Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri Recensione: Che bell’avventura!

Iniziamo con il cancellare dalla nostra memoria l’ultimo film che ha posto le sue radici nell’ambientazione di Dungeons & Dragons, per il bene di noi stessi, della storia del cinema e di qualsiasi preconcetto si possa avere nell’avvicinarsi a un prodotto di questo tipo. E, se possibile, proviamo anche a mettere momentaneamente in pausa gli adattamenti, più o meno riusciti, di molte opere fantasy, soprattutto letterarie, che negli ultimi anni si sono presentate davanti ai nostri occhi. Questo perché, fortunatamente, Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, reboot del franchise fantasy, prende una direzione diversa, nascendo dalla capacità di costruzione narrativa di John Francis Daley e Jonathan Goldstein (Game Night) che, fin dai primi minuti di film, dimostrano di conoscere bene il mondo che hanno deciso di raccontare, nella sua complessità, certo, ma soprattutto nello spirito che da sempre caratterizza ogni sessione tra amici di D&D.

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri: La forza del party

Vi trovate all’interno di una locanda, quando uno sconosciuto vi si avvicina e vi parla di una missione per la quale servirebbe proprio il vostro coinvolgimento. È quasi sempre così che si comincia una classica sessione di D&D e, anche in questo caso, per un paio di locande ci si passa sicuramente, anche la storia di Edgin (Chris Pine) e Holga (Michelle Rodriguez) inizia in prigione, dopo che una di queste peripezie non è finita proprio benissimo. Ed è proprio per rimediare agli errori del passato che i due mettono insieme un gruppo di avventurieri, recuperando uno stregone dai cronici problemi di autostima (Justice Smith) e un druido (Sophia Lillis) con ben poca fiducia negli esseri umani. L’obiettivo? Recuperare Kira, figlia di Edgin, che negli ultimi anni è cresciuta sotto la protezione di Forge (Hugh Grant), divenuto intanto lord di Neverwinter, convinta che suo padre l’avesse abbandonata rincorrendo la propria avarizia. Ovviamente portare a termine questo compito non sarà semplicissimo e richiederà diverse deviazioni per recuperare strumenti e manufatti leggendari utili alla riuscita dell’impresa, ma soprattutto all’incrocio con personaggi iconici in grado di regalare allo spettatore alcune tra le interpretazioni più funzionali di tutto il film.

Il potere dell’alchimia

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è un film ironico, il cui punto di forza consiste proprio nell’aver capito lo spirito canzonatorio e squisitamente divertente di una sessione di gioco tra amici. Dimenticatevi le grandi digressioni sulla mitologia di un mondo troppo vasto per essere ristretto in una produzione cinematografica, qui vi viene detto solo quello che è strettamente necessario che sappiate per capire il senso generale delle cose. Se magari siete dei giocatori con una propria cultura alle spalle, riuscirete certamente ad apprezzare e scovare riferimenti e ammiccamenti a tutto quello che di questo universo ludico vi ha affascinato (e fatto compagnia) negli anni. E se invece non lo siete, non sentirete per niente il peso di certe mancanze o l’imposizione, da parte della sceneggiatura, di dovervi rendere forzatamente edotti su tutto. Questo fa si che vi godiate di meno l’esperienza? Assolutamente no. Prendiamo per esempio Xenk, stupendo paladino legale buono interpretato da Regè-Jean Page: il suo modo di incedere, parlare, guardare gli altri, non capire l’ironia sono perfettamente costruiti per la sua classe e allineamento. Ma l’alchimia scenica che si crea tra lui e il bardo Edgin, lo scontro tra le tipologie diverse di fascino e di affrontare le situazioni, l’incompatibilità di linguaggio e ironia risultano stupendi a prescindere da tutto ciò. L’accostamento dei due personaggi funziona talmente tanto bene da offuscare completamente tutti gli altri che, in tutta la parte centrale della narrazione, quasi spariscono, schiacciati dal magnetismo creato dall’incontro/scontro di questi due.

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri funziona sotto molti punti di vista, primo fra tutti quello di intenti e lascia le porte aperte alla possibilità di continuare a raccontare storie in questo mondo o in tante delle ambientazioni che ad esso sono collegate (e che fornirebbero materiale in abbondanza), senza quella atroce paura che tutto quello che si è amato sia stato irrimediabilmente rovinato. È un film perfetto? Una minore diluizione della narrazione avrebbe giovato senza dubbio all’incisività di un racconto che a volte si perde su se stesso, alternando momenti divertenti e ricchi di azione a digressioni meno funzionali al ritmo generale. La disparità tra la forza dei suoi personaggi, nonostante le ottime interpretazioni del cast, è evidente soprattutto quando sullo schermo si ritrovano contemporaneamente i già citati Chris Pine e Regè-Jean Page, i cui tempi comici e recitazione fisica si incastrano perfettamente (merito anche della scrittura dei loro personaggi). Gli effetti speciali sono fortemente altalenanti, buoni in alcuni momenti e più posticci in altri. È come se, nel totale, ci fossero cose, anche appartenenti alla stessa categoria, su cui ci si è concentrati più di altre, creando questa discrepanza che non danneggia di certo irrimediabilmente il tutto, ma lo rende tecnicamente meno raffinato. 

Voto: 7.5