiamo ma, se dovessimo scegliere un titolo, uno solo, pubblicato negli ultimi dieci anni, allora sceglieremmo Lost in Random. Probabilmente di questa produzione non sapete assolutamente nulla (noi però ve ne offrimmo un’anteprima), e neanche è colpa vostra: per qualche motivo né Zoink Games (gli sviluppatori) ne EA (il publisher) vi hanno investito la benché minima risorsa per una campagna mediatica degna di questo nome. Pure, Lost in Random è ora disponibile dovunque, su console e PC (inclusa la next gen e Nintendo Switch). Ci siamo persi per ore nei meandri delle sue città, abbiamo incontrato tutti i suoi folli abitanti, lanciato dadi chissà quante volte, e credeteci quando vi diciamo che si siamo ritrovati tra le mani (e che vi ritroverete tra le mani) una delle produzioni più brillanti, fresche, innovative del 2021. Scopriamo perché nella nostra recensione.

Lost in randomLancia il dado, affronta il tuo destino: la trama di Lost in Random

Il mondo di Lost in Random è sospeso tra la dimensione onirica e l’incubo. Random è il nome dell’intero paese in cui è ambientata l’avventura di Even e di sua sorella Odd, tradotto in lingua italiana come Alea. Capirete subito che l’uno e l’altro termine indicano la casualità e i dadi (“alea iacta est” sta per “il dado è tratto”, frase attribuita a Cesare al momento di varcare il Rubicone): infatti gli stessi sviluppatori descrivono Lost in Random come una fiaba gotica incentrata, appunto, sui dadi, sul destino legato alla casualità, sul gioco. Non sul gioco d’azzardo in sé sia chiaro, benché più volte la posta sarà ugualmente molto alta.

Ad Alea il destino degli abitanti è deciso dal lancio del dado nero della regina che governa l’intero paese. Ogni bambino, raggiunta l’età di dodici anni, può eseguire un tiro dell’unico dado al mondo, il cui risultato stabilisce l’immediato trasferimento in una delle sei città in cui è suddiviso il regno, dalla meno importante di tutte alla più prestigiosa. Nella città del numero sei, Sestincanto, infatti, vive la regina stessa con il suo seguito. Even, la protagonista, abita con la sorella maggiore nella città del Numero Uno: ma quando quest’ultima lancia il suo dado ottenendo un sei, la regina se la porta via per sempre. Avvisata nei sogni da oscuri presentimenti, Even decide un anno più tardi di partire per recuperare il famigliare, che sente essere in pericolo

Da qui in poi comincia un’ispiratissima avventura nel regno di Random: Even incontrerà Dicey, un piccolo dado dotato di vita propria, fedele compagno di battaglia. La protagonista scoprirà infatti che la regina nasconde oscuri segreti: il suo dado nero non è l’unico esistente, un tempo chiunque possedeva il proprio dado. E i Dadimastri, figure ormai mitiche poiché decaduti al pari delle città del regno schiavizzate dalla sovrana, erano in grado di sfidarsi in battaglia a colpi di dadi e carte. Non vi diciamo ovviamente se Even riuscirà o meno nella sua impresa, né vi parleremo di tutte le difficoltà che incontrerà lungo il cammino: la la narrazione è talmente originale, divertente e ispirata che farlo sarebbe un vero e proprio crimine. Vi consigliamo semmai di prendervi il giusto tempo e di assaporare per bene ogni vicolo di ogni città di Ale, parlando con tutti i suoi abitanti, anche con quelli più inquietanti.

Lost in Random: gameplay a base di carte (e dadi)

Come avrete probabilmente capito a sufficienza, Lost in Random ruota tutto attorno al concetto dei dadi: nella lore, nella narrazione, naturalmente anche nel gameplay. A questo proposito, è proprio il sistema di gioco a destare particolare stupore, per due motivi. Il primo: le fasi di combattimento interrompono (ma mai bruscamente) quella che altrimenti è un’avventura narrativa a tutti gli effetti, in cui si esplora uno scenario, si parla con gli NPC, si risolvono i loro problemi, si raccolgono i collezionabili, infine si prosegue. Il secondo: il combat system stesso presente spunti notevoli ed interessanti, che non ci sembra di aver riscontrato in passato in produzioni simili. Ma di questo non c’è da stupirsi, perché i ragazzi di Zoink Games (Fe, Flippin’ Death e tanti altri) sanno il fatto loro.

Sappiate dunque che i combattimenti di Lost in Random si basano su una combinazione di carte e dadi. Even deve combattere una serie di nemici (non troppo variegata, questo va detto) ma inizialmente non ha altre armi che la sua fionda; quest’ultima va usata per raccogliere energia per il dado Dicey, in modo da poterlo attivare. Più energia si accumula, più carte potranno essere utilizzate al lancio del dado stesso. Mettiamo caso che Dicey ottenga un “due”: a questo punto Even dovrà scegliere come spendere due punti azione per attivare una serie di carte, il cui costo può essere pari a zero o ad uno, ma anche a tre o quattro. Va da sé che nelle prime città non potrete quindi attivare carte troppo potenti, neppure se già in vostro possesso. Le carte in sé si suddividono in azione, difesa, pericolo o trucco: è molto intuitivo l’utilizzo delle prime due (chi non vorrebbe una spada per picchiare i presenti, o una bolla protettiva?), mentre i pericoli possono rivelarsi tali anche per Even, se non si allontana in fretta. I trucchi invece agevolano la “mano” in questione: tutte le carte diventano più economiche da giocare, alcuni effetti raddoppiano, e via dicendo.

Dunque i combattimenti oscillano tra una fase segnata dall’azione vera e propria, in cui Even attacca o si difende dai presenti, sempre in tempo reale, e da un’altra più riflessiva, che consiste nel lancio del dado e nella scelta delle carte; per ovvi motivi, nella seconda delle due il tempo viene sospeso, e tutti i nemici restano fermi. Ciò ha dei pregi e dei difetti: rende l’avventura fruibile per chiunque, meno stressante. Ma anche indubbiamente troppo semplice, tanto che a nostro parere l’esistenza di carte potentissime non è giustificata in alcun modo, perché Even ha troppa salute, i nemici sono troppo deboli, e in generale è sufficiente montare un mazzo con tutte carte di attacco per avere la meglio dei presenti rapidamente.

Direzione artistica e qualche sbavatura

Il contesto narrativo e il gameplay di Lost in Random sono molto originali, ma la direzione artistica non è da meno. I tratti, i disegni, il design dei personaggi, la struttura (anche concettuale) delle città: tutto pare ispirato al gotico, al grottesco, a un mondo fantastico tanto cupo quanto affascinante. Di più: nonostante le atmosfere il più delle volte buie, cupe e asfittiche, nessuno può negare che Lost in Random resti tuttavia una fiaba per bambini, in cui una sorella va alla ricerca dell’altra per riportarla a casa. Gli stessi personaggi non eccedono mai in malvagità o efferatezze di qualsivoglia tipo, un po’ come in Nightmare Before Christmas insomma.

Non si possono però chiudere del tutto gli occhi, e qualche sbavatura la produzione di Zoink Games la mostra eccome. A partire dal suo essere troppo guidata e semplice: insomma è possibile fruirne col “pilota automatico”, senza il rischio di smarrirsi. Persino i collezionabili e i segreti non sono poi davvero tali, basta guardare un po’ dietro l’angolo; l’anima del collezionismo è salvata dalla presenza delle monete (ottenute in battaglia, dalla rottura dei vasi di coccio e dai passaggi segreti di Dicey) che consentono di acquistare nuove carte magiche per il proprio mazzo. Del livello di difficoltà inesistente abbiamo già parlato, quindi ci limitiamo a segnalare piccole compenetrazioni e sbavature di tipo tecnico, che comunque non pregiudicano l’esperienza.

Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One, Series X/S, PC, Nintendo Switch

Sviluppatore: Zoink Games

Pubisher: EA

Lost in Random è un piccolo gioiellino, la produzione fresca e affascinante che nessuno si aspettava. Originale da numerosi punti di vista (narrativi, legati al gameplay, nella direzione artistica), racconta l’avventura di due sorelle, Even e Odd, in un mondo gotico e fiabesco che sembra saltare fuori dalla mente di Tim Burton e Neil Gaiman. Vi consigliamo di provarlo il prima possibile, anche a prezzo pieno, perché l’esperienza potrebbe segnarvi, complice il sistema di combattimento che vi farà sgranare tanto d’occhi per il suo funzionamento inatteso. Tecnicamente parlando non si tratta di un prodotto in grado di spingere al massimo e neppure alle sue medie possibilità la next gen, né di una produzione ineccepibile: ma andare a cercare il pelo nell’uovo (o meglio, nel dado) mai come in questo caso ci sembra operazione oziosa e pretestuosa. Correte nel mondo di Alea, perché vi perderete subito nei suoi vicoli, e li amerete.

VOTO: 8

La formazione del buon Simone, classe '93, avviene pad della prima PlayStation alla mano, a base di draghi viola, gemme e pecorelle fumanti (del resto è un vero abruzzese). Cresce a pane e Dylan Dog, mostrando fin da subito gravi problemi psicologici e mentali. Tra le altre cose ha ancora paura del buio, e probabilmente Stephen King lo approverebbe. Un paio di lauree in letteratura non gli hanno impedito di diventare uno dei massimi esperti del mondo Nintendo; compensa non riuscendo neppure ad accendere una Xbox. È attualmente ai domiciliari per abbandono dei cagnolini di Nintendogs e omocidio degli abitanti di AnimalCrossing.