Una tranquilla serata in famiglia si è tramutata in una lite tragicomica. E adesso io, che pure sono sicuro di avere le mie ragioni, vengo qui spiattellarle in pubblica piazza per vedere se magari invece ho torto.
I fatti in breve: i miei vengono invitati a cena da un loro amico/conoscente, con il quale io avrò forse scambiato un saluto un paio di volte in tutta la vita, cena a cui oltre ai miei parteciperanno alcune persone a me sconosciute o conosciute alla lontana, con le quali di certo non potrei scambiare altro che futili chiacchiere di stampo meteorologico e imbarazzanti silenzi.
Insomma viene fuori che anch'io, in qualità di loro figlio, devo assolutamente partecipare alla cena ma, ovviamente, non ho nessuna intenzione di farlo. Primo perché, banalmente, non mi interessa. Secondo perché non conosco nessuno e quei pochi che conosco non mi stanno simpatici, e per giunta io non sono una persona socievole e trovo molto sgradevole trovarmi in compagnia di gente con cui non ho niente da spartire, specialmente in un contesto intimo come una cena tra ultrasessantenni , in cui sarei il classico pesce fuor d'acqua. Terzo, perché mi sono trovato svariate volte in situazioni analoghe durante l'infanzia e l'adolescenza, e mai la cosa mi piacque, e si dà il caso che oggi purtroppo io non sia più né un infante né un adolescente. Per farla breve, si può dire che io nutra un'idiosincrasia per le cene con gente estranea, ecco tutto.
Non dico desiderare, ma pretendere che qualcuno partecipi ad una cerimonia, a una qualsiasi situazione che implichi contatto ravvicinato con gente sconosciuta e/o insignificante, mi sembra una delle più grandi forme di prevaricazione che si possano immaginare a danno del prossimo. Ho torto o ragione?
Tornando al diverbio, una volta inteso il mio drastico rifiuto, mio padre si è messo a urlare come non lo vedevo fare da decenni, cercando in tutti i modi di farmi sentire in colpa, di farmi cioè sentire responsabile della pessima figura che la mia assenza comporterebbe.
"Noi ti stiamo chiedendo UN FAVORE, te lo stiamo chiedendo PER FAVORE!" gridava mio padre ansimando, e alle mie obiezioni strillava: "No! Non è una forma di prevaricazione, è che ti fa comodo così!".
E poi l'apoteosi finale: "SE NON RIESCO A PORTARE MIO FIGLIO A UNA CENA IO COSA CI STO A FARE AL MONDO?! IO VOGLIO SPARIRE DALLA FACCIA DELLA TERRA!"
Insomma il mio babbo, che ha una certa età e a cui voglio molto bene, ha rischiato un infarto per una sciocchezzuola del genere, e la sua irrazionalità è tale da farmi preoccupare, e da costringermi forse a cedere al ricatto emotivo. Di fatto, io sono un mostro, un criminale, perché mi ostino a rifiutarmi di fare "un favore" ai miei genitori, che tanto avrebbero piacere che io partecipassi al senil convivio. Ma a me queste pretese sembrano tanto, tanto violente, mi sbaglierò?