[Thered Ufficiale]I nostri racconti
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Discussione: [Thered Ufficiale]I nostri racconti

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    Utente L'avatar di Egidio88
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    [Thered Ufficiale]I nostri racconti

    Ecco qua una storia che ho buttato giù anni fa...è semplice e arriva subito al sodo...non mi sono impegnato molto...tra l'altro non è ancora finita...
    Mi sono ispirato a Silent Hill...

    EGIDIO CONCAS

    THE HOUSE OF DARKNESS



    PROLOGO



    James Anderson è un normale ragazzo di 24 anni che lavora per una normale società di software, odia i grandi alloggi, per questo ha scelto di abitare in un modesto appartamento. Vive in compagnia del suo fido cagnolino, Sparky. Improvvisamente James viene coinvolto in una serie di avvenimenti inspiegabili che lo portano ad una profonda confusione mentale. Chi o che cosa cerca di farlo impazzire?



    CAPITOLO 1 - LA CHIAMATA



    Non ricordo bene quando, però tutto ebbe inizio una notte, una notte che non dimenticherò mai. Il concerto degli Stinkings Boys era appena terminato, ed io ero già schiavo del sonno. Accidenti! Chi lo avrebbe mai detto che gli Stinkings sarebbero venuti a suonare qui a Foggy Town?!, o comunque, nel resto del New Mexico, beh, forse a Las Vegas… Il mio appartamento distava poche miglia da dove si era tenuto il concerto, non ho preso l’auto perché non avrei trovato sicuramente dove parcheggiare, e il miglior modo per arrivare prima era passare per Silent Street. Quella strada era sempre deserta, chiunque decidesse di passarci lo faceva di corsa. Si sentivano degli strani lamenti provenire dalle case di Silent Street, correva voce che la praticavano attività occulta, ed io come tutti quanti ci credevo. Alla fine della via vidi un barbone disteso per terra che già da lontano cominciava a chiedermi degli spiccioli, tirai fuori un dollaro e glielo misi sul cappello che giaceva per terra. Il poveruomo era felicissimo, mi ringraziò e conservò per bene il dollaro in una tasca. Mentre mi allontanavo da lui, potevo sentirgli parlottare da solo frasi incomprensibili, e mentre stavo per girare l’angolo, udii la sua voce che diceva: «ehi figliolo, porgile i miei saluti!». Feci per voltarmi in contemporanea con la sua ultima sillaba, che gli unici ad esserci in quella strada eravamo io ed il silenzio, assoluto. Probabilmente avevo bevuto troppa coca-cola al concerto, e finivo per vedere persone che non c’erano e sentire parole non pronunciate. Stavo crollando. Arrivai a casa, mangiai un pezzo di pizza che mi era avanzata due giorni innanzi e andai in camera, dove colsi di sorpresa Sparky che giocava con un cuscino del divano, mi saltò addosso dalla gioia. Sparky è un bastardino di taglia media con due grossi occhi espressivi, è estremamente intelligente, dopotutto tutti i bastardini lo sono. «Accuccia bello, ora dormi…dormi…DORMI!». Sparky stranamente smise di giocare e si accucciò, anche io avevo terribilmente sonno, così mi sdraiai sul letto, ero ancora vestito ed avevo le scarpe inzuppate di fango. La mia mente cominciò a vagare nel vuoto, fino a quando raggiunsi la fase rem. All’improvviso mi trovai catapultato in un sogno alquanto insolito, sembrava così reale! Per la precisione ero avvolto dalla nebbia, di fronte ad una villa gigantesca che sorgeva ai piedi di un lago, stranamente tutto appariva così famigliare. Sul portico della villa, un uomo con un cappello e la faccia pallida ed inquietante mi faceva cenno di entrarci indicando la porta, ma non lo faceva con insistenza, mi guardava con uno sguardo dagli occhi espressivi, quasi volesse dirmi qualcosa che non poteva dire. Dopo avermi adocchiato per un po’, mi fissò per l’ultimo istante con un ghigno alquanto malefico, accompagnato da una risata soffocata. Subito dopo rientrò nell’abitazione sbattendo con fermezza la porta. Mi svegliai. Ero in preda al panico, immobile e sudato. Erano le 2.30 del mattino, non potevo più riaddormentarmi, non volevo, anche perché non avevo più sonno. Rimasi parecchio turbato da quell’incubo, talmente tanto che non volevo mai più andare a dormire la notte, ed escogitavo dei modi per non farlo. Passai alcuni minuti, giocherellando con un pallone da rugby e ascoltando musica rilassante, stando attento a non addormentarmi! Sfortunatamente ricaddi nel sonno un po’ più tardi. Per fortuna avevo programmato la sveglia in modo da non arrivare tardi in ufficio. Stavolta avevo dormito bene. Non feci incubi, anzi, a dire il vero non ricordo di aver sognato. Così alle 8.23 mi alzai dal letto e filai subito alla Game Star. Quando arrivai, il capo mi rimproverò per essere arrivato in ritardo, anche se in realtà non ero arrivato affatto in ritardo, ogni giorno il solito discorso: «sig. Anderson, di nuovo in ritardo?», io replicai con il solito: «Ma», però lui mi batté 2 a 1 come al solito con la solita frase schiacciante e ripugnante: «Ma, cosa, sig. Anderson?, un altro ma di troppo e la caccio via a suon di calci, ha capito?, lei in questo momento vale meno di un quarto di centesimo bucato, qui, comando io!, ora fili nel suo ufficio, strisciando possibilmente (risata generale)». Il capo è una persona sempre indaffarata e pieno d’impegni, allo stesso tempo è il fondatore di una società produttrice di videogames molto famosa, oltre che uno ******* bastardo. Stavo lavorando ad un progetto di poco conto che mi portava via poco tempo, in ogni modo, dovevo risolvere alcuni problemi di programmazione di un videogame, e senza di me il progetto non poteva avere termine . Mentre accedevo al sistema, il monitor del computer diventò tutto nero, e all’improvviso appari una scritta che diceva: “Sei invitato alla mia festa, sai benissimo dove si terrà”. Pensai che i dipendenti si stessero divertendo a prendersi gioco di me, ma non potevano, il mio computer era l’unico a non essere collegato con gli altri, in quel momento non era nemmeno connesso ad internet. Chi mi aveva scritto quel messaggio? Come aveva fatto ad accedere al mio computer? Ma soprattutto, di cosa stava parlando? Dove diamine si sarebbe dovuta tenere questa festa? Riaccesi il computer per tornare al mio lavoro. Ero in preda ad una fortissima tachicardia. Tutti i dati, tutti i file riguardanti il gioco andarono inspiegabilmente perduti, erano irrecuperabili, sparirono misteriosamente dal database centrale. Mesi di duro lavoro andarono in fumo. Improvvisamente apparve un irritante e fastidiosissimo testo scorrevole con la scritta: “Se vuoi farmela pagare, vieni alla mia festa”. Rimasi perplesso e sconcertato. Passai l’intera giornata cercando di recuperare i file, ma senza esito positivo. Il capo, per quanto fosse infuriato non mi licenziò, capì che ciò che era successo era una roba strana di cui io non avevo colpa, benché fossi il capo responsabile del progetto. Ero turbato e notevolmente confuso. Quando ci riunimmo per pranzare, tutti parlavano e bisbigliavano sull’accaduto, tra le voci confuse sentii pronunciare il mio nome per ben 9 volte. Passai la giornata sistemando delle scartoffie che mi diede il capo, nonostante quello non fosse il mio lavoro. Arrivarono le 20.00, e la Game Star stava chiudendo i battenti.


    CAPITOLO 2 - PERSEGUITATO



    Tornai a casa, pulii la cacca di Sparky, terminai di divorare quell’orrida pizza, e poi mi sdraiai sul letto per far riposare gli occhi. Quella giornata era stata particolarmente sconcertante, talmente tanto che scordai il terribile incubo della scorsa notte, e dal riposo degli occhi, passai al riposo del corpo e della mente. Per farla breve, alle 21.30 ero già nel mondo dei sogni. Stesso lago, identica villa, precisa nebbia fitta, ma soprattutto, stesso uomo dalla faccia pallida ed inquietante. Stavolta mi si avvicinò levitando in aria e facendo strisciare la punta delle scarpe nel fango. Mi sussurrò qualcosa in un orecchio, con tono autorevole e arrogante: «Vieni nella mia dimora, mi sembra di averti gia invitato… o sbaglio?». Subito dopo guardò l’orologio, contò fino a tre, e mi tirò un destro sul naso. Mi svegliai terrorizzato, mi mancò il fiato per cinque secondi. D’istinto guardai la sveglia, erano le 2.30. Un fulmine mi attraversò la testa, anzi, tutto il corpo. Incredibile, pure al risveglio dello scorso incubo facevano le 2.30. Non era una coincidenza, l’uomo del sogno aveva architettato tutto, aveva contato fino a tre e mi aveva dato un pugno sul viso per farmi svegliare esattamente nell’ora da lui prefissata, e se i numeri che componevano quell’ orario fossero un indizio? Forse dovevano essere interpretati nel modo esatto. Probabilmente mi avrebbero condotto alla “festa”. La mia mente si stava riempiendo di domande che dovevano ottenere subito delle risposte. Senza pensarci due volte schizzai in auto e mi diressi nella statale 230 nel cuore della notte, sperando che i numeri che componevano quel famoso orario intendessero suggerirmi questo. La strada era buia e deserta, il che suscitava in me un senso di disagio che stava degenerando in paranoia. Notai in lontananza un cartello su uno scorcio di strada. Accelerai per raggiungerlo in fretta. C’era scritto: “PARTY DA INCUBO” girare a destra, sembrava scritto con il sangue, lo affermava il fatto che attorno ad esso ci ronzavano mosche e moscerini. Finalmente, stavo per raggiungere la resa dei conti. Imboccai la strada indicata dal cartello. Era una stradina stretta, sterrata e avvolta dalla nebbia. Per la paura di andare a sbattere su qualcosa, parcheggiai la macchina nel bel mezzo della strada, e proseguii a piedi con una torcia mal funzionante. Man mano che andavo avanti tenevo d’occhio l’auto, la quale scomparve in mezzo alla caligine dopo una dozzina di metri. Mentre camminavo tutti i piccoli rumori della natura mi davano un senso di disturbo che mi facevano voltare ad ogni suono. Ero terrorizzato, così decisi di correre. Correvo talmente tanto che ogni passo corrispondeva ad un palpito del mio cuore. In poco tempo arrivai in un piccolo molo in cui ormeggiava una barca a remi. All’interno della piccola imbarcazione trovai una singolare e antiquata bussola. Anziché avere i punti cardinali aveva delle piccole cupole contenenti quello che sembrava presumibilmente sangue, il nord aveva il sangue chiaro, il sud medio scuro, l’ovest scuro e l’est scurissimo. Per ironia del destino la bussola indicava con insistenza l’est. Meditai tanto su quello che stavo per fare. Senza pensare alla mia incolumità, saltai nella barca, e proseguii verso l’ignoto. Ero completamente immerso nella foschia assoluta. Dopo circa due minuti di navigazione cominciai a scorgere delle ombre indistinte. Alla fine mi ritrovai davanti ad una famigliarissima “villa che sorgeva ai piedi di un lago”. Misi la bussola dentro la barca, e non sapendo dove attraccare quest’ultima, la trascinai con me lontano dalla riva. Mi passò davanti tutta l’evidenza della vita. Non riuscivo ad accettare la realtà. Il mio sogno si era concretizzato, ed io ne facevo parte integrante. Cercai di raggruppare tutto il coraggio, perché mi sarebbe servito a colmare il mio cuore sgomentato. Salii gli scalini, misi piede nel portico dalle tavole scricchiolanti, che mi facevano inorridire ad ogni passo, feci per aprire la porta, quando all’improvviso il pomello incominciò a ruotare. Le gambe, non mi sentivo le gambe, riuscivo a sentire solo il mio cuore che batteva alla velocità della luce.


    CAPITOLO 3 – LA FESTA



    La porta si spalancò davanti ai miei occhi inorriditi. Ero talmente terrorizzato, che il mio cervello ordinava ai muscoli del corpo di muoversi, creando un effetto da tic nervoso. Oltre la soglia c’era una “non tanto” graziosa fanciulla di colore, vestita in un modo abbastanza datato, che mi guardava con uno sguardo ammaliante. Io mezzo privo di sensi, colto alla sprovvista da una giovane donna, ritrovai un po’ d'armonia, o almeno quel poco che serviva a farmi rimanere cosciente di fronte all’accaduto. Lo sguardo durò una manciata di secondi, il mondo sembrava essersi fermato, silenzio di tomba ovunque, fino a quando ad un tratto dalla bocca della ragazza uscirono parole magiche: «Lei è il benvenuto sig. Anderson, l’attesa è stata lunga, lunga e massacrante… il mio nome è Meg, si accomodi pure dentro casa», io annuii con la testa, ormai non potevo più tornare indietro, ero nella ***** fino al collo, avevo un terribile presentimento. Entrai in casa, il camino era acceso, tutto era così caldo e accogliente, mi sedetti su un divano, il più comodo del mondo! La ragazza mi chiese cortesemente se gradivo qualcosa da bere, ed io annuii con la testa, mi domandò se mi piaceva la vodka, ed io annuii per l’ennesima volta, ero diventato un automa. La fanciulla si assentò per pochi minuti, e nel mentre ne approfittai per meditare. Non capivo se ero in uno stupido incubo oppure in un terrificante incubo, ma una cosa è certa, in un incubo ero capitato indubbiamente. La ragazza tornò con un portavivande con sopra due bicchierini pieni di vodka. Si sedette sul divano e brindando disse: «che la festa abbia inizio!». Non c’è la facevo più, ero al top del panico, il mio organismo stava per smettere di funzionare. Bevetti la vodka tutta d’un fiato. Mi sentivo crollare, stavo perdendo i sensi, probabilmente quella donna mi aveva rifilato un sonnifero, mentre mi accasciavo in terra vidi la ragazza ridere malignamente. Al mio risveglio era cambiato tutto. La casa era diventata tutt’altro che accogliente. La corrente era saltata, a fare un po’ di luce c’era il camino, almeno il tanto che serviva a farmi notare che sul divano (che nel frattempo si era impregnato di sangue e di strani peli di non so quale bestia schifosa), c’era una torcia, così buttai via la mia e raccolsi quella appena scorta. La accesi, ma forse era meglio non averlo fatto. Le pareti erano umide, alcune colavano di una sostanza rossa, tutto sembrava invecchiato di un centinaio d’anni, in più c’era un puzzo terribile, e come se non bastasse faceva dannatamente freddo. Lo so, forse può essere patetico ripeterlo per l’ennesima volta, ad ogni modo, avevo maledettamente paura. Da una parte remota della casa provenivano rumori metallici e angoscianti. Tutto ciò m'invogliava ad andarmene, e di corsa. La porta d’ingresso si aprì, insolito per una situazione da film dell’orrore. Finalmente stavo per uscire da questa stupida storia, ma non poteva andare tutto liscio come l’olio, infatti, qualcosa andò storto, oltre la porta un bel muro di blocchi d’acciaio mi bloccava la fuga. Rimaneva solamente un modo per uscire da quest’incubo, andare fino in fondo, e scoprire cosa ci fosse sotto. Con un bel respiro, iniziai la mia avventura dentro l’oscurità. Decisi di salire una rampa di scale che probabilmente portavano al piano superiore. Mi ritrovai in un lungo corridoio esteso in larghezza. Non vedendo le estremità, dovevo per forza addentrarmi in una delle due direzioni, anche perché davanti a me non c’erano porte, quindi decisi di andare a destra. Dopo una decina di passi, incontrai la mia prima porta. Era uno di quei momenti dove ti soffermi a pensare: «la apro? o non la apro?», aprire una porta dove dietro non sai quali insidie può nascondere è uno dei momenti più angoscianti, soprattutto se sei intrappolato in una casa del mistero. Girai la maniglia e aprii la porta il più velocemente possibile, questo era il secondo errore che feci dopo aver deciso di intraprendere questa fantastica gita della morte. Infatti dietro la porta appena aperta, c’erano due creature dalla struttura corporea piuttosto “mostruosa”. Una era sdraiata sopra un tavolo, mentre l’altra era in piedi, e si cibava della creatura sdraiata, e sembrava quasi che quest’ultima ci provasse gusto. Ormai ci avevo fatto l’abitudine alle cose abominevoli. Una di loro mi vide, e si avvicinò con passo inavvertibile verso di me, certa che io non l’avessi vista. Schizzai via dalla stanza, inseguito dal creatura abnorme, mentre correvo, cercavo di aprire rapidamente le porte, che si rivelarono tutte chiuse tranne una, così entrai velocemente in un’altra stanza, senza preoccuparmi se altri esseri deformi vi alloggiassero. Fortunatamente la stanza era vuota, ma questo non vuol dire che non facesse ugualmente paura. Dopo essermi ripreso del tutto dallo smarrimento mentale, osservai attentamente la camera, c’era un letto, un armadio e una porta, notai che era senz'altro di un uomo, sulla parete vi erano appesi una giacca ed un cappello, ai miei occhi molto famigliari. Un rumore mi fece cambiare immediatamente frequenza d’animo, era lo scorrere dell’acqua dello sciacquone. Qualcuno aveva appena finito di usare il cesso, e molto probabilmente doveva ritornare in camera. Udii dei passi affrettati che mi venivano contro, volevo scappare, ma non ci riuscivo, pensai che magari ci fosse qualcun altro intrappolato come me, invece non era così. La porta si spalancò, e fece apparizione il “beneamato” artefice di quest’incubo, l’uomo dei miei sogni…, che incontrai nei miei sogni s’intende. I suoi occhi penetravano i miei, e viceversa. Dalla sua bocca uscirono dei paroloni: «scommetto, che provi paura ragazzo», io immobile e terrorizzato risposi: «si-no…..si!», e lui: «è così hai deciso di sfidarmi e?, bene è proprio questo che volevo da te giovanotto!, io ora sparisco di scena, apri quel cassetto e sopravvivi, se ci riesci!». L’uomo indicò un cassetto situato in un mobile, si mise il cappello in testa e se ne andò.



  2. #2
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    CAPITOLO 4 – COME IN UN FILM

    Andai a verificare il contenuto del cassetto, trovai una magnum e una scatola di proiettili. La pistola era già caricata così misi i proiettili in tasca e mantenei ben salda la revolver alla mano. Stavo per uscire dalla stanza, quando la porta d’ingresso si aprii velocemente, subito puntai la pistola in direzione del “qualcuno che aveva aperto la porta”. Era nuovamente l’uomo col cappello che con le mani in alto disse: «calma amico, avevo dimenticato la giacca», la prese e senza nemmeno infilarsela sparì nuovamente di scena. Con la mia nuova e sfavillante arma, uscii da quella stanza infernale e continuai il viaggio senza ritorno. Le creature ributtanti nel frattempo se n’erano andate, così giunsi fino alla fine del corridoio. Là c’era una porta, e visto che ero armato fino ai denti e la forza d'animo non mi mancava, la aprii con fermezza e puntai la pistola in avanti, tenendola orizzontalmente come fanno nei film d’azione. In mezzo alla stanza c’era un’incantevole ragazza energicamente attraente, occhi azzurri, capelli biondi e lunghi, uno sguardo sensuale che parlava da solo, un abito scollato che faceva intravedere un reggiseno che le comprimeva al massimo le tette. Ci misi giusto tre secondi per riflettere, e alla fine arrivai alla conclusione che la tizia stava dalla parte dei cattivi, anche perché un bel pezzo di donna del genere se fosse intrappolata in un posto come questo, non esiterebbe a sbraitare “aiuto” a destra e a manca, così le dissi: «accuccia bella!», e le piantai una pallottola in mezzo alla testa, che talaltro rimase fumante per un bel po’, in realtà non volevo farlo, ma il grilletto si rivelò inspiegabilmente morbido. Non so perché ma feci un sorrisino di piacere, forse provocato dalla frase crudele che le dissi o forse provocato dalla situazione dalla trama piuttosto cinematografica in cui mi ero cacciato, o forse perché stavo impazzendo. Esaminai la stanza con lo sguardo prima di entrare, andai direttamente dalla donna appena freddata, e notai che in mano aveva una videocassetta, in effetti la fanciulla stava davanti ad un televisore posizionato sopra un videoregistratore, infilai la cassetta al suo interno e accesi la tv. Apparvero delle immagini caotiche, prive di significato, poi all’improvviso fece comparsa una tizia di colore, era senza dubbio la stessa ragazza che mi aveva rifilato il sonnifero nella vodka, Meg, fece un discorso che mi fece dissestare lo stomaco, le sue parole furono queste: «Salve sig. Anderson. Mi sorprende che lei sia riuscito ad arrivare fino a qui, probabilmente con tutto questo pandemonio avrà già digerito la vodka che le ho cerimoniosamente offerto, benché la festa non sia finita, è giunto il momento di spiegarle che posto è questo. Lei fa parte di un gioco, uno svago, un’ esperimento, una prova alquanto eccentrica sovvenzionata dal mio padrone. Egli si diverte a rendere folli ed irreali le vite altrui, condendo il tutto con litri di sangue e creature deformi create da lui e alimentate con interiora umane. Si diverte nel vedere esseri umani che si contorcono sulle loro viscere colate fuori dalle orbite oculari. Ride, soddisfatto di fronte a spettacoli a base di orrore puro e reale, di fronte a uomini, donne e bambini straziati dal dolore, corpi mutilati, arti spezzati, persone che vengono buttate in mondi irreali e che soccombono trucidate da mostri dalla carne purulenta che si contorcono e si contorcono si contorcono e si contorcono ancora! Esistono più realtà di quanto lei pensa sig. Anderson, il vostro odiarvi, la vostra sete di sangue e di potere, hanno attirato la nostra brutale e atroce realtà verso la vostra, mirando a conglobarsi, creando un unico universo di sangue, morte e distruzione. «Benvenuto nel nostro regno».



    «Ma…, chi siete voi?», ribattei; «Che importa chi siamo, noi siamo e saremo, sempre». Dopo un minuto di riflessione, capii che ero finito in un incubo da cui non potevo svegliarmi, non avevo tempo per ragionare sulla razionalità della situazione, non potevo soffermarmi a pensare che tutto ciò fosse un’illusione, uno scherzo o chissà cos’altro, i fatti parlavano chiaro e non potevano essere interpretati in alcun modo. Ero la star di un orrore, l’ospite di uno show della pazzia, un condannato a morte. Non sapevo che fare, tutto ciò appariva così assurdo, ma non potevo arrendermi, come avrei potuto?. Dalla tv e dal videoregistratore fuoriuscirono litri di sangue, così, convincendomi che fosse succo di pomodoro, uscii dalla stanza salutando la biondina rimasta secca e provai ad entrare in un’ altra stanza, altro non potevo fare. La nuova stanza era umida, fredda e dotata di due faretti mal funzionanti ai lati, mentre il soffitto era attraversato da una serie si tubi gocciolanti che col tempo avevano prodotto una pozzanghera, gli arredi di questa villa mi fecero balzare alla mente un certo videogame. “No, non può essere”, pensai. Davanti a me si estendevano due gallerie ad arco di circa 10 metri, sopra quella di destra vi era appeso un cartello con la parola “salvezza”, mentre in quello della galleria di sinistra vi era scritto “morte”, pensai che ci fosse una fregatura in tutto ciò, ma per poter proseguire dovevo ragionare, così feci la seguente riflessione: la salvezza era sicuramente la morte e viceversa, o magari la salvezza era veramente la salvezza, e la morte era veramente la morte, ma chi c’è gli ha messi avrà sicuramente capito il mio ragionamento, si, ma quale dei due? Dopo questo casino mentale decisi di prendere la via della salvezza, corsi fino alla fine della galleria e mi accorsi che portavano tutt’ e due nella medesima stanza, quest’ultima era identica a quella di prima, solo che sopra la galleria da me attraversata non c’era scritto salvezza, bensì….. Aprii la porta per accedere in una nuova locazione, sperando che fosse meno incasinata di quella precedente.





    CAPITOLO 5 – RITORNO A FOGGY TOWN





    Aprii lentamente la porta, non credevo ai miei occhi, davanti a me si estendeva lo stesso corridoio che mi aveva permesso di entrare nella stanza delle due gallerie, solamente era sparito il sangue dalle pareti che erano diventate bianchissime, stranamente potevo sentire l’odore della vernice fresca!. Tutto sembrava nuovo, e in più erano scomparse le orripilanti creature e quei fragori angoscianti. Scesi subito le scale per tornare all’ingresso della villa, trovai il caminetto acceso e il comodissimo divano sistemato. Aprii la porta d’ingresso per uscire fuori dalla casa della morte. Le tavole del portico non scricchiolavano più e la nebbia si era dissipata. Presi la piccola imbarcazione che mi aveva accompagnato fin qui, gettai la dannata bussola in acqua, e proseguii, remando verso la salvezza. Dopo pochi minuti di navigazione, attraccai la barchetta in una collinetta che distava pochi passi dalla strada sterrata in cui avevo parcheggiato. Tirai un sospiro di sollievo, sia perché questa storia sembrava apparentemente finita sia perché non mi avevano fottuto l’auto, e, ora che ci penso, la festa non è stata particolarmente divertente. Entrai in macchina e tornai alla statale 230, diretto verso Foggy Town. Erano le 3.58, l’incubo materiale era durato fin troppo. Arrivai nel mio appartamento, e con terrore scoprii…..di aver lasciato le chiavi nell’automobile! Andai a prenderle ed entrai in casa, corsi subito in bagno per farmi una doccia fredda, per poi andare a dormire. Non feci incubi, al contrario feci un bellissimo sogno, non posso raccontarlo perché sarebbe troppo volgare ed imbarazzante. La mattina mi alzai felice, movendomi a ritmo di “Billie Jean” di Micheal Jackson. Mi lavai per bene, mi profumai e vestii casual, salii in macchina, ero felice, mi recai alla Game Star prendendo la strada più lunga e meno trafficata, erano le 8.45, ero in anticipo di 15 minuti, ero felice. Cercai di sopprimere l’idea che tutto ciò che era successo la notte prima fosse solamente un incubo, un incubo psichico, immateriale. Arrivai alla Game Star orgoglioso di farne parte, adoro gli attimi in cui introduco la mia personale tessera magnetica nel rilevatore di apertura della porte automatizzate, per non parlare poi del solito percorso che faccio al suo interno prima di arrivare nel mio ufficio: dritto fino alla reception, salutare Cindy, la receptionist appunto, pensare robe sconce su Cindy la receptionist, corridoio di destra, corridoio di sinistra, ascensore, su fino al 3° piano per prendere un caffè dal distributore, solamente per approfittare del fatto che a quel piano ci lavora Sarah, visto che il distributore è presente in quasi tutti i piani. Sarah è una di quelle ragazze che si possono definire unicamente con un banale termine: bella gnocca, si insomma, è incredibile il fatto che non si accorga di essere stupenda ed attraente, per questo dialogare con Sarah significa avere i nervi saldi. Quando parliamo non posso far altro che seguire i movimenti delle sue calde e morbide labbra e tratteggiare mentalmente le curve del suo seno perfetto, tutto ciò in totale assenza dallo spazio-tempo e con il sudore in fronte. Le nostre conversazioni sono “totalmente incasinate e incomplete”, d’altronde, parla solo lei, mentre io presto attenzione unicamente alle sue labbra e alle sue tette, e quando lei si rivolge a me con un profondo «mi stai ascoltando?», io tiro fuori la solita scusa del ritardo e dei lavori da sbrigare per cui debbo scappare, poi segue un lancinante minuto di imbarazzo attendendo l’arrivo dell’ascensore. Salgo su fino al 49°, sempre dritto, corridoio di destra, porta e poi dritto nel mio box-ufficio, come ogni giorno...

    Non ho idea di cosa mi sia capitato e che senso abbia tutto ciò. Tuttora non so se quello che ho vissuto sia stato reale o meno, ma so per certo che ciò che ho vissuto è stato un qualcosa di terribile e spero che non capiti a nessuno al mondo.

    FINE
    Ultima modifica di Egidio88; 19-11-2005 alle 20:37:21


  3. #3
    Bannato L'avatar di superyusef
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    molto lunga.......

  4. #4
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    Citazione superyusef
    molto lunga.......
    è un racconto mica una favoletta.

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  5. #5
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    Complimenti,molto bella mi ha tenuto con il fiato sospeso fino alla descrizione di Sarah dopo di che ho iniziato a sbavare immaginandola
    "I Cv sono come i Cm nelle mutande, meglio averli...." by Me stesso su Forza3 Civic Vs GTR.

    My Pc
    : Tower Voolcan, Ali Corsair CX750 Amd Phenom X4 9750, gb 3x2gb drr2 800mhz Kingstone, Asus M3A-h/HDMI, XfX 9750 Black Edition 3gb gdr5, Sata II Maxtor 500 x2, Sata II Hitachi 500gb, Monitor Samsung Hd-Ready 26", S.O. Windows Seven 64 Ultimate.
    My Notebook: Fujitsu Siemens Amilo 1630, Amd 64 3200+, 512mb drr 333mhz, Ati Mobile 9600/9700 128mb, Hdd 40gb, S.O. Windows Vista Home Basic.
    My Mp3: Apple Ipod Classic 160gb Black.
    My Cell: Nokia C6-00, SD 2gb

  6. #6
    HERMUS
    Ospite
    bella forse un pò frettolosa la fine...
    Ultima modifica di HERMUS; 2-10-2005 alle 20:52:54

  7. #7
    In game dal 1989.. L'avatar di Conte Wolfers
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    Prima o poi posterò anche il mio " L'elsa del Diavolo "

  8. #8
    Utente L'avatar di Egidio88
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    Grazie!! però sto pensando una cosa...

    dunque...in realtà la devo continuare! non è finita!!! però se ci pensate potrebbe anche finire così, un esperienza strana vissuta da un essere umano....non so....non so....


  9. #9
    Utente L'avatar di Egidio88
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    Citazione Conte Wolfers
    Prima o poi posterò anche il mio " L'elsa del Diavolo "
    posta posta!!!! postate tutti i vostri racconti!


  10. #10
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    Citazione Egidio88
    posta posta!!!! postate tutti i vostri racconti!
    Eh lo devo trovare perchè lo porto avanti da un paio d'annuzzi ed io ogni mese faccio un cd con il contenuto della cartella documenti,quindi è sparso in una 20ina di cd

  11. #11
    Utente L'avatar di Egidio88
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    nessuno che abbia fatto racconti???


  12. #12
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    Citazione Egidio88
    nessuno che abbia fatto racconti???
    Io sto scrivendo per il contest,quindi appena lo posto li e me lo valutano lo posterò anche qui ( il racconto per essere valido ai fini del contest deve essere inedito >_< )

    Ps - Imho fai i capitoli troppo corti

  13. #13
    Not quite my tempo L'avatar di Sephiroth'88
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    Citazione Egidio88
    nessuno che abbia fatto racconti???
    Io ho aperto un topic apposito...

  14. #14
    Utente L'avatar di Egidio88
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    dammi il link!!!


  15. #15
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