The Batman Recensione: un intimo rancore

Ho una confessione da fare: non sono un grande fan del Joker di Todd Phillips. Certo, Joaquin Phoenix si è confermato un interprete strepitoso, ma ho trovato che la pellicola fosse fortemente debitrice ai grandi classici di Martin Scorsese e che il suo messaggio critico fosse tutto sommato smussato. Capirete dunque il mio stupore quando visionando The Batman di Matt Reeves mi sono trovato davanti a un prodotto che, nonostante le botte e le esplosioni, si è dimostrato capace di avanzare osservazioni pungenti sullo stato della società americana contemporanea.

Non solo, la pellicola è frutto di una lunga e sofferta serie di rimaneggiamenti e revisioni, di stravolgimenti che avrebbero messo a dura prova molti autori e registi, eppure, nonostante le premesse, ciò che è in procinto di arrivare nei cinema risulta in grado di offrire una visione sorprendentemente fresca di una storia che su carta sarebbe potuta sembrare logora e decotta. Tuttavia, preso da una ventata di positività, sto correndo fin troppo nel palesare il mio giudizio, mentre l’opera di Reeves merita invece un approfondimento decisamente più minuzioso e dettagliato.

The Batman, il reboot che non ci si aspetta

The Batman ricalca, seppur molto liberamente, le vicende fumettistiche narrate ne Batman: Il lungo Halloween e in Batman: Anno Uno. Se gli albi pinzati non sono il vostro pane quotidiano, il tutto si traduce in uno spaccato della vita del miliardario Bruce Wayne (Robert Pattinson) ai tempi delle sue prime avventure nei panni del cosiddetto “uomo pipistrello”. I suoi metodi sono ancora rozzi, le autorità diffidano non poco delle sue motivazioni e Gotham City è più corrotta che mai. L’unico barlume di rispettabilità in questo contesto di deprimente lordura urbana viene rappresentato dal tenente James Gordon (Jeffrey Wright), il quale si trova ad affrontare un serial killer (Paul Dano) che ha la passione per gli indovinelli e una strana attrazione morbosa per il vigilante mascherato.

La città non è però minacciata solamente dal folle assassino, a turbarne l’armonia vi sono anche bande di malavitosi che si riuniscono sotto l’ala di colui che è provocatoriamente noto come “Il Pinguino” (Colin Farrell), nonché una seducente ladra che si veste da gatta ed esibisce la tendenza di cacciarsi nei guai a causa di alcuni traumi profondamente irrisolti (Zoë Kravitz). Nell’analizzare le dinamiche che intercorrono tra i personaggi emerge dunque un fil rouge che il film non manca a un certo punto di sottolineare in maniera didascalica: “le nostre cicatrici possono distruggerci”

Ma ci possono anche rendere più forti

Nel 2017, Matt Reeves si è trovato per le mani una patata bollente, ovvero era stato incaricato di dirigere un film a cui nessuno voleva veramente avvicinarsi. Piuttosto che accettare passivamente una simile impresa autodistruttiva, il regista ha combattuto per imporre profonde variazioni al progetto, ottenendo della Warner Bros. Pictures il permesso di discostarsi da quel DC-Universe che era stato traballantemente consolidato da Justice League e Suicide Squad. La decisione di imporre un nuovo Batman ha rappresentato una scommessa cinematografica, una scommessa che si è ulteriormente intensificata quando l’uomo ha reso nota la sua scelta di tradurre il personaggio attingendo a un immaginario ispirato a Kurt Cobain, celebre frontman dei Nirvana morto suicida.

Ebbene, la scommessa ha portato a risultati positivi. The Batman è un lungometraggio decisamente “grunge” e arrabbiato, figlio di un periodo storico fatto di disuguaglianze, frustrazione sociale, populismi e complottismi, di un periodo storico in cui negli Stati Uniti le morti per armi da fuoco stanno lievitando a dismisura e la sfiducia nei confronti delle autorità ha raggiunto massimi livelli. Come in Joker, anche The Batman racconta un mondo che è marcescente, quasi irrecuperabile, però non lo fa nella prospettiva di un villain, ma di quella di un eroe che è avviluppato dalla corruzione al punto da mostrarsi più mostruoso ed estremo dei criminali che incontrano la sua furia. Il Batman interpretato da Pattinson ha più cose in comune con un robot assassino che con un ninja addestratosi in Tibet: incombe lento e con passo teatralmente pesante, torreggia impassibile su tutti e incassa colpi di fucile senza neppure fare lo sforzo di evitare la traiettoria dei bossoli che gli vengono esplosi contro.

Il Batman di Pattinson è d’altronde più cicatrice che uomo. Ferito dall’assassino dei suoi genitori, non è più capace di consolidare un legame sano neppure con il suo surrogato paterno, il fedele maggiordomo Alfred Pennyworth (Andy Serkis). Questa insofferenza nei confronti della vita viene suggestionata al pubblico grazie alla fotografia di Greig Fraser (Blood Story, Dune), la quale impone una promiscuità tra spettatori e personaggi che ha un un ché di claustrofobico e soffocante. Gotham City non si vede quasi mai nella sua interezza, funge quasi esclusivamente da cornice all’abbacinante presenza dei personaggi che la abitano e che lei, inclementemente, maltratta. Reeves e Fraser hanno collaborato nel dar vita a un codice semiotico e visivo caratteristico, che si allontana con convinzione dai percorsi battuti dagli altri film supereroistici incanalandosi in una direzione pienamente focalizzata sulla dimensione umana.

Volendo proprio cercare un difetto tecnico, si potrebbe menzionare la colonna sonora firmata da Michael Giacchino, la quale, con l’eccezione di Something in the way dei Nirvana, alterna con fare martellante tra diversi riarrangiamenti dell’iperinflazionato Ave Maria di Franz Schubert. Si tratta di una scelta tragica? No, affatto, tuttavia non è raro che le tracce musicali finiscano con il distrarre superficialmente dall’immersione narrativa, soprattutto se siete tra coloro che hanno giocato al videogame Hitman: Blood Money.

La gatta e il pipistrello

Senza troppi giri di parole, gli attori mettono in campo abilità recitative competenti e accattivanti. Tanto Pattinson quanto Kravitz si dimostrano più che in grado di raccogliere il difficile testimone lasciato loro dagli importanti predecessori che si sono prestati  al brand, persino Farrell riesce sorprendentemente a non essere ridicolo nonostante la fat-suit che ha dovuto indossare per tutte le riprese. A essere dubbia è piuttosto la scelta di casting per Carmine Falcone, spietato boss della mafia di Gotham che ha nella pellicola un ruolo assolutamente essenziale e la cui parte è stata affidata a John Turturro (Il grande Lebowski, Zohan, Transformers), attore eclettico e di grande esperienza che è tuttavia celebre al grande pubblico quasi esclusivamente per i suoi ruoli eccentrici o comici. 

Il fatto che gli interpreti siano degni di encomio non vuol dire però che tutti i fan saranno soddisfatti dal risultato. Il Bruce Wayne presentato in The Batman è volutamente insopportabile, è affossato in dubbi esistenziali che hanno il retrogusto dell’autocommiserazione ed è emotivamente ed intellettualmente incapace di percepire la sfera sociale in senso ampio. Si tratta di un uomo che sfoga la sua frustrazione letteralmente isolandosi nello scantinato della sua dimora, vivendo attraverso lo schermo di un computer e spendendo i suoi soldi in uniformi paramilitari e in muscle car dotate di una montagna di optional puramente decorativi. Il Batman raccontato da Reeves sembra sempre a un passo dall’assalire Capitol Hill o dal massacrare a pugni i propri avversari, ovvero a sfociare in un’anarchia che abbraccia la distruzione senza mai prendere in considerazione gli aspetti costruttivi della resistenza.

Verrebbe da pensare che l’ennesimo reboot di Batman da parte di Warner Bros. Pictures e DC non possa che essere una bieca trovata commerciale, tuttavia i tratti complessi e sfaccettati degli abitanti di Gotham City fanno sì che il brand si presti a continue rivisitazioni, divenendo specchio del mondo che ci circonda. The Batman non fa eccezione alla regola, anzi rispetto ai suoi predecessori racconta con ancora più foga i timori e le ansie di una società che sta ridiscutendo i propri ideali identitari, ma lo fa approfittando di un’impostazione action-investigativa che non mancherà di appagare i palati del grande pubblico. Non è detto che quest’ultima iterazione dell’uomo pipistrello si presti davvero a lanciare quella saga di sequel e serie TV a cui gli studios stanno già lavorando, tuttavia, come film a sé, The Batman è più che degno di essere visto. Visto fino in fondo, ovvero fino a dopo i titoli di coda, magari con penna e taccuino a portata di mano per segnarsi un eventuale URL segreto che scompare dallo schermo nel giro di un battibaleno.

Voto: 7.5