Turk e Rooster sono detective nel Dipartimento di polizia di New York. Veterani pluridecorati sono a un passo dalla pensione e dal serial killer che celebra i suoi cadaveri con sonetti in rima. Collabora alle indagini l'affascinante Karen Corelli, agente della squadra CSI e amante volubile di Turk. Karen ha una dipendenza dal sesso e da pratiche erotiche non convenzionali, che consuma con Turk e con il più giovane agente Perez, convinto che il serial killer sia proprio un poliziotto. Tra l'omicidio di uno spacciatore e quello di un protettore e contro i metodi della coppia
junior, Turk e Rooster proveranno a fare luce sul caso e sui confini della legge.
Ci sono film il cui valore va al di là delle suggestioni narrative.
Sfida senza regole di Jon Avnet è prima di tutto un film sul mestiere dell'attore. Una lezione di recitazione e un approdo autoreferenziale di due carriere. Robert De Niro e Al Pacino amano il cinema gangsteristico americano, sono legati a quel mondo tragico e là sono le radici dei loro personaggi, caratterizzati dal dinamismo della scalata criminal-sociale o da un'ostinata resistenza a questa forma di Sogno americano.
Sfida senza regole diventa allora il diario di un'avventura cinematografica, rivissuta da
quei bravi ragazzi dentro un film che non ha il senso autentico e forte del paesaggio di
Cimino, il virtuosismo tecnico e stilistico di
De Palma o ancora il classicismo cinefilo e il realismo trasfigurato di
Scorsese. Nella rilettura anni 2000 del cinema criminale, Avnet gira un film minore ma in controtendenza per il piacere di raccontare di personaggi crepuscolari e attori "datati" con un linguaggio moderno e un lirismo forse troppo posticcio. Incrociando i temi e gli stilemi del genere di cui Bob e Al sono portatori sani, Avnet ripropone sullo schermo e dentro la Little Italy newyorkese una mitologia di dannati, di antieroi, di killer e di poliziotti italo-americani, fin troppo didascalici nel loro indicare la poetica degli attori. La narrazione procede per inquadrature scorciate e per flashback spiazzanti, che incrociano le azioni di preda e predatori in un movimento circolare che finisce per confondere i confini del bene e del male, della verità e della menzogna, di chi ha ragione e di chi ha torto. In un caos morale dove la ragione d'essere dello Stato come regolatore della convivenza umana non esiste o è stata cancellata c'è posto solo per la sconfitta, la morte, il pensionamento, l'uscita di scena. Gli
intoccabili re solitari, che hanno sempre ucciso e scalzato i loro padri(ni) imponendosi col loro individualismo intransigente e l'incessante ambiguità morale, trattengono i discorsi per permettersi di ascoltare l'altro. Per contenersi e vivere nella stessa inquadratura lavorano sulla sottrazione e non sull'accumulazione, sottolineando la drammaticità delle situazioni o per converso la loro tragica comicità.
Il film e l'andamento della vicenda reagiscono alla loro performance, che impone una lenta crescita di tensione e poi erompe in un finale amaro e crepuscolare. Dopo essersi sfiorati nel
Padrino Parte II e rincorsi in
Heat i due attori finiscono col riconoscersi e ritrovarsi nella sceneggiatura "cavalleresca" di Russell Gewirtz, che affrontano con incredibile spirito pionieristico. Sono degli individualisti, sono una versione più "vecchia" dell'arte della recitazione perché sono la vecchia guardia di Hollywood. Quella che ha fatto del cinema un'arte, quella a cui appartengono Noodles e Tony Montana, Sam Ace e Carlito Brigante, Bob e Al.