Chi vota Barack poi boccia il matrimonio omosessuale
Referendum. Nulla cambia per l'aborto, ma l'elettorato afro-americano non vuole le nozze gay
Roma. L'America che ha mandato alla casa biancha Barack Obama è la stessa che ha deciso che la parola "matrimonio" debba definire esclusivamente l'unione tra un uomo e una donna e non tra persone dello stesso sesso. Per paradossale che possa (ma in realtà non lo è affatto), è il risultato inequivocabile del voto degli afro-americani, decisivi per la vittoria dei referendum contro le nozze gay, in un 4 novembre del 2008 destinato non soltanto a inagururare cambi di stagione rilevanti, ma anche a mostrare la fragilità di certe forzature ideologiche da west coast.
L'America uscita dal voto di due giorni fa dice pure che non vuole cambiare nulla nella libertà d'aborto sancita non da una legge ma da una sentenza di trent'anni fa, ma contemporaneamente delude chi dava per scontata la perfetta metabolizzazione dell'assioma "diritto al matrimonio uguale diritto civile, a prescindere dal sesso dei due aspiranti coniugi". Gli artefici di questa delusione sono anche e soprattutto gli americani che hanno risposto all'appello del "nuovo", che ci hanno creduto e che però hanno dimostrato che il presepe semplificatorio della totale equiparazione non li convince affatto. Il prima a capire che aria tirava è stato Andrew Sullivan, giornalista e commentatore conservator-libertario, che si definisce cattolico e militante del movimento per i diritti degli omosessuali, lui stesso sposato dal 2007 con Aeron Tone. Sullivan si disperava ieri sul suo blog, e parlava di "cuore spezzato", al profilarsi della tutt'altro che scontata vittoria di Proposition 8, la risoluzione che chiedeva di annullare la senteza con cui la Corte suprema, lo scorso maggio, aveva reso legale in California il matrimonio tra persone dello stesso sesso: "Tutti i gruppi etnici hanno sostenuto l'equiparazione matrimoniale dei gay. A eccezione degli afro-americani, che hanno votato a schiacciante maggioranza contro l'estensione dalle persone omosessuali dei diritti civili un tempo a loro negati: 69 contro 31 per cento". Ed è "crudele che a sconfiggerci sia stata l'alta affluenza nera alle urne", dice Sullivan. Poco consolato dal fatto che Obama ha ringraziato anche gli elettori gay dopo la vittoria.
Il risultato della California è senza dubbio il più eloquente. nello stato dove Obama è al 61 per cento, la vittoria di Proposition 8, pur di stretta misura (52 per cento contro il 48 per cento dei votanti) è sufficiente ad azzerare il matrimonio gay. Si trttava, oltretutto, di abrogare una norma già operante, grazie alla quale, da maggio, migliaia di coppie omosessuali avevano deciso di andare a nozze in California (e ora ci si chiede anche che fine faranno quei matrimoni dal punto di vista legale). Contro Proposition 8, che non vantva supporter dotati di particolare notorietà o glamour, erano inoltre scesi in campo vari pezzi da novanta dello star system: da Steven Spielberg a Brad Pitt, a Ellen De-Genere, fresca sposa californiana di Portia De Rossi, in compagnia dei fondatori di google, oltre alla Levi's e alla Apple.
Ora a mettere al bando preventivamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso ci sono anche l'Arizona e la Florida. Martedì i cittadini di quei due stati (il primo ha votato in maggioranza per McCain, il secondo per Obama) hanno scelto per referendum di inserire nelle rispettive vostituzioni la dichiarazione che attribuisce la definizione di matrimonio soltanto all'unione tra un uomo e una donna. La Florida aveva già vietato le nozze tra omosessuali nella legge dello stato, ma i sostenitori del referendum hanno voluto scongiurare per il futuro l'effetto-California, vale a dire l'intrusione di sentenze di tribunali che autorizzano quello che lo stato proibisce, com'era già successo in Massachusetts e in connecticut.
Del resto, Barack Obama l'aveva detto: "Sono cristiano e non credo nel matrimonio gay". Aveva pure aggiunto che si schierava contro ogni discrimazione verso le persone omosessuali. Se si fa sue più due, nel suo ragionamento negare lo status di matrimonio a un'unione tra due uomini e due donne non va considerato un atto discriminatorio. L'America l'ha preso alla lettera.
Il Foglio 6/11/2008