Qui di seguto racconto una piccola esperienza che mi è capitata mesi fa... L'ho già postata sul mio Blog personale, che vi invito a visitare al seguente indirizzo ed a lasicare commenti se vi va... http://freedomland.somee.com
Io sono... tuo padre!
Un paio di giorni fa, preso da una nostalgia recondita nel mio animo, mi sono seduto sul mio divano e ho riguardato “Guerre Stellari: Episodio 5 – L’impero colpisce ancora”. Arrivato alla scena in cui Darth Vader rivela a Luke che è egli è suo padre un pensiero mi è balenato nella testa, o meglio un ricordo. Mi sono trovato su un treno, quel treno che da Milano mi riportava a Brescia il giorno del test d’ingresso al Politecnico… Seduto rivivevo una scena che quel caldo pomeriggio di inizio Settembre mi avevo segnato profondamente. Mentre due signore napoletane sedute nel mio scompartimento divagavano sui vari modi di cucinare, dalle piadine a tutti i tipi di peperonata, una signora abbastanza giovane si era seduta di fronte a me a viaggio quasi ultimato. La ricordo ancora nitidamente: capelli biondi tinti, due belle labbra carnose, una borsetta nera, jeans scuri, maglietta attillata e un giubbino leggero di jeans. Occhiali da sole scuri e una riga che scendeva giù dal volto e poi a un certo punto si staccava per cadere sulla maglietta, bagnandola nella zona del seno. Un po’ di preoccupazione e di sofferenza mi aveva subito colpito, ma cercai di non pensarci e di non intromettermi nei fatti altrui e quindi cercai di fissarla il meno possibile. Dalla borsetta di pelle tirò fuori una rivista e si mise a leggerla, guardando però molte volte verso il finestrino pensierosa, fino a quando la porta dello scomparto non si aprì e un bambino sui 10-12 anni biondiccio con un orecchino disse “Mamma”… Subito mi fissò torvo, mentre io lo osservavo con gli occhi coperti dai miei occhiali da sole neri. Voleva dei soldi per comprarsi una CocaCola. La madre cercò in tutto il borsellino ma non li aveva, erano nell’altro scomparto e quindi ne presi due io e una la regalai al bambino, nonostante la signora non volesse. Il bambino, tutto contento tornò nel suo scomparto e sia io che la signora riprendemmo le nostre letture. Dopo una decina di minuti la testa del bambino fece nuovamente la sua comparsa sulla porta del nostro scomparto dicendo che il padre era sicuro che si doveva scendere… La madre era un po’ incredula credendo che Brescia era ancora molto lontana ma io la rassicurai affermando che il padre aveva ragione, dopo pochi minuti saremmo arrivati a Brescia. La madre allora si fermò un attimo a salutarmi e ringraziarmi e chiedermi qualche informazione molto cortesemente ma il padre, un uomo giovane, molto robusto, biondo e con due occhi azzurri molto profondi fece la sua comparsa chiamando la moglie e facendola uscire molto velocemente e con un po’ di arroganza. La signora si scusò, salutò e scomparve. Quando il treno fu nei pressi della fermata pure io mi alzai e, dopo aver salutato le due signore che non avevano ancora smesso di discutere sulla peperonata, mi diressi verso l’uscita. Guardando attraverso i vetri della porta che dava sulla carrozza adiacente vidi che tra i due genitori era scoppiato un litigio che girava nell’aria dall’inizio del viaggio, da quando la signora era entrata nella mia carrozza… Inizialmente il bambino continuava a guardare stordito i due genitori, continuando a volgere lo sguardo da una parte all’altra e ogni tanto cercando di tenere la calma. Poi quando il litigio aumento cominciò a piangere urlando spesso “No Mamma… No!” o “Papà, per favore, Papà” o anche “Dai, smettetela, Mamma smettila” “Papà… basta, ti prego”. A un certo punto si accorse che li fissavo e tra una supplica e l’altra mi guardava, come per chiedermi aiuto. Il treno si fermò e i passeggeri cominciarono a scendere: tra di essi c’erano i due genitori, il figlio e c‘ero pure io. La scena all’uscita del treno fu la diretta conseguenza di quella a cui avevo assistito fino a pochi secondi prima. La madre disse: “Vuoi che me ne vado?” e mentre il padre rispondeva il figlio continuava a supplicarli di smetterla, non riuscendo a trattenere le lacrime. Il padre andò da una parte con le valige, mentre la madre andò dall’altra. Il figlio invece correva da una parte e dall’altra cercando di fermarli, continuando a piangere.
Mi voltai e me ne andai, preso da una grande angoscia… Me ne andai sapendo che stavo errando, me ne andai deluso… Volevo girarmi e dirigermi verso di loro combattuto da due forze: una era quella di prendere i due genitori a schiaffi (soprattutto, o forse solo il padre) e fargli notare che c’era lì loro figlio e che lui stava soffrendo; cercare di fargli capire cosa gli stavano facendo e cosa stavano facendo a loro stessi, anche se ciò era meno importante rispetto al dolore del figlio. La seconda era quella che mi spingeva ad andare dal bimbo, asciugargli una lacrima e dirgli “Mi spiace dirtelo, ma questa è solo la prima frustante delusione di tutta la vita. Questo è solo l’inizio, cerca solo di essere sempre più forte del dolore, non lasciarti mai battere dallo sconforto e della delusione!”
Invece me ne andai… Passo dopo passo, senza voltarmi, con gli occhiali neri che mi coprivano gli occhi e cercavano di coprire anche i miei pensieri, come una cortina di nebbia scura scura… All’uscita del parcheggio sotterraneo rividi madre e figlio che, quasi sicuramente, aspettavano che il padre venisse a prenderli dopo aver recuperato la macchina: il bambino aveva gli occhi gonfi dalle lacrime e teneva per mano la signora, con gli occhiali da sole scuri e una riga che scendeva giù dal volto e poi a un certo punto si staccava per cadere sulla maglietta, bagnandola nella zona del seno…
Nella foto: chissà cosa ha provato Luke, scoprendo che il suo nemico più grande era suo padre: forse dolore, delusione e sconforto…
Cosa ne pensate? Attendo commenti pure sul sito se potete... Grazie e ciao!