Touken Ranbu Warriors Recensione: missione fallita per i ragazzi-spada

Touken Ranbu Warriors

C’era una volta (adesso, per la precisione) la recensione di Touken Ranbu Warriors. Un musou dalle premesse un po’ folli basato su viaggi nel tempo, armi senzienti antropomorfe e mostri ora folkloristici, ora assurdamente complicati, ambientato nel Giappone Feudale dei Samurai. Una novel, potreste pensare: calzerebbe a pennello. E invece no: è un musou. Il che non è un problema, dato che di musou riusciti, specie nell’ultimo periodo storico, ne sono stati rilasciati molti. E a giugno farà la sua comparsa, proprio su Switch, lo spin-off dedicato a Fire Emblem Warriors: Three Hopes. Il fallo, semmai, sta nell’aver fatto viaggiare nel tempo, insieme ai protagonisti, anche gran parte delle meccaniche di gioco e della resa tecnica generale. Il risultato finale, Touken Ranbu Warriors, è dunque un gioco datato in tutto, che inoltre è stato pure volutamente tarato su un pubblico di neofiti dei musou. Spero allora di riuscire a comunicarvi, nel corso della recensione, perché credo non abbia davvero senso aver semplificato un genere che negli anni si è “nobilitato” complicandosi. E dimostrando che musou non significa solo “premere un tasto su una massa di avversari inermi fino a ridurli in cenere”

Touken Ranbu Warriors Recensione

Touken Ranbu Warriors: “Grande Giove!”

Ma prima di passare alle note dolenti, stavolta preferisco provare a mettere sul piatto gli elementi che potrebbero farvi soprassedere, se non su tutti i difetti, almeno sui meno gravi. E non posso non citare le stranissime premesse narrative. Quelle che, in un mondo ormai sepolto nelle memorie dei giocatori più stagionati, sarebbero state stampate nel retro della confezione. Convincendo gli animi più nipponici e curiosi, più “folli”, forse, ad acquistare il titolo a scatola chiusa. Sentite qua: i protagonisti sono 15 spade leggendarie della Storia giapponese. Solo che non ci sono presentate (solo) nella loro forma di arma. Infatti un saggio (saniwa) nel corso dei suoi pellegrinaggi turistici attraverso le epoche storiche le ha raccolte e trasformate in… ragazzi attraenti. Bonazzi, insomma. Ma non è finita qui, dato che poi, non contento, il saggio ha armato ciascuno dei giovani con una nuova versione, arma stavolta, di sè stesso in versione armamento. E questa è solo la premessa che fa da base al titolo: la lore, insomma. Il bello viene solo ora.

In Touken Ranbu Warriors, infatti, combatteremo muovendo proprio i quindici ragazzi-arma, nel corso di lotte all’ultimo sangue con i mostruosi emissari della… Historic Regredation Army, per citare il nome originale (HRA). Questa armata di revisionisti storici intende modificare il corso degli avvenimenti segnanti della Storia giapponese, per favorire sé stessi nel futuro (e per rincorrere altre macchinazioni che non vi spoilero). Solo che non intendono agire nell’ombra, come potremmo pensare ipotizzando di attuare un piano simile nella realtà. Preferiscono, invece, interpellare giganteschi portali oscuri, mostri da altre dimensioni, abomini vari e scenografici omicidi di massa ai danni degli abitanti del passato. Così, i quindici ragazzi spada creati dal saggio, e da egli stesso posti come ultima barriera di difesa del passato nei confronti della HRA, vengono contattati dai… Governatori del tempo. Il cui emissario inviato nell’epoca Sengoku è una volpe parlante-chibi dotata di tecnologia talmente sofisticata da sembrare magia. La loro missione, ora, non è più solo sorvegliare il passato senza farsi notare. Ma agire, combattendo l’HRA uno scontro gargantuesco dopo l’altro.

Touken Ranbu Warriors Recensione

Adattamenti inaspettati

Se il mio racconto vi ha incuriosito al punto tale da voler approfondire al di fuori del titolo oggetto di questa recensione, Touken Ranbu Warriors, sappiate che sotto la superficie del musou in questione giace il microcosmo improbabile di Touken Ranbu Online. Proprio partendo dall’ossatura costruita da questo Gatcha free to play, molto diffuso nel Sol Levante, è infatti partita la collaborazione con Koei Tecmo: i ben noti maestri del Musou. Ma perché è importante che vi racconti qualche dettaglio sul “dietro le quinte” di Touken Ranbu Warriors? Beh, per iniziare, il team di sviluppatori alle spalle di Warriors, Ruby Party, è alla sua prima release occidentale. E in generale, è evidente come il brand in sè, quello dei ragazzi spada, nasca prevalentemente come “more appealing” per un pubblico nipponico. Non fraintendetemi: so bene che ormai questo tipo di dichiarazioni stanno diventando sempre più obsolete. E ne sono lieto. 

Non si contano gli estimatori di questo o quell’altro franchise nati con in mente un target orientale, occidentale, approdato solo secondariamente nell’una o nell’altra realtà commerciale. Ma fa piacere notare come, pian piano, le trasposizioni inizino ad interessare anche titoli meno noti, più di nicchia. Sperimentali, sembrerebbe, di un futuro dove gli otaku d’oltremare (noi per capirci) non saranno più obbligati ad attendere volenterose traduzioni amatoriali, ad apprendere il giapponese, o ad arrabattarsi con il sesto senso sviluppato in anni di giochi mai adattati in occidente. Pertanto, un plauso va di sicuro a Koei Tecmo per aver proseguito con un nuovo tassello la strada della globalizzazione. Ma con queste considerazioni, ahimè, temo di aver terminato la parte più “positiva” della mia disamina. 

Touken Ranbu Warriors Recensione

Touken Ranbu Warriors: un musou per neofiti

Touken Ranbu Warriors è un musou. Per chi non sapesse cosa voglia dire: è un genere spiegato alla perfezione della dicitura “1000 guerrieri contro uno”, usata ormai abitualmente per descrivere i Dinasty Warriors di Koei Tecmo e tutto il corollario di titoli cresciuto intorno al concetto di base. Il giocatore, quindi, impersona un individuo talmente dotato in combattimento che si staglia solo contro interi eserciti. I suoi fendenti colpiscono decine se non centinaia di avversari, le sue combo inanellano colpo su colpo in una scenografia degna dei migliori film Wu-Xian. E tutto il genere si basa quindi sulla soddisfazione che scaturisce dalla soverchiante superiorità del singolo contro i molti. Soddisfazione che, dai primi esperimenti in tempi ormai passati da molto, si è parecchio evoluta e ramificata. Si fa presto, infatti, a dire che i musou sono tutti facili, e che gli sviluppatori tendono a farsi prendere la mano dalla potenza dei protagonisti favorendo la pirotecnica all’efficacia ludica. La soddisfazione del musou, infatti, non va limitata al solo “sentirsi un superuomo”; ma bensì, ormai, nel farlo esibendosi in combo sempre differenti, mosse finali spettacolari, attacchi combinati con eventuali alleati ben congeniali; e, non sempre, ma sempre più spesso, nel confrontarsi pure con Boss e nemici più resistenti del normale, che ci costringano a cambiare strategia nel mezzo della lotta. 

Touken Ranbu Warriors, purtroppo, sembra volersi limitare a recapitare al giocatore solo la punta dell’Iceberg di tutta l’evoluzione che il musou ha vissuto in tempi recenti. Fornendo un roster di personaggi limitato a sole quindici unità, anzitutto. Relegando i personaggi a percorrere quasi solo lunghi corridoi intervallati da piazze d’armi completamente vuote e non-interattive, meri pavimenti per le battaglie “epiche” del gioco. E pure, abbassando ulteriormente la carica di adrenalina con un design di avversari grandi, medi e piccoli molto meno ispirato rispetto a quello dei “ragazzi spada”. Non solo: già a partire dall’introduzione, il titolo suggerisce che chi giocherà a Touken Ranbu Warriors non debba farsi troppe aspettative sul livello di sfida. “Vuoi giocare a “facile”? In questo modo potrai goderti la trama con maggior efficacia” mi ha infatti chiesto in apertura di trama un messaggio a schermo. Ed elitarismo videoludico a parte, che non c’entra niente, si tratta di un messaggio che si traduce in un’aspettativa ben precisa nel giocatore. Che, purtroppo, a mio parere è stata disattesa. 

Facile o facilissimo?

Non si tratta di definire videogiocatori solo quei due che hanno finito Ghost and Goblins bendati, usando i piedi per muoversi nei livelli manovrando un controller costruito con una banana e i bonghi di Donkey Kong per GameCube. Il discorso è molto diverso, e intende anzi restituire completa dignità a un approccio ludico che sempre più persone stanno consapevolmente abbracciando. Non tutti hanno il tempo di intestardirsi su un livello difficile. E molti, pur avendo il tempo, preferiscono impiegarlo per godersi cut-scene, trama, ambientazioni e design vari. E’ perfettamente comprensibile, e io stesso che lo faccio per lavoro, a volte, non ho poi tutta questa voglia di morire 1013897 volte contro un solo Boss. Ma basare la curva di difficoltà su questa consapevolezza, proporre al giocatore di giocare a “facile” da subito, per godersi la trama e le cut-scene, significa poi fornire al suddetto player un comparto narrativo e artistico di livello su cui concentrarsi, e che giustifichi tutta l’operazione. 

Touken Ranbu Warriors, purtroppo, riuscirà, forse, a intrattenere i/le  Fan più focos* dei ragazzi spada, immergendoli nelle situazioni alle quali il titolo originale e gli anime da esso derivati li ha abituati. Permettendo loro di impersonare i protagonisti delle vicende, come centinaia di picchiaduro su licenza hanno già fatto nella storia del videogioco e degli anime/manga. Ma persino il più otaku di tutti dovrà riconoscere che, su Switch, la qualità grafica è altalenante, e le ambientazioni, l’ho già detto, sono vuote; persino il piatto forte, le animazioni di combattimento, fanno ampio uso di flash, teletrasporti e colpi ben poco coreografati. O comunque non abbastanza da suscitare l’effetto WOW che dovrebbe scaturirne. Non è tutto proprio da buttare, intendiamoci. La struttura da musou tradizionale è rispettata, i nemici sono sempre tantissimi, qualche minimo guizzo, e qualche personaggio più vario e soddisfacente c’è. Ma l’impressione generale è proprio quella, datata e superata, del gioco su licenza svolto per portare a termine il compito con impegno appena sufficiente.

Dunque, se vi approcciate a Touken Ranbu Warriors cercando un musou generico, di stampo nipponico e non attratti dalla produzione multimediale dei ragazzi spada, lasciate perdere. C’è tanto di meglio nel panorama “1000 contro 1”. Se, invece, conoscete il brand e siete davvero tanto affezionati ai personaggi e alle loro avventure, forse, e dico forse, una possibilità potreste anche dargliela. Passando sopra a una generale incuria del dettaglio, a un comparto tecnico un po’ datato e a un livello di sfida molto molto basso. Forse tarato sul desiderio di introdurre a un genere diverso eventuali giocatori abituali di novel. Ma allora, perché non fare direttamente una bella avventura grafica/novel, che con il medesimo budget avrebbe probabilmente avuto una riuscita migliore?

Piattaforme: Nintendo Switch

Sviluppatore: Koei Tecmo Games, Ruby Party, Omega Force

Publisher: Tekmo Koei

A proposito, salvo solo, in corner, alcune delle cinematiche, che sono l’aspetto più riuscito della produzione. Ed è tutto dire, dal momento che non sono il non plus ultra neanche guardando al solo mondo videoludico. I ragazzi spada provenienti dal futuro, armati con loro stessi in versione arma e lanciati contro l’amata di revisionismo storico più sgangherata che ci sia, insomma, non mi hanno convinto.

VOTO: 6

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.