Atomic Heart Recensione: un BioShock sovietico davvero affascinante

Atomic Heart

Esistono in ogni contesto dei mostri sacri pensati esclusivamente per essere venerati. Nessuno penserebbe, oggigiorno, di comporre poesia imitando Dante per “essere come lui”; al più sarebbe possibile porgergli un tardivo omaggio. Si pensi ora al contesto videoludico, in cui esistono generi riconosciuti ma anche capolavori che pur partendo da uno specifico genere lo oltrepassano, creando una totalità difficilmente riproducibile. BioShock è uno di questi casi: chiunque lo riconosce immediatamente, ed equipara altre produzioni simili (ma non identiche) alla sua matrice. Atomic Heart, del quale vi offriamo la recensione in questa sede, si inserisce in un contesto simile. Il tributo, il debito nei confronti di BioShock è talmente evidente da non concedere spazio a dubbi. E per molti basterebbe questo: è un merito, dopotutto, essere anche semplicemente accostati a BioShock – trovate qui, per sicurezza, la nostra storica recensione di BioShock Infinite. Ma Atomic Heart fa qualcosa di più: riparte dal noto, da ciò che è stato unanimemente apprezzato, per tentare ancora di più. Una propria strada, alla ricerca di un’inconfondibile identità. Vi spieghiamo quindi quanto riteniamo che sia apprezzabile, divertente e riuscito questo BioShock sovietico targato Mundfish.

Atomic Heart

Maledetta retro-distopia: la trama di Atomic Heart

Distopia e retro-distopia, come generi o contesti narrativi, continueranno per anni ad appagare scrittori, sceneggiatori e fruitori. Nel caso di Atomic Heart siamo nel 1955, ma la Storia (quella con la S maiuscola) nell’Europa Orientale, e nel mondo in generale, è andata in tutt’altra direzione. L’Unione Sovietica è all’avanguardia praticamente in ogni settore della vita associata, ma specificamente dal punto di vista tecnologico. Merito della scoperta, risalente agli anni Trenta, dello scienziato Sechenov: i Polimeri. Si tratta, semplificando il giusto, di un ritrovato (fanta)scientifico in grado di alterare in modo significativo gli esseri viventi e l’ambiente circostante. L’Unione Sovietica ha utilizzato i Polimeri per creare robot all’avanguardia, ma anche per modificare (potenziandolo) l’essere umano. Basta l’assunzione di pochi Polimeri accuratamente selezionati, ad esempio, per trasformare in un minuto un ragazzo in un esperto di fisica quantistica, solo per fare un esempio, o in un talentuoso musicista. Sapere, abilità tecniche, cure, potenziamenti generali, tutto può essere ottenuto in poco tempo con i Polimeri.

Chiaramente il Paese guarda già oltre, verso la conquista della Luna e di Marte, dove vorrebbe impiantare le prime colonie. La prima tappa significativa del processo dovrebbe consistere nell’attivazione del Kollektiv 2.0, una rete neurale che unisca per la prima volta al mondo, in un unico sistema artificiale, le menti di tutti gli esseri umani e di tutti i robot, creando così una sorta di coscienza collettiva totalizzante; un estremo fantascientifico del comunismo, in cui davvero tutto diventa in comune, a ben pensarci. Ma qualcosa va storto, ed è questo a dare l’avvio alla narrazione di Atomic Heart. Di punto in bianco, i robot iniziano a ribellarsi, impazzendo completamente. Attaccano gli esseri umani, distruggono laboratori, mettono a soqquadro le colonie sovietiche. Il protagonista, Sergey Nechayev, ex combattente e maggiore del KGB, si ritrova nel cuore del disastro e viene immediatamente convocato per rimettere le cose al proprio posto.

Più facile a dirsi che a farsi, dal momento che le informazioni disponibili sono davvero poche. A complottare contro l’intera Unione Sovietica dovrebbe essere Viktor Petrov, per ragioni sconosciute: è stato davvero lui ad hackerare il Kollektiv e a condurre il paese sull’orlo della catastrofe? Per quale motivo screditare la Madre Russia agli occhi del mondo intero. Nechayev non ha molto tempo per pensarci: dopotutto i soldati eseguono gli ordini. Eccolo quindi impugnare delle armi improvvisate (e craftarne delle altre) per avanzare di struttura in struttura, eliminando robot impazziti – e molte altre strane creature – sul suo percorso. L’avventura principale può essere completata in circa una ventina di ore, ma si potrebbe tranquillamente raddoppiare il tutto dedicandosi anche alle missioni secondarie, al reperimento di collezionabili e all’esplorazione generale. La trama è sicuramente l’elemento cardine dell’intera produzione, ma dato che il mondo di gioco è altrettanto valido e affascinante il nostro consiglio è quello di prendervela comoda. Del resto, il livello di difficoltà tarato verso l’alto vi ostacolerà comunque.

Atomic Heart

Il gameplay: sparatutto con poteri… tecnologici

Atomic Heart è molto più di uno sparatutto in prima persona, ma chi siamo noi per opporci alle definizioni degli stessi sviluppatori? Sicuramente il prodotto di Mundfish è “anche” uno sparatutto in prima persona – ma non si spara sempre, a volte non si spara proprio imbracciando pesanti asce o comunque strumenti di morte alternativi. Dal punto di vista dei generi, Atomic Heart è tranquillamente un’avventura in prima persona, questo sì, e presenta anche spiccati elementi ruolistici (personalizzazioni delle armi, potenziamenti, albero delle abilità, punti esperienza da spendere, e via dicendo). L’elemento particolare, che tra i tanti ha subito favorito l’accostamento con BioShock, è il seguente: con la mano destra si impugnano le armi, con la sinistra si scatenano i poteri… tecnologici.

La natura ibrida del protagonista vorrà in fondo pur dire qualcosa. Grazie all’equipaggiamento del guanto CHARLES – in tutto e per tutto un robot in grado di parlare e ragionare – Nechayev può sfruttare una serie di abilità uniche in battaglia: scosse elettriche, raggi congelanti, scudi protettivi, e molto altro ancora che vi lasciamo scoprire da voi. Queste abilità in verità non tornano utili solo in combattimento, ma anche durante l’esplorazione degli ambienti al chiuso: per esempio, una piccola scossa potrebbe riattivare una porta priva di energia, o un ventilatore che in quel determinato momento ci serve in funzione. Inoltre, tra le abilità super-umane del protagonista vanno annotate altre due possibilità. Tenendo premuto il comando R1, il quanto attiverà dei ricettori in grado di recuperare dall’ambiente circostante qualsiasi elemento utile, dai collezionabili al materiale grezzo per il crafting (praticamente potrete esaminare tutto l’ambiente in volata, invece di aprire manualmente ogni cassetto o armadio); inoltre, il guanto contiene uno scanner ambientale. La doppia pressione di R1 attiva un sensore, il quale identifica tutti i nemici nei paraggi (con relativi punti di forza e debolezza) oltre a oggetti di interesse di vario tipo.

Atomic Heart

Pregi e difetti

Complessivamente, sia le fasi di combattimento che quelle esplorative di Atomic Heart – quasi sempre ben dosate e alternate – si rivelano molto appaganti. Il sistema di combattimento funziona, e in questo caso il livello di sfida elevato è una vera e propria caratteristica dell’esperienza. Morire è davvero facile: basta sbagliare un paio di colpi, o lanciarsi senza alcuna strategia contro il più vicino gruppo di nemici, a prescindere da quali siano. Anche i più piccoli avversari si rivelano infatti pericolosi e potenzialmente letali; in aggiunta, la salute del protagonista non è moltissima e le capsule per ripristinare la salute sembrano essere sempre meno di quelle necessarie. A volte, soprattutto nelle prime ore, le sezioni esplorative potrebbero però anche venire pericolosamente a noia, perché gli ambienti intorni si mostrano abbastanza ridondanti. Fortunatamente la trama e il doppiaggio in lingua italiana – davvero eccezionale – aiutano a mantenere desta l’attenzione.

Un elemento certo positivo dell’intera esperienza consiste nella varietà di approcci per risolvere lo stesso problema. Passi per gli enigmi – che si possono risolvere in un solo modo – non è detto che esista un unico modo per raggiungere una stanza specifica o per abbattere un nemico in particolare, magari proprio un boss. Questi ultimi sono riconoscibili per la lunga barra della salute posta in alto (e in bianco sullo schermo): dal momento che lo stile di gioco può variare e che il sistema di debolezze e resistente valorizza l’utilizzo di un determinato tipo di armi principali e secondarie, ogni combattimento può potenzialmente variare entro un certo raggio di possibilità. Per dire, potreste portare a termine la campagna principale utilizzando semplicemente l’ascia, oppure senza usare mai le granate, o senza modificare le cartucce delle armi da fuoco (favorendo i danni elementali), o addirittura senza mai usare i poteri di CHARLES. La libertà garantita da Mundfish è davvero notevole!

Premettendo che si parla di un prodotto comunque dall’indubbia qualità in quasi ogni suo aspetto, qualche parola merita di essere spesa anche a proposito dell’open-world. Innegabilmente, sono necessarie diverse ore di gioco prima che questo mondo aperto venga effettivamente presentato in tutte le sue possibilità. La sua estensione non è paragonabile a quella degli open world veri e propri – e pensiamo per mera necessità di confronto i recenti titoli Ubisoft – né sembra che gli sviluppatori lo abbiano pensato in termini tradizionali. Da vedere, nella desolazione delle campagne sovietiche, c’è ben poco; quello che c’è è estremamente aggressivo, attira immediatamente orde di robot pericolosi e porta al rapido consumo delle risorse a disposizione, risorse che abbiamo visto essere poche e dunque preziose. La presenza di veicoli, in questo senso, è finalizzata allo spostamento più rapido possibile verso il prossimo punto di interesse per proseguire nella narrazione principale.

Piattaforme: PS5, PS4, PC, Xbox One, Xbox Series S/X

Sviluppatore: Mundfish

Publisher: Focus Entertainment

Atomic Heart unisce al fascino e alla struttura base di franchise quali BioShock e Fallout una narrazione originale e avvincente, supportata da un gameplay decisamente interessante. L’alternanza tra poteri speciali, garantiti dal guanto CHARLES, e l’utilizzo di armi più “classiche” (fucili, pistole, asce) si arricchisce di una possibilità di personalizzazione profonda, la quale favorisce diversi stili di gioco senza compromettere l’esperienza o la difficoltà complessiva, quest’ultima sempre tarata verso l’alto. Atomic Heart è molto più di un classico sparatutto in prima persona: è anche un’avventura dinamica, presenta puzzle ambientali, lascia spazio a fasi esplorative o d’azione, offrendosi quindi come una delle esperienze più soddisfacenti e variegate di questo inizio 2023. Alcuni limiti sono evidenti: nella chiarezza dei potenziamenti, nella struttura dell’open world nelle fasi all’aperto, oltre a una monotonia generale nei nemici e negli ambienti. Ma pur senza raggiungere la vetta dell’eccellenza, Mundfish garantisce un mondo di gioco incredibilmente affascinante, dal contesto indimenticabile. Non lasciatevelo scappare: è anche completamente doppiato in italiano.

VOTO 8

 

La formazione del buon Simone, classe '93, avviene pad della prima PlayStation alla mano, a base di draghi viola, gemme e pecorelle fumanti (del resto è un vero abruzzese). Cresce a pane e Dylan Dog, mostrando fin da subito gravi problemi psicologici e mentali. Tra le altre cose ha ancora paura del buio, e probabilmente Stephen King lo approverebbe. Un paio di lauree in letteratura non gli hanno impedito di diventare uno dei massimi esperti del mondo Nintendo; compensa non riuscendo neppure ad accendere una Xbox. È attualmente ai domiciliari per abbandono dei cagnolini di Nintendogs e omocidio degli abitanti di AnimalCrossing.