Per un'etica della finitezza
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Visualizzazione risultati da 1 a 9 di 9

Discussione: Per un'etica della finitezza

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  1. #1
    Utente L'avatar di Guo Jia
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    Per un'etica della finitezza

    Etica. Dal greco ethos: carattere, abitudine, costume. Si può dire che l'etica è l'insieme di regole cui l'uomo di dovrebbe attenere nel contesto sociale in cui vive e da cui non può prescindere. Ciò che buono, giusto e corretto, rispetto a ciò che è cattivo e/o sanzionabile.
    E' un ambito del pensiero umano che spesso tende ad essere confuso con quello legale: in realtà, legge ed etica si sovrappongono solo in parte. Certi comportamenti, ritenuti scorretti, non sono considerati dalla legge, così come altri, eticamente non scorretti, vengono puniti dal legislatore per altre ragioni. Un esempio: l'ordinanza che impone agli asili di non accettare figli di immigrati, consegnandoli alla ben misera prospettiva di una vita senza futuro e senza integrazione. O qualsiasi legge costruita per garantire gli interessi economici di qualche gruppo umano, a discapito (diretto o indiretto) di altri.

    Ora, partiamo dal presupposto che Dio non è da contemplare come fonte del bene e del giusto. Parliamo di un'etica costruita dall'uomo, per l'uomo, senza discriminanti di tipo religioso, inevitabilmente problematiche, anche all'interno della teologia stessa (il problema di come faccia Dio, l'Essere supremo cui deriva per qualche forma di emanazione il kosmos, a contenere in sè il male; o viceversa, nella prospettiva del libero arbitrio, di come sia possibile che dalla libertà umana provenga il male, con la conseguenza di un uomo costituito nelle forma del malvagio nemico del Creatore).

    Su cosa si dovrebbe fondare quest'etica, in un mondo ove il relativismo è misura - misura necessaria - di tutte le cose? E come si gestisce l'etica interculturale, qual è il punto di Archimede su cui può potenzialmente ruotare il discorso su ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo nell'ambito dell'umanità nel suo complesso? O viceversa si deve sempre parlare di etiche separate per culture separate, o addirittura individuali per ciascun essere umano?
    C'è chi parla di negoziazione (a livello di diritto, a livello di ibridazione culturale, di accordi procedurali...), chi punta su un'etica della verità, chi tenta di riesumare il cadavere decomposto del giusnaturalismo. E' un bel casino. A voi.
    "Quanti gioielli dormono sepolti nell'oblio e nelle tenebre, lontano dalle zappe e dalle sonde; quanti fiori effondono il profumo, dolce come un segreto, con rimpianto, nelle solitudini profonde." - Charles Baudelaire

    "Bonaire preferisce concentrarsi sull'ondeggiare delle onde piuttosto che su quello delle mie tette." - The legend of Alundra

    http://www.youtube.com/user/heita3 - ecco un genio.

  2. #2
    -_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_- L'avatar di Vash the stampede
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    Un'etica condivisa è un miraggio, in quanto essa cambia già da individuo a individuo, figuriamoci da un paese all'altro. L'unica vera etica che potrebbe e dovrebbe essere accettata dall'intero genere umano è quella basata sul rispetto della libertà di ogni singola morale. Ognuno dovrebbe avere il diritto di agire senza costrizione alcuna se non, ovviamente l'esistenza del proprio prossimo e, rispettata questa condizione, penso sia lecita qualsiasi cosa. In parole povere vivi e lascia vivere.

  3. #3
    Utente L'avatar di Daredevil
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    Citazione Guo Jia Visualizza Messaggio
    Su cosa si dovrebbe fondare quest'etica, in un mondo ove il relativismo è misura - misura necessaria - di tutte le cose? E come si gestisce l'etica interculturale, qual è il punto di Archimede su cui può potenzialmente ruotare il discorso su ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo nell'ambito dell'umanità nel suo complesso? O viceversa si deve sempre parlare di etiche separate per culture separate, o addirittura individuali per ciascun essere umano?
    C'è chi parla di negoziazione (a livello di diritto, a livello di ibridazione culturale, di accordi procedurali...), chi punta su un'etica della verità, chi tenta di riesumare il cadavere decomposto del giusnaturalismo. E' un bel casino. A voi.
    La felicità della collettività. Sarebbe dunque Bene ciò che permette agli uomini di poter vivere felici e in dignità, Male invece ciò che si oppone a tal fine (volontà di sopraffare gli altri per scopi personali ecc).
    Credo che la felicità della collettività, intesa come fine supremo, come Bene Supremo, possa fondare un'etica Giusta e senza possibilità di contestazioni.

  4. #4
    .:. L'avatar di The900
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    Citazione Daredevil Visualizza Messaggio
    La felicità della collettività. Sarebbe dunque Bene ciò che permette agli uomini di poter vivere felici e in dignità, Male invece ciò che si oppone a tal fine (volontà di sopraffare gli altri per scopi personali ecc).
    Credo che la felicità della collettività, intesa come fine supremo, come Bene Supremo, possa fondare un'etica Giusta e senza possibilità di contestazioni.
    Come li intendi questi uomini, somma dei singoli individui o corpo sovraindividuale?
    * * *

    guardate come mai ci sia stata
    ragione in noi dal giorno in cui siamo nati

  5. #5
    Utente L'avatar di Magnvs
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    Il problema, per quanto mi riguarda, non è tanto la difficoltà di elaborare da zero un'etica post-moderna basata su un humus ormai sostanzialmente relativista (problema su cui tornerò fra poco), ma integrare le etiche fortemente connotate che, in barba al relativismo postmoderno, continuano a scontrarsi in modo problematico sia sul piano delle cause (aka le forti differenze a livello di presupposti e di legittimazione delle categorie sistemiche utilizzate nei vari modelli etici) sia su quello delle conseguenze (aka gli effetti pratici che ogni sistema etico produce sia sui suoi aderenti sia sulla collettività come insieme).

    Al di là di questo forte scontro, che non si può affatto semplificare nel comodo etica laica vs etica confessionale, stante l'immensa varietà presente in entrambe le categorie, anche all'interno di gruppi apparentemente omogenei, rimane un'altra domanda, questa sì decisamente postmoderna e post-ideologica: è necessaria, possibile ed auspicabile un'etica che si risolva non solo attraverso leggi (ricordando sempre la totale estraneità fra dibattito etico e dibattito giuridico, a meno di non approdare al ben poco auspicabile Stato etico) capaci di tutelare fattualmente la coesistenza ma nell'elaborazione di un modello condiviso?

    E'ancora proponibile la categoria di "bene comune", su cui si è fondata prima l'etica politica confuciana, ellenica (anche se solo in parte, vista la forte eterogeneit&#224, cristiana ed islamica e poi quella di numerosissimi modelli laici, in un momento in cui l'occidente vive una fortissima pulsione individualista e libertaria, per quanto la cosa sia politicamente poco rappresentata, stante lo scarto valoriale fra la vita dei cittadini e l'ideologia delle formazioni partitiche votate?

    A tutte queste domande imho non si può dare una risposta che possa soddisfare una percentuale maggioritaria, né basta un richiamo generico al bene comune per avvicinare persone aderenti a sistemi diversi, stante la forte diversificazione relativa alla legittimazione del bene comune (e mai come in questo caso la diversità di legittimazione incide anche sulla percezione della categoria e del suo ruolo, rendendo molto difficile convergere su una piattaforma etico-valoriale condivisa).

    Sotto il profilo storiografico, comunque, può esser tranquillizzante notare come anche in epoche legate a forti valori condivisi (ad esempio una confessione comune, come nell'Europa pre-riforma) il dibattito fosse estremamente acceso, spostandosi dalle categorie di legittimazione (rese intangibili dalla condivisione quasi totale e dalla coercizione) alle modalità della legittimazione ed all'esegesi delle fonti religiose e giuridiche, volta in casi diversi ad ottenere, dallo stesso sistema, esiti differenti.
    Ultima modifica di Magnvs; 22-01-2008 alle 22:01:58

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  6. #6
    (un po' meno) cattivo L'avatar di L33T
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    In un modo o nell'altro quasi tutte le concezioni meta-etiche pretendono che sia possibile giustificare i giudizi di valore sul piano discorsivo, motivandoli e ottenendo il consenso di un interlocutore onesto.
    Se si assume -- sul piano politico -- che prima facie nessuna delle concezioni etiche concorrenti sia giustificata, forse si può proporre ad ogni agente morale di rispettare un set minimo di regole che garantisca la possibilità del discorso stesso, prefigurando che ad ogni successo in termini di giustificazione (cos'è? [..]) possano seguire conseguenze concrete anche sul piano legislativo.
    Con ciò forse si renderebbe per i più ingiusto, contraddittorio o comunque politicamente sconveniente ricorrere a coercizione etc.

    Abbiate pietà della miseranda incompletezza di questo abbozzo
    Ultima modifica di L33T; 23-01-2008 alle 05:08:24
    Es ist nichts schrecklicher als eine tätige Unwissenheit.

  7. #7
    um, maybe... staring? L'avatar di Squall ido
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    Scusate se non ho letto che l'OP e non aggiungerò molto al 3d, ma avrei qualche domanda: a che pro fondare una nuova etica? Che ci facciamo? Perchè imporre un ulteriore sistema di valori arbitrari?

    Se poi si tratta di una ricerca fine a sè stessa, chiedo: ha senso? Sarebbe la creazione di qualcosa dal nulla, non una vera e propria ricerca, e suppongo sarebbe più interessante focalizzare le etiche già esistenti e gli effetti che causano, no?

  8. #8
    Utente L'avatar di Daredevil
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    Citazione The900 Visualizza Messaggio
    Come li intendi questi uomini, somma dei singoli individui o corpo sovraindividuale?
    Somma di singoli individui che ammette di far parte di una collettività e che quindi guardi al bene comune.

  9. #9
    um, maybe... staring? L'avatar di Squall ido
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    Citazione Daredevil Visualizza Messaggio
    Somma di singoli individui che ammette di far parte di una collettività e che quindi guardi al bene comune.
    E allora imho non si tratta di etica, basterebbe parlare di legge. Non sarebbero imposizioni "giuste" ma convenienti per un fine preciso (appunto il bene della società, cioè la sua conservazione in primis e poi la sua crescita)

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